Questa è una storia piena di contenuti e ricca di colpi di scena, con una trama che parla di una donna piacevole e affascinante, per lungo tempo giornalista televisiva e presentatrice di eventi, già conduttrice di spettacoli e concorsi di bellezza fra cui Miss Fiumicino, recentemente avvicinatasi al burlesque e da sempre al centro dei riflettori in qualunque contesto ci si trovi. Ecco perché non è facile parlare di Sonia Strangio, 47 anni, nata in quel di Torino e poi trasferitasi per “amore di un narcisista compulsivo” a Roma, dove alla fine ha scelto di rimanere. Lavora in uno studio legale, ha studiato al liceo classico e in seguito Giurisprudenza, ma nella vita ha fatto ogni tipo di lavoro. Quando c’è stato da rimboccarsi le maniche, Sonia non si è mai tirata indietro. Dall’indossatrice alla facchina, dalla barista all’agente di commercio, dall’operatore di call center alla giornalista televisiva. L’arte, poi, ha imperversato nella sua quotidianità. Fotografia, scrittura e messa in scena l’hanno avvolta in sfide sempre nuove e sempre vinte. Emozioni uniche. Ma, come in tutti i racconti più belli, non mancano capitoli riservati al futuro, allo studio di se stessa, alla religiosità, agli affetti e all’amore verso se stessa e verso gli altri. Una storia tutta da leggere quello di Sonia che, non a caso, un libro lo sta scrivendo per davvero. Anticonformista e provocatoria, abituata a far parlare di sé.
Riavvolgiamo il nastro. Partiamo da…
Da quando ero una bimba goffa e cicciottella. Figlia unica, con una madre apprensiva e un padre molto protettivo. La mia famiglia era di origini molto umili ma entrambi in miei genitori erano grandi lavoratori e persone rette e oneste, che mi hanno sempre spinta a dare il meglio di me incoraggiandomi e molto spesso sminuendo ciò che facevo, specie mia madre. Questo all’epoca mi creava parecchi complessi di inferiorità, che però alla lunga mi hanno aiutata a crescere. Inoltre vivevo a Torino, e mio padre era l’unico calabrese in un condominio di piemontesi. Ero il bersaglio di razzismo e dispetti di ogni genere da parte degli altri bambini, e a scuola venivo derisa per la mia stazza già notevole.
Insomma, non un’infanzia facile.
Me ne facevano di tutti i colori. Mi tiravano gavettoni di acqua gelata, mi chiudevano in cantina da sola al buio con la scusa di giocare a nascondino, mi prendevano in giro e via discorrendo. Mi stancai, e a otto anni decisi che mi divertivo di più da sola. Giocavo con le bambole, nel nostro piccolo appartamento, ma non era abbastanza: iniziai a scrivere le loro avventure in piccoli romanzi. E così iniziai a vivere in meravigliosi spazi aperti, sul fondo del mare, nei boschi, in magnifiche dimore vittoriane. Iniziai ad avere coraggio, paura, a sperimentare ogni sfaccettatura di emozione, a vivere finalmente con gioia nei luoghi straordinari della mia fantasia.
La scrittura è stata la prima forma d’arte che è entrata a pieno regime nella tua vita.
Da allora non ho più smesso di scrivere: solo romanzi all’inizio, poi sceneggiature, pezzi di teatro, redazionali quando ero giornalista a Bassano del Grappa. Al liceo, incontrai una professoressa che mi odiava in modo particolare: per lei non essere ricchi equivaleva a non potersi diplomare al liceo classico, figurarsi a diventare scrittori! Non smetterò mai di ringraziarla, perché a causa del suo atteggiamento la mia forza si moltiplicò, e non sarei la persona che sono se lei non mi avesse insegnato che la vita è fatta di nemici. E che se non li amiamo, se non li accogliamo e se non li comprendiamo, la vita non sarà mai come la desideriamo. Il risultato del suo accanimento è stato ottimo, quindi grazie perché è stata uno strumento di Dio.
