“Un omaggio all’ indimenticabile Maestro riproponendo una drammaturgia che ha sempre amato “
È sempre istrionico il “Gigi “nazionale ogni volta che ripropone un testo sacro della sua innumerevole serie di personaggi. Inimitabile è il suo magnificare “Edmund Kean”. Edmund Kean creato dalla significativa penna di Raymond FitzSimmons, era un grande attore inglese Nato a Londra nel 1875.
Il baronetto Sir George Herry Lewis lo ricorda così:
“Edmund Kean era senza paragoni il più grande attore che io abbia mai visto, benchè anche gli ammiratori ardenti debbano ammettere che aveva molti e seri difetti. il suo non era un genio flessibile. Era un mimo molto imperfetto, o parlando più correttamente, la sua facoltà imitativa, era singolarmente limitata nella gamma. Il suo stile era artificioso ed appariscente. Ma aveva doti talmente abbaglianti negli uffici più alti della sua arte, che nessuno della nostra epoca può essere definito uguale a lui in rango”.
Un uomo così, merita di essere ricordato, non solo per gli impulsi creativi, ma anche per la sua vita dannata. Kean fu un vero estimatore delle opere di Shakespeare che dopo le aperture al pubblico dei teatri diventarono famosissime. Nel 1828 Edmund si imbarca a Londra per portare i suoi successi in Francia. L’attore trionfò a Parigi con il suo” Riccardo III”. L’artista venne da tutti considerato un uomo dotato di grande ingegno per aver rivoluzionato con il suo estro tutti i canoni di recitazione. Il Nostro spesse volte si presentava al pubblico ebbro, infatti per questo motivo capitava che le sue rappresentazioni non erano perfette. Portava in scena il poco amato Arlecchino e i famosi personaggi shakespeariani. Il suo modo di proporsi ed il suo sempre contrapporsi infrangendo tutte le regole della società di un tempo crearono intorno a lui una leggenda. Lo stesso Alexandre Dumas lo definiva Désordre et Génie e lo considerava un mito tanto che creò appositamente per lui una pièce. In lui Victor Hugo vide magnificata la voce e la mimica del genio, tanto che nel suo Cromwell, aggiunse che Shakespeare è maestro nel far vivere un’arte drammaturgica che contraddittoria rispecchia il valore e l’umore della vita reale. Il successo di Kean come fosse già scritto in un copione romantico raggiunse il suo apice fino a quando Edmond non fu coinvolto in uno scandalo per adulterio e il tribunale lo giudicò colpevole. Purtroppo da quel momento la società puritana del tempo lo mise al bando e smise di seguirlo. L’attore ne soffrì talmente tanto che ancor più si rigettò in quel vortice di alcool e droghe che gettarono ombre sulla sua carriera e minarono la sua vita accelerando la rovinosa decadenza. Kean dopo una breve malattia morì nel 1833. Fu a Londra che Gigi Proietti si innamorò di questo personaggio portato in scena in quel tempo da Ben Kingsley. Sapientemente il “Gigi” nazionale lo adattò magnificamente in versione nostrana e il suo debutto a Taormina ne 1989 fu un tripudio. Esistono due versioni nell’ interpretazione del personaggio: uno a suo tempo fatto da Vittorio Gassman che attingeva dalla sorgente di Alexandre Dumas e questa rappresentazione era più comica. Nella proiezione teatrale Proiettiana il personaggio Kean risulta invece “malato”. Un uomo travagliato come chi ha sofferto per dieci anni la fame e poi di colpo trovato il successo, la malattia, fino alla morte stessa. Il “Gigi” volutamente si sofferma sulla malattia minante dell’artista e sulla sua nevrosi che mescolandosi con l’alcol ne evidenzia il dramma. L’attore si muove all’interno del suo camerino, un piccolo universo che è solo un pretesto per entrare dentro l’anima del personaggio. Uno spazio scenico delimitato ma esaltante nella sua caratura, con carte da gioco ed altri oggetti di uso quotidiano, disordinatamente sparsi, toilette da trucco, uno specchio per confrontarsi e l’immancabile bottiglia di brandy che viene sorseggiata tra il disordine dei costumi di scena. Gigi Proietti, nel rapporto stretto che ha con l’attore e la sua intimità artistica, prova costumi, si trucca: parla con sé stesso e con il pubblico demolendo così la famosa “quarta parete “facendoci entrare nel suo irreale mondo. Il grande “Gigi” ci accompagna nel suo viaggio innaturale, celebrando non solo Kean ma tratti di Shylock, Otello, Macbeth, Arlecchino per arrivare al suo grande Riccardo III cavallo di battaglia di Kaen. In scena, improvvisi attimi di pausa paiono scavare dentro la sua tristezza. Il ricordo, della fame vissuta in gioventù ed ora della malattia che piano piano lo sta corrodendo: ma sono le “Puttane e il brandy” per Edmund, il viatico contro tutti i mali. “Gigi” lo interpreta, in ogni atto come fosse veramente lui e con impeto trascinante si attacca con la bocca alla bottiglia e ad ogni sorso sembra in cuor suo di intimorire la solitudine ed allontanare la sofferenza come il suo alter ego inglese. Divertenti sono le affabulazioni e le dimenticanze volute nel parlare allo specchio, come se lo specchio fosse il pubblico. Un pubblico riflettente partecipe dell’esaltazione di un attore che si appresta a nascondere tra le parole la sua depressione. Proietti come sempre trascinante incanta lo spettatore e lo riporta in una dimensione temporale che ora sembra non esistere più. Il Mattatore ci fa rivivere un’epoca che ora sembra sbiadita, ci rinnova un viaggio a ritroso in cui kean per sbarcare il lunario si esibiva nei teatrini rionali, perfino in strada nascondendo la cinghia stretta per la fame vissuta e mostrando l’opulenza e la gloria subito dopo. Tutto in stile Proiettiano ovvero fatto con maestria troneggiante. Una potenza scenica, un valore che sublima l’arte con una interpretazione inimitabile e contaminante che esalta il potere affabulante della voce. Uno spettacolo rimasto unico non solo per l’incomparabile bravura del “Gigi” Nazionale ma per il suo continuo impreziosirci durante la sua interpretazione, ogni volta sempre più suggestiva. Sublimazioni che solo un Maestro di grande levatura può fare. In questo momento Gigi Proietti ci ha lasciato senza mai lasciarci. Il Maestro ora è lassù con Edmund Kean, un altro Maestro come lui. Sentite! Questi applausi senza fine, sono la testimonianza del loro successo nel palcoscenico degli immortali.
Giuliano Angeletti