Angelo Di Bella. “L’Arte deve morire”

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“L’Arte deve morire”. Un concetto forte, che l’Artista Angelo Di Bella esprime non a caso, in quanto senso di divenire e di rinascita. Avevamo già avuto modo di conoscere il Maestro poco tempo fa e oggi ha voluto, per il nostro gradimento, essere ancora presente sul nostro giornale, per parlarci del legame tra Arte, dolore e morte.

Ciao Angelo, ci siamo sentiti poco tempo fa, ma ancora hai molte cose da dirmi. Vorrei farti una domanda su un tema molto delicato: qual è il legame della tua Arte con la sofferenza e con la morte?

Tu mi chiedi qual è il legame tra la mia Arte, la sofferenza e la morte: la sofferenza e la morte, o meglio l’agonia e la morte, sono da sempre correlate con l’essere: siamo costretti a morire ogni giorno per poter essere ciò che vogliamo, ciò che desideriamo.
Nelle rappresentazioni del mondo possiamo constatare ciò cui mi riferisco, il mondo muore ogni giorno per poter essere un “nuovo mondo” domani, infatti il suo manifestarsi, il suo mostrarsi ai nostri occhi è connesso ineluttabilmente con il carattere “mentale” dell’Arte, e in questo morire, vorrei insistere su questo punto, risiede la forma mentale originaria che nessuna scienza o storia può indagare… Ogni uomo deve confrontarsi con l’agonia-morte per divenire sé stesso. L’identità stessa è messa in gioco e il divenire altro non è forse che uno strappo. Un morire da sé per divenire altro? L’Arte deve morire per poter rinascere e tutto ciò non riguarda solo quello che noi definiamo l’ovvietà del trasformarsi di continuo delle cose del mondo; l’agonia del divenire altro è il cuore dell’uomo e dell’Arte, l’agonia del ricongiungersi. Gli amanti nell’abbraccio ancestrale muoiono a sé stessi per divenire unità. Anche in psicanalisi il concetto di Eros e Thanatos è strettamente collegato con l’idea della morte, perché l’amore vero è morte. Siamo costretti a morire continuamente per essere, ogni nostra azione è un voler morire per diventare altro e la forma più potente del divenire è l’anonimato.

Autoritratto

In non asserisco ciò da negazionista della vita, anzi, la radice del greco antico di morte “mar” significa consumare, distruggere, ed è ciò che facciamo giornalmente, assorbiti dalle contraddizioni e dalle instabilità, e se esiste un luogo dove la totalità delle contraddizioni viene annullata quel luogo è la morte, e non è forse quel luogo ciò che noi siamo veramente? Il mondo ci propina l’eterna giovinezza, il potere della vita eterna in terra, adulandoci con un futuro luminoso appagato dalla scienza e dalle facoltà intellettive dell’uomo, e più ci lasciamo trascinare in queste superstizioni più sentiamo di perderci… Perché, appunto, la nostra vera natura ci è sconosciuta e il mondo vuole misconoscerla, cancellare la sua visione infinitamente ricca e meravigliosa, con la ricerca del potere che logora: un mondo che non vuol morire è un mondo che perisce continuamente. Infatti la solitudine dell’uomo contemporaneo è più viva che in qualsiasi altro periodo storico, la solitudine individuale è la vera peste del nostro tempo. Esercitare liberamente l’identità è la vera libertà e la nostra identità è nell’infinito. Tutti gli uomini dovrebbero aspirare alla vera conoscenza divenendo vecchi e due volte bambini. La morte è un “ignoto” celato all’uomo, molte volte velato da un contesto terrificante (vedi l’agonia del mondo d’oggi). Il segreto dell’Arte consiste proprio nel possesso di qualcosa che viene raramente usato: la volontà, che ha un raggio d’azione più vasto della ragione. Il mondo, la vita sono una sfida incessante e le sfide non sono né buone né cattive, sono semplicemente sfide. L’Arte deve mantenersi fluida per poterle accogliere in sé. Mi spiego meglio, ultimamente ho visto, ponendo le mani su di lui, un uomo esalare il suo ultimo respiro… quell’uomo era mio padre. Quando si sperimenta ciò sai che la morte aspetta e che non puoi aggrapparti ad alcunché. L’idea della morte è il distacco necessario per contemplarla, ma la morte è un turbine, una nuvola lucente all’orizzonte; la morte sono io che ti parlo, la morte sei tu che leggi, la morte è nulla. NULLA: C’È EPPURE NON C’È AFFATTO.
Eppure siamo uomini e il nostro destino è quello d’imparare a venire scaraventati in nuovi mondi, inimmaginabili mondi. Un Artista che vede l’energia sa che non c’è limite alle nuove realtà da vedere e che la vera morte è negare se stessi con un atto d’indulgenza. L’indulgenza del negarsi è il vero morire, perché di fatto sedimentiamo semplicemente fermi nel nostro ego. Noi siamo l’infinito, siamo gli uomini tutti, noi siamo l’Arte, la bellezza, e può esistere un mondo di felicità dove non c’è differenza tra le cose, perché non c’è nessuno a interrogarsi in merito alla differenza… Ma non è il mondo degli uomini.