Che cosa ti dava la possibilità di scrivere?
Scrivere mi ha portata ad osservare le persone, ad analizzare gli eventi e le loro concatenazioni, a crescere equilibrata, consapevole che la realtà non è mai una sola, che possiamo rapportarci ad essa in molti modi e che tutti questi modi dipendono da noi. Inoltre mi ha aiutata a conoscere l’animo degli individui: bastano poche parole e qualche gesto e riesco a capire al volo le personalità e talvolta anche le intenzioni di chi mi sta di fronte. Senza la mia arte non potrei vivere. Ho provato a smettere di scrivere per qualche tempo ma il malessere che provavo era addirittura fisico, e inoltre ogni volta che smetto lei mi viene a cercare, con nuove idee ma spesso anche con nuove opportunità e nuovi stimoli che provengono dall’esterno. Mi trascina con sé, mi chiama a gran voce, mi avvolge. E io devo continuare per forza sulla sua meravigliosa strada.
Perché questa ossessione nel ricercare la scrittura?
Ho scritto e scrivo principalmente per me. La mia immagine, molto presto, fece si che io intraprendessi anche la carriera di indossatrice e fotomodella, che ovviamente mi stava strettissima. Però mi guadagnavo qualcosa, sollevando i miei dall’acquisto di libri ed abiti. Ho anche partecipato a Miss Italia, molti anni fa, scontrandomi per la prima volta con una realtà molto diversa dalle mie aspettative. Io sono uno spirito libero, non mi si addice la vita mondana se finalizzata a fare pubbliche relazioni; proprio per questo, probabilmente, spesso sono stata scavalcata da individui con meno talento di me ma certamente più servili di me. Non darò mai ragione a qualcuno soltanto perché ha il potere di editare un mio romanzo e spingerlo, o perché può presentarmi Tizio che può presentarmi Caio che può aiutarmi a fare un film.
Insomma, pochi giri di parole e nessuna scrociatoia.
Le ipocrisie non hanno mai fatto parte della mia vita. I premi che ho vinto li ho vinti con onestà e non comprendevano mai premi in denaro o in promozioni. Ma va bene così. Il mio romanzo più importante, Buon Sangue, è stato letto e apprezzato da moltissime persone, le mie commedie sono state messe in scena con la mia fattiva collaborazione e hanno ottenuto enorme successo, quindi va bene così.
Guardiamo al futuro.
La mia prossima commedia, dal titolo “In&Out” sarà un sicuro successo, ad esempio, perché ho vicino persone straordinarie conosciute da poco ma sulle quali so di potere contare perché già ci lega un profondo vincolo di affetto. Sono donne straordinarie, che ringrazio Dio di avere conosciuto, e che so mi rimarranno vicino. Il mio prossimo libro, una fantasy erotico, dal titolo Stirpe di Demoni, lo pubblicherò da sola, e il mio cortometraggio “La teoria del caos”, lo porterò da sola ai concorsi ai quali potrò partecipare.
Insomma, l’indipendenza che sia nella vita o nel lavoro per te rimane un valore.
Nel corso degli anni ho incontrato personaggi di ogni genere, più o meno leali e più o meno onesti, moltissimi chiacchieroni che mi trattavano da ragazzo di bottega e volevano esclusivamente che io, principiante e novellina, scrivessi per loro esclusivamente per la gloria. No, non mi sono mai piegata. Il mio errore più grande, forse, è stato quello di avere rifiutato di recitare in molti ruoli che mi hanno proposto anche produttori importanti perché il mio sogno è quello di stare dietro le quinte, di inventare le mie storie, di portare al pubblico le mie storie. Questo dovrebbe dare un’idea della mia determinazione e del mio coraggio nel mettermi in gioco ancora oggi, a 47 anni.
