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Alcuni cenni al cinema di Cronenberg

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Affrontare il cinema di Cronenberg significa innanzitutto fare i conti con l’ossessione della carne, ovvero la più antica e controversa che esista assieme ad un altro elemento per così dire atavico: il sentimento di angosciosa paura che ingenera l’ignoto. Ma in che forma l’ossessione della carne si è manifestata anche nella modernità e nella post modernità?… Diremo attraverso un’oscillazione tra due diverse posture cognitive e assiologiche: da un lato il volerla trascendere e dall’altro il volerla possedere, penetrare, assaggiare, quando non violare. Trascenderla significa innanzitutto negarla nella sua condizione di permeabilità, contaminazione, fragilità e deterioramento. Tanta fantascienza deve a questo punto di vista il proprio fulcro tematico: si pensi ai robot o a creature artificiali umanoidi. Ma Cronenberg inventa col suo cinema un ulteriore filone che è quello della mutazione, come attraverso una forma di consustanziazione in cui la carne si fa espressione fisica, materica dello spirito o della psiche. Tutti hanno presente le manipolazioni di essa operate postmortem da Joel Peter Witkin, e Cronenberg sembra operare lo stesso grado di manipolazione estetico-concettuale quando essa è ancora viva e pulsante; da ricordare a proposito è la battuta di Jeremy Irons in Inseparabili, che qui parafrasiamo: “Dovrebbero esserci concorsi e premi per il miglior cuore o la migliore milza… Perché non riservare all’interno di un corpo la stessa attenzione artistica che si ha per il suo esterno?” E forse Bacon vi era andato molto vicino, tanto che le sue crude e cupe rappresentazioni sembrano una risposta a questa domanda. Non solo il corpo è una cosa fragile, anche la psiche; non solo il corpo è soggetto a contaminazione e deterioramento, anche la psiche… E le perversioni, il lato oscuro simboleggiato dalle pulsioni inconsce apparentemente più in lotta col freudiano Principio del Piacere, nel cinema di Cronenberg sono la regola; e sono la regola in quanto tali da manifestarsi ed essere incarnate proprio da trasformazioni, spesso deteriori, del corpo. Vi sono stati e vi sono registi visionari che hanno esplorato il genere horror da lati di visuale interessanti, ma in modo più furbo e ruffiano che intelligente, indulgendo a stereotipi e volontà di scandalizzare piuttosto vacua dal lato tematico; ecco, Cronenberg non è tra questi. Bisognerebbe chiedersi come però, e la risposta è: interpretando il lato deteriore del progresso, anche quello scientifico, e mettendo su un piano incubico la pietra angolare della postmodernità, ovvero l’avanzamento tecnologico, assieme a quel particolare tipo di scienza che reifica i soggetti umani, come avviene nell’ingegneria genetica così come ben problematizzata dal filosofo Jonas – il quale tra le altre cose ribadiva l’esigenza di un’etica della responsabilità a lungo termine, cioè tale da comprendere anche le generazioni future come soggetti “aventi diritto” al bene della vita e della prosperità e con cui non è bastevole la semplice etica della reciprocità di stampo kantiano. Questo concetto sembra sfiorare da vicino una singolare pellicola della filmografia del regista, ovvero “La zona morta”, uno dei suoi film più politici… Guardare per credere… Ma il problema che sembra porsi Cronenberg fin dagli esordi è questo: il corpo, i corpi, sono solo la dimora materiale dell’anima, o della psiche, o non sono piuttosto una mappa di essa, una cartografia organica in mutamento incessante, con un suo linguaggio e una sua possanza di significato? E soprattutto: fino a quanto ci si può spingere in avanguardistiche manipolazioni del corpo senza sollevare temi etici e filosofici che vanno a concernere quel lato oscuro della natura umana che da un lato rifiuta la carne e dall’altro ne è affamata? Sappiamo bene che le più efferate discriminazioni e epurazioni delittuose, sono avvenute e avvengono col coinvolgimento della carne: i suoi umori, la sua permeabilità, come accennato, il suo essere fertile e soggetta a deterioramento… Tutti fattori che la pubblicistica nazista, per esempio, ha sfruttato per creare disgusto presso ebrei, omosessuali, invalidi. L’ossessione della purezza e la superomistica dei corpi… Assieme a queste riflessioni, si farebbe bene a considerare come la tecnologia inerisca i corpi e il fattore identità, più di ogni altra cosa, e come l’industria che la promuove abbia molto a che vedere con la paura della morte, la fragilità dei corpi, e in ultimo il potere di definire e ridefinire gli spazi identitari, il modo in cui ci si riconosce nel corpo e per il corpo. La nuova realtà ibrida è un ibridismo identitario prima di tutto, dalla natura ambigua, doppia o plurima, e il vero crimine è inoculare nelle coscienze (ammaestrate e mesmerizzate dai media come in Videodrome) l’idea che vi siano entità e soggetti nemici della propria integrità e purezza, di quella del corpo soprattutto, e che vadano combattuti anche perché nemici dell’identità e dell’autarchia delle Nazioni e dei Governi. Malattia, contaminazione del Sé, proliferazione delle minacce ai corpi e alle identità, è lo strumento più puntuto di una politica censoria e razzista, aggressiva e colonizzatrice, e Cronenberg sembra saperlo bene. Se la dimensione del desiderio, non solo quella di un desiderio malato o invertito, ma intesa in senso più largo, necessita di una riflessione profonda sul modellamento di identità per il verso della violenza e dell’assoggettamento, sono da considerarsi questioni politiche, di pari passo non c’è una riflessione più politica di quella sui corpi come ultimo avamposto di sovranità identitaria da difendere contro l’invadenza e la scarsa orditura assiologica della scienza e dei suoi rimedi. Ma non è da trascurare, di questo sorprendente e colto regista, anche il recente Cosmopolis, dove in un processo all’apparenza antitetico rispetto al suo filone, si assiste a una sorta di smaterializzazione e rarefazione della fisicità, come ultima frontiera del neocapitalismo in cui le identità, fisiche e non, si fanno merce e la merce non sussiste che come flusso di denaro tracciabile telematicamente e tale da essere il vero spettro, erratico quanto sterile, in circolo per un mondo sul baratro di un distopico sonno della Ragione (o dovremmo dire delle Coscienze Politiche?) e in cui la ribellione alle sue Leggi coercitive si esprime come una furia iconoclasta ma acefala e caotica che, si intuisce, non porterà a nessuna palingenesi sociale e politica, ma sarà solo la virale infezione – anarchica e fuori controllo – di un Sistema plutocratico al collasso e malato di controllo… sui corpi e sulle menti.

Massimo Triolo

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