Angel

Nel futuro dell’Arte vedi più vita o più morte? A tuo parere quale sarà il futuro dell’Arte e quale il futuro della tua Arte?

Ti dico che in verità l’Arte non ha futuro né un passato, perché è sempre… è ora… Questo è il suo miracolo… O meglio questo è il miracolo insito nell’uomo: le opere del passato, dalla preistoria ad oggi, non sono vive forse più di allora e il loro potere è immutato?
Bisogna superare con tutte le proprie forze questa dicotomia Arte-Uomo: l’Arte è l uomo e l’uomo è l’Arte, quindi, rivoltando la domanda, se tu mi chiedessi come sarà l’uomo nel futuro, io ti risponderei che in verità l’uomo dovrà essere sempre più “fluido”, in lui dovranno coesistere come principio unitario l’inizio e la fine del cerchio e sarà così, perché l’intima natura delle cose non ama nascondersi. Per l’Uomo il demone è il potere, è questo che blocca il suo divenire in potenza, il potere che ci propina il mondo logora chi non ce l’ha e devasta chi lo possiede, è un tarlo nell’anima, le generazioni future di giovani uomini-artisti questo dovranno comprendere a fondo, che il fare arte è divenire arte, morendo al potere del mondo che ci parla di successo, riuscita, infallibilità. L’Uomo del futuro dovrebbe associare sempre più la parola arte alla parola gioia, cioè al superamento di ogni contraddizione. Già ho detto che è il luogo dove noi siamo veramente, la gioia è qualcosa di infinitamente superiore alla felicità che il mondo ci impone, che è solo una volontà soddisfatta, e la gioia è il morire di ogni contraddizione. In Arte avvicinarsi alla morte è avvicinarsi alla vita. Tutta la mia arte è intrisa di morte, perché la vita spinge sempre più in divenire con un flusso inarrestabile che trascende il mio controllo. Dalla morte giornaliera dell’Arte in me traggo la spinta necessaria a procedere, senza lamentarmi e senza alcuna necessità di elogi. Noi precipitano in noi stessi ogni giorno ineluttabilmente e questo è un fatto certo e inconfutabile, ma ciò che percepiamo non rientra nella mentalità del mondo, perché quello che realmente c’è la fuori è un’emanazione del nostro io profondo, fluido, in perenne movimento e in divenire, tuttavia immutabile ed eterno, infatti la più grande pecca dell’uomo vinto dal mondo è la sua inclinazione a dimenticare la meraviglia di ciò che vede per il potere del successo; si fa sopraffare dal fatto stesso di vedere e crede di potersene attribuire il merito. Un uomo e artista verace supera la miseria della propria condizione umana, cercando di infrangere lo specchio dell’autoriflessione, perché i misteri dell’Uomo-Arte sono accessibili a tutti, lo spirito può discendere su chiunque abbia il cuore liberato. Per consentire a questo miracolo di aver presa su di noi, non dobbiamo far altro che bandire ogni potere del mondo senza alcun dubbio dalla nostra mente. Una volta eliminato il dubbio tutto diventa possibile: l’Arte non è una forma di potere o di arricchimento venale, l’Arte è pura gioia e poesia e le sue possibilità sono talmente vaste e misteriose che l’uomo ha appena iniziato a percepirle. L’Arte verace non è il fantoccio che ci propina il mondo, l’Arte verace ha la forza di rigenerare e ampliare l’anima, pur senza alcuna speranza di arrivare a comprenderla.

L’uomo moderno, compresi molti artisti, sono vittime di un irrimediabile egocentrismo che li logora, assorbendoli completamente nell’immagine di sé. Ecco la vera prigione, io sono questo, lui è quello… avendo perso la speranza di tornare alla “fonte” di ogni cosa, l’uomo invaso dal potere cerca conforto nel proprio egoismo travestito di beltà e umanesimo. L’uomo è tutti gli uomini e tutte le sue azioni si devono compiere dirette a questo obiettivo. La sola irrevocabilità del mondo è dell’Arte è la morte. La morte distrugge uno degli aspetti più drammatici della condizione umana, che è la macabra connessione tra stupidità e riflesso di sé. Siamo ciechi davanti alla più importante delle conoscenze accessibili agli esseri umani, che l’Arte in noi è il vero potere, non quella nei musei e nelle riviste; l’Arte ci può salvare, una volta eliminati i dubbi, tutto diventa possibile…
L’uomo più grande mai esistito sulla terra, Cristo Gesù, accentuando una morte cruenta e ignominiosa, che cosa fa? Allarga le braccia sul creato. Nel punto massimo della sua passione amorosa allarga le sue braccia sull’uomo, perché vita e morte superino il confine: non c’è potere più grande di questo.

Stefano Duranti Poccetti

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