Abbiamo parlato anche di fotografia.
Ritengo la fotografia una cosa meravigliosa, in grado, se l’artista che ti ritrae è bravo e tu hai personalità, di tirare fuori la tua vera essenza, e sarebbe un peccato non mostrare la propria bellezza e il proprio talento, le proprie potenzialità. Io sono disposta a non tradirmi mai. A guadagnarmi con onestà ciò di cui ho diritto. A fare si che i miei figli non debbano mai vergognarsi della loro madre, ad essere un esempio di integrità per loro. Io competo con me stessa e gli altri artisti voglio solo esaltarli, perché la vittoria non è mai denigrare l’altro, ma soltanto dare il meglio di noi stessi. Non ho rimpianti, e auguro a tutte le ragazze che si affacciano al mondo dello spettacolo di non averne mai. Il talento che ho, e ce l’ho, me lo ha dato Dio. Voglio potere ringraziare Lui solo.
Nella tua riflessione rientra anche la religione.
Non potrebbe essere altrimenti. Dio, l’Universo, l’Essere Supremo ha deciso di elargirmi dei doni, esattamente così come ha elargito doni a tutti noi, e trovo assurdo che questi doni non vengano riconosciuti come tali e onorati. Nei social e nella vita reale, mi piacciono le persone che sono se stesse, che non forzano la loro immagine con eccessi ridicoli, che non si piegano ai compromessi, a costo di non emergere come meriterebbero. Esattamente come me.
Che rapporto hai con i social?
Sono semplicemente strumenti che hanno una funzione determinata in base a come vengono usati. Sono ottimi canali per farsi conoscere e per esprimere le proprie idee, ma spesso li vedo pericolosi per l’animo umano, che davanti alla tastiera perde ogni tipo di pudore. La maggior parte delle persone non ha la percezione del fatto che scrivere una frase su Twitter piuttosto che postare una foto su Instagram o scrivere un papello su Facebook significa trasferire la propria idea del mondo a tantissime persone, un’infinità di utenti. Ognuno di questi ha la propria sensibilità, il proprio vissuto, e potrebbe sentirsi ferito da alcune parole o da alcuni atteggiamenti. Quindi serve un’educazione emotiva particolarmente raffinata ed una straordinaria sensibilità per essere un vero influencer, e in quest’ottica certamente sono un’influencer.
Eppure, il mondo del digitale ti affascina fino a un certo punto.
Sono sincera: preferisco la vita reale. E nella vita reale sono un’influencer a trecentosessanta gradi: quello che io faccio fa tendenza fra i miei conoscenti. Se inizio a frequentare un posto, per quanto poco gettonato, state pur certi che a breve diventa una meta ambita, se mi vesto in un determinato modo dopo poco è evidente che ho dettato tendenza, se bevo una determinata bibita ancorchè sconosciuta, in un battito di ciglia diventa un must delle serate…si. Sono un’influencer e non faccio neppure tanta fatica per esserlo, anzi! Sono piuttosto gelosa delle mie idee, quindi mi indispettisco anche un po’ quando le persone prendono spunto da me.
Torniamo per un attimo sui social. Dove comunque… Sonia Strangio è seguita.
L’immagine che voglio veicolare è quella di Sonia. I temi di cui parlo sono quelli nei quali credi: cultura del rispetto, senso della giustizia, dedizione alla natura nostra Madre, gioia di essere al mondo. Io cerco di essere l’esempio che vorrei vedere più spesso pubblicizzato nei media. Io credo fermamente che la bellezza debba necessariamente essere il veicolo di pace, rispetto ed equilibrio, che è necessario rispondere con amore all’offesa, con gentilezza alla crudeltà, con indifferenza all’insulto, con la generosità al tradimento. Bisogna essere fermi e saldi nei propri principi e avere sufficiente forza d’animo per dimostrare che chi si comporta così, lungi dall’essere un debole come la nostra società vorrebbe farci credere, è invece un’anima straordinariamente granitica, con un potere incommensurabile: quello di essere sempre se stessa, consapevole di essere l’artefice della propria serenità perfino quando infuria la tempesta.
