Roma, Teatro Ghione, dal 29 ottobre al 3 novembre 2019
Signore e signori, si apre il sipario sul coraggio! Con Le ultime lune, del triestino Furio Bordon, in scena al Teatro Ghione dal 29 ottobre al 3 novembre, si affronta una tematica scabrosa, la fine della vita, la vecchiaia, che difficilmente trova spazio al momento nei teatri romani, attenti addirittura a modificare titoli di spettacoli pregevoli in cui si paventi lontanamente il sentore di morte, o malattia. Come se il teatro dovesse essere soltanto una sequela di buffonerie ridanciane. Andrea Giordana, Galatea Ranzi e Luchino Giordana sono gli interpreti del celebre testo di Bordon, in passato rappresentato da Marcello Mastroianni nel 1995, poi da Gastone Moschin, Gianrico Tedeschi (per ben 10 anni), tradotto in più di venti lingue e allestito in 30 Paesi. Con l’accurata regia di Daniele Salvo, sempre attenta ad ogni minima simbologia sulle scene e creatrice di atmosfere suggestive, Le ultime lune è una carezza dolorosa, un punto di osservazione privilegiato sulla vita, non solo sulla sua fine. C’è tanto in questo spettacolo, c’è tanta vita nei ricordi del vecchio che sta per andare in casa di riposo, nei dialoghi immaginari con la moglie morta giovane, ricchi di un calore e di una tenerezza struggente, c’è tanta ironia, c’è il rapporto padre – figlio, aspro eppure pieno d’amore difficile da confessare. Ci sono le cose non dette, per orgoglio, ci sono i silenzi della solitudine, la ricerca di un ultimo raggio di sole, di una carezza che scacci le paure e i fantasmi che, una volta lasciata la casa di famiglia e relegato nella struttura sanitaria, si fanno pressanti. C’è la fine, che giunge come la carezza di un bambino, lì sulla poltrona, come il sogno di una lenta nevicata a Natale su Paperopoli, il desiderio del vecchio che amava tanto i fumetti dei nipoti.
Andrea Giordana dona estrema credibilità al suo personaggio, dolcissimo e consapevole, contraddittorio e tenero, ironico,fiero e impaurito. Con lui l’estrema eleganza e delicatezza di Galatea Ranzi, eterea presenza nella casa e nella mente del vecchio professore. Convincente Luchino Giordana nel ruolo del figlio, irrigidito nel tentativo di nascondere complessi e rimorsi nel difficile rapporto col padre. Un plauso a questo testo, a questi interpreti, a questa regia (meravigliosa e toccante l’ultimissima immagine) e al coraggio del Teatro Ghione, che si sta davvero confermando “il teatro del cuore” in questa sua interessante stagione. Spettacolo da vedere, senza remore. Concedetevi una serata di riflessione, fa bene al cuore.
Paolo Leone