Nella prima settimana di questo maggio 2020 è stata organizzata, a Milano, la quinta edizione del Festival dei Diritti umani. Tema conduttore delle iniziative era “Da vicino nessuno è disabile”. Gli argomenti trattati non riguardavano soltanto la disabilità sensoriale, motoria e fisica, ma anche quella mentale.
L’orizzonte del Festival è quello dell’uguaglianza, di dare agibilità ai protagonisti, di far emergere la capacità sorprendenti che vivono nell’animo di ogni persona.
Il festival è stato travolto dall’emergenza sanitaria e invece di rimanere un evento milanese, si è trasformato in globale, seguito in tutto il mondo.
“Abbiamo trasformato i punti di debolezza, in una rampa di lancio , in un salto di qualità”, ha detto il direttore.
La rivendicazione che la diversità diventi uno dei cardini dei diritti umani si è palesata in tutta la sua potenza.
Ho voluto raccontare questo fatto, per evidenziare un parallelismo con il libro di Barbara Appiano “ Echi nella nebbia a ridosso del cielo “.Un romanzo – saggio che rivendica proprio il diritto all’uguaglianza nella vita delle persone al di sopra dei pregiudizi e delle vergogne; soprattutto un pamphlet contro l’indifferenza…
Scritto con un linguaggio immaginifico che dipinge a pennellate, a volte colorate e in altre in bianco e nero, la storia vera di una zia dell’autrice internata alla fine della seconda guerra mondiale in quel manicomio di Vercelli vallate note per le loro nebbie originate dalle risaie.
La diversità rifiutata ed emarginata è raccontata, dalla voce narrante della stessa protagonista della “diversità mentale”, a partire dal certificato di morte, passando per la perdita della carta d’identità unico documento attestante l’esserci su questa terra per la burocrazia, giungendo infine alla negazione di un degno funerale, a causa del suicidio della defunta; azione intrapresa per disperazione dopo decenni di torture con elettroshock,sedativi e violenze varie da aggiungersi alla marginalizzazione ed alla negazione di ogni personalità soggettiva.
La narrazione non segue, né un tempo cronologico dei fatti, tantomeno un flusso di pensieri cadenzato linearmente.
Un romanzo-saggio, abbiamo detto, perché lo spunto dei fatti narrati,nella loro crudele violenza subita dalla protagonista , serve ad affrontare un tema più vasto: quello di come la società guarda alla diversità in generale ed alla diversità mentale in particolare.
Con molta lucidità e conoscenza della materia, il tema è ricondotto alla condivisione delle ricerche delle correnti più progressiste della psichiatria, che hanno lavorato per il riconoscimento della diversità all’interno della normalità: nessuno da vicino è normale e la follia è l’altra faccia della nostra normalità e non la sua negazione.
Ricerche che hanno portato, alla fine degli anni 70, all’approvazione della legge che ha portato alla fine degli anni ’70, all’approvazione della legge nota con il nome del professor Basaglia. Non solo ma i fatti narrati diventano il grido di protesta per un cambio di passo nella società, per non lasciare nella solitudine i soggetti e le loro famiglie, per colpa di una burocrazia che uccide la creatività.
Uno dei temi ripetutamente sviscerato nel romanzo è l’importanza dell’arte nel far emergere il lato geniale di ogni soggetto e di creare dell’arte nel far emergere il lato geniale di ogni soggetto e di creare il clima di fiducia e auto-valorizzazione dei soggetti. L’autrice in questa parte del romanzo-saggio entra in sintonia con quelle numerose esperienze artistiche, teatro, danza , musica ed arti figurative che sono servite a sprigionare le potenzialità creative di ogni individuo.
Nella cavalcata del flusso di pensieri-denuncia, sembra che Barbara Appiano ci voglia trasmettere il messaggio che la guerra è la vera follia dell’umanità, che però i responsabili di queste follie non subiscono il trattamento con il camice di forza; ed a nome della protagonista pronuncia la domanda (retorica) rivolta ai potenti del mondo “Chi può dire oggi cosa sia la normalità?” e avanza la risposta azzeccata: nessuno. Come si può darle torto.
Il libro diventerà un dramma teatrale messo in scena dalla CAD Compagnia Attori Doppiatori di Milano nei vari teatri italiani
Prof. Farid Adly,
attivista per i diritti umani collaboratore del Corriere della Sera, Il Manifesto , L’unità , Radio popolare