GIAN PIERO STEFANONI. IL DOLORE DELLA CASA, compianti dal Covid

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Si pubblica qui un breve estratto dell’opera del Poeta romano Gian Piero Stefanoni “Il dolore della casa, compiante dal Covid”, molto attuale e dolorosa per quello che stiamo vivendo.

Laureato in Lettere moderne ha esordito nel 1999 con la raccolta In suo corpo vivo (Arlem edizioni, Roma- prefazione di Mariella Bettarini). Da allora ha pubblicato (in cartaceo come nella forma digitale dell’ebook) una decina di testi di poesia, l’ultimo dei quali è Lunamajella (Cofine, Roma 2018- prefazione di Anna Maria Curci). Del 2015 è il saggio sulla poesia in dialetto della provincia di Chieti La terra che snida ai perdoni (Ebook LaRecherche.it, Roma, 2017).
Presente in volumi antologici, tra i quali La poesia dell’esilio (Arlem, Roma 1998), Dai parchi letterari ai poeti contemporanei (Edizioni Arte Scrittura, Roma 2009), L’evoluzione delle ultime forme poetiche (Kairòs, Napoli, 2013), suoi testi sono apparsi su diversi periodici specializzati e sono stati tradotti e pubblicati in greco, maltese, turco e spagnolo oltre che in Francia e in Italia nel dialetto di aree romagnole, abruzzesi e sarde.
Già collaboratore con “Pietraserena” e “Viaggiando in autostrada” è stato redattore della rivista di letteratura multiculturale “Caffè” e, per la poesia, della rivista teatrale “Tempi moderni”. Dal 2013 sempre per la poesia è recensore di poesia per LaRecherche.it e dal 2014 giurato del Premio “Il giardino di Babuk- Proust en Italie”.
Tra i riconoscimenti ama ricordare i più lontani, quelli per l’inedito, il “Via di Ripetta” e “Dario Bellezza” entrambi nel 1997.

Per la sua attività completa vedi: http://gianpiero.stefanoni.literary.it.

 

IL DOLORE DELLA CASA compianti dal Covid

di Gian Piero Stefanoni

– Poiché tutto si compie in un altrove sconosciuto.
Francoise Dolto

per Vito, medico e uomo buono

INTRODUZIONE

Raccolgo nella brevità e nel ricordo di questi pochi ritratti, il senso di un comune, partecipato sgomento. L’evento Covid-19 che ci ha risucchiati da una terra ai nostri occhi, nelle nostre vite non più ospitale ci ha scoperti nel nervo teso di una condizione di limite forse dimentico ed ora così tragicamente esposto tra coabitazioni coatte ed economie in azzeramento. Così se non più eludibile la necessità del ripensamento ciò che a me interessa adesso- perché bene adesso- è il raccoglimento in un dolore (e in un pianto) che è anche il nostro per chi (per operatività di servizio e di lavoro ma anche per caso e per destino) lontano dagli affetti, nelle sepolture veloci, in veloci benedizioni ci ha lasciato in solitudine entro una procedura di sottrazione subdola, vorace nella traccia di uomini, donne, ragazzi – anonimi o meno- che ho voluto riportare nella presenza viva di ciò che nell’agire li ha connotati indicando allora nel passaggio la vita stessa come misura dell’amore e del pensiero- e per questo, in questa memoria, restando. Pensiero che allora va anche ai cari nella consapevolezza di una fratellanza che ora ci appella nel sacro.

Come ricordare e vedere la ghianda

nel becco martellante dell’uccello

questo affacciarsi incontrollabile di mondo

nel grido riposto del suo seme.

È sempre questo silenzio,

questo avvicendarsi inascoltato delle forme,

la morte nel suo deposito di àncora

che chiama dal fondo un altro mare.

L’ombra non è che una stagione

in questo passare infetto.

Nell’accorpare timoroso dei nomi-

il respiro condiