Difficile trovare artisti più attuali dell’aretino Cesare Dragoni, che per la creazione delle sue opere utilizza il materiale più gettonato del nostro millennio: la plastica, facendolo certo in modo originale. Nei suoi lavori essa viene elaborata in modo tale da assumere uno spessore particolare, visto che all’apparenza queste opere potrebbero sembrare in rame o in bronzo, tanto è bravo l’artista a dipingere questi pezzi, donandogli un’esteriorità preziosa. Non è solo l’aspetto estetico che li rende interessanti (attraverso la creazione di una superficie fluida, piena di velature, dinamismo, chiaro e scuro, pieni e vuoti), ma anche quello più concettuale; Dragoni infatti, all’interno di questi, nasconde dei significati più o meno evidenti, come accade per esempio nel polimaterico dedicato alla Shoah, dove la plastica si confonde con un fondo rosso specchiato, a sua volta incorniciato da una struttura in ferro, dove rinviene del filo spinato; o come accade nella grande opera dedicata all’Europa, in cui, appena percettibile all’interno degli strati di plastica, è possibile intravedere la fisionomia degli stati.
Vi sono poi opere più intuitive, come quella dedicata al cristianesimo, con una croce in ferro che appoggia su una superficie nera e aurea – il Bene e il Male. Dragoni comunque non vuole forzare lo spettatore verso un significato univoco, lasciandolo libero di trovare un suo soggettivo punto di vista su ciò che osserva. Quello che conta è questi lavori non ci lasciano indifferenti, perché in ciascuno di essi si ravvisa un preciso segno stilistico al quale l’autore è giunto dopo un serio studio artistico nel quale crede e questa credenza è forte e si percepisce grazie all’entusiasmo che egli sprigiona, unendo arte e manualità tecnica.
Da Burri ai giorni nostri la plastica la troviamo nel mondo dell’arte quale materiale prima nuovo, al presente bersagliato, in futuro forse in estinzione. In questo senso Dragoni è attento e originale a donarle una certa dignità che in altri contesti (quelli quotidiani) perde, trasformando un materiale di scarto in un elemento di pregio.
Sì, l’ho enunciato nel titolo e lo ribadisco, perché è proprio così: Cesare Dragoni è un Re Mida che tramuta la plastica in bronzo.
Stefano Duranti Poccetti