GIAPPONE 1986 120’ COLORE
REGIA: HAYAO MIYAZAKI
VERSIONE DVD: SI’, edizione LUCKY RED
La piccola Sheeta, in possesso della misteriosa Aeropietra, è l’ultima discendente della potente ed evoluta civiltà che un tempo governava la mitica isola volante di Laputa, di cui è sparita ogni traccia. Per questo è stata rapita dai militari, desiderosi di servirsi di lei e dei magici poteri della pietra (che solo Sheeta è in grado di utilizzare) per ritrovare Laputa e mettere le mani sugli immensi tesori (oltre a ori e altri preziosi, inimmaginabili risorse tecnologiche) che racchiude. A tali tesori è interessata pure una buffa banda di pirati dell’aria, capitanata dalla signora Dola. Dopo essere riuscita a fuggire dall’aeronave dei militari, grazie anche all’aiuto della pietra, Sheeta viene salvata dal coetaneo Pazu, che vive in un povero villaggio di minatori e come lei è orfano di entrambi i genitori. Accecati dalla sete di ricchezza, né i militari né i pirati si danno per vinti e si mettono nuovamente alla ricerca della bambina. Dopo aver acquisito piena consapevolezza della propria identità, Sheeta si rende conto che il suo dovere è proteggere Laputa: se l’isola volante cadesse nelle mani sbagliate, il mondo intero sarebbe in pericolo…
Uscito qualche anno dopo quello di “Cagliostro” e molti anni prima di quello, acclamatissimo, di “Howl”, Il castello nel cielo è il secondo e meno celebre dei tre “castelli” – stando almeno ai titoli italiani – che caratterizzano la filmografia di Miyazaki. Autore anche di soggetto e sceneggiatura, il regista giapponese, ispirandosi ai Viaggi di Gulliver di Swift per l’idea di Laputa, realizza uno dei suoi film più semplici e lineari, una frenetica avventura dove i temi tipici del suo cinema (l’infanzia, il pacifismo, l’ambientalismo…) sono presenti ma rimangono in superficie rispetto ad altre sue opere più complesse dal punto di vista tematico (come il suo ultimo film Si alza il vento). Centrale è invece un altro motivo ricorrente nel cinema di Miyazaki, cioè il tema del volo – passione che il regista ha sviluppato probabilmente in tenera età, poiché il padre possedeva una fabbrica che costruiva pezzi per aerei -, vero e proprio motore avventuroso della storia. Per l’occasione, Miyazaki si è sbizzarrito concependo velivoli stravaganti (i “flapper” utilizzati dai pirati) e complessi (le aeronavi).
A fronte di una prima parte molto movimentata, il film rallenta il passo quando i protagonisti raggiungono finalmente Laputa (più una fortezza volante che un’isola, e comunque un’autentica gioia per gli occhi), fase in cui non mancano momenti di autentica poesia, come la sequenza che mostra il robot-giardiniere solitario che si prende cura del paradisiaco giardino dell’isola, ricco di forme di vita animali e vegetali. Con l’arrivo dei “cattivi”, però, si ricomincia a correre, verso un finale riuscito e a prova di critiche.
Per la realizzazione del villaggio dei minatori in cui abita Pazu, Miyazaki ha tratto ispirazione da un suo viaggio in Galles avvenuto nel 1984, durante il quale è entrato in contatto con la comunità mineraria locale. La bella colonna sonora è del compositore Joe Hisaishi, fidato e abituale collaboratore di Miyazaki (ad eccezione de Il Castello di Cagliostro, sono sue le musiche di tutti i film del regista) oltre che, negli anni Novanta, del grande Takeshi Kitano. Nel 2012 la Lucky Red ha approntato una nuova edizione italiana del film cambiando il doppiaggio, versione distribuita anche nelle sale cinematografiche: per Il castello nel cielo si è trattato del primo passaggio sul grande schermo in Italia, visto che in precedenza nel nostro Paese il film era uscito solo per il mercato domestico.
Tra i Miyazaki meno conosciuti e un po’ dimenticati, Il castello nel cielo è un’opera da riscoprire e rivalutare. Oltre che per la storia piacevole e coinvolgente, merita la visione anche per l’elevata qualità dell’animazione – vero e proprio un marchio di fabbrica per lo Studio Ghibli. Al film, inoltre, è evidentemente ispirata la serie animata televisiva capolavoro Il mistero della pietra azzurra, e scusate se è poco!
Francesco Vignaroli