Lontana dalle luci dei riflettori, chi è Sonia Strangio?
Ho una marea di difetti, e spesso alcuni dei miei migliori pregi nascono proprio da questi difetti. Ad esempio: sono pigra, non amo la vita mondana, adoro mangiare e di conseguenza amo organizzare cene in casa. Casa mia è sempre aperta a tutti i miei amici, che invito molto spesso. Sono pignola e perfezionista ma solo nel lavoro e nella mia più grande passione: scrivere. Sono autoironica e mi piace scherzare, mi piace ridere su tutto. Sono orgogliosa, motivo per il quale non sono mai scesa a compromessi. Chi mi conosce dice che sono “una roccia”. Mi piace l’immagine, perché mi rispecchia: salda, leale, ma anche accogliente e soprattutto pronta ad essere salda per i miei affetti laddove ve ne sia bisogno. Ho bisogno di stare sola spesso, per ritrovare l’energia e meditare.
Dove ti piace immergerti per ritrovare serenità?
Adoro il lago, amo andare in canoa al lago o al mare, ma anche camminare nella natura. Talvolta amo anche passeggiare nel centro della città che mi ha adottata, la meravigliosa Roma. Adoro gli animali: i miei cani e la mia gatta sono i veri padroni della mia casa. Trovo che gli animali siano anime di puro amore, e che la natura debba venire rispettata e amorevolmente protetta. Sono impaziente: per me le sedute dal parrucchiere sono una tortura. Eppure sono straordinariamente paziente in tutto il resto. I difetti fisici sono davvero tantissimi: cosa cambierei di me? Beh… sono “troppa”: sono troppo alta, troppo giunonica, le mie mani sono troppo grandi. Una delle mie icone è Audrey Hepburn, quindi… questo però non mi impedisce di essere un tantino esibizionista nel vestire, esuberante fisicamente e comunicativamente, veemente nel sostenere le mie convinzioni. Sempre nel pieno rispetto del mio interlocutore, si intende.
Come ti piace essere nel quotidiano?
Sono una persona molto solare e accogliente, mi piace curare il mio aspetto fisico ma senza scadere nelle fissazioni. Essere belli deve essere un piacere, non un’angoscia. Le mie sopracciglia sono curate, ma sono mie. I miei capelli non sono sempre perfettamente in piega, ma non scoppierà una guerra nucleare per questo. Odio il manierismo artefatto dilagante. Io sono me stessa. Semplice ed unica. Non sono perfetta, non sono la più bella del mondo, e va bene così. Invece gioco molto con l’abbigliamento, che deve essere sempre originale, e deve lasciare emergere lo stile e il fascino che mi contraddistinguono. Non mi piace passare inosservata, ma sono alta ben più di un metro e ottanta, quindi non ci sono pericoli. È facile che in città io giri con abbigliamento attillato e un po’ aggressivo, minigonne o tacchi, ma in spiaggia mi piace di più fare la diva: caffettani e cappelli a tesa larga, occhialoni da sole. Il modo migliore per attirare l’attenzione in un posto dove tutte sono mezze nude, è essere mezza vestita…
Cos’ha Sonia Strangio più delle altre donne?
Conto molto su me stessa, quando voglio qualcosa cerco non di prendermela, ma di costruirmela con le mie mani; sono fiera del mio orgoglio e della mia indipendenza, sono felice di avere studiato molto perché amo studiare ancora oggi. E ho la convinzione che le etichette, soprattutto quelle che ci mettiamo da soli, siano la peggiore delle condanne: conosco donne della mia età che si sentono finite per il solo motivo di essere mogli e madri. Io invece penso che sia solo l’inizio.
Luca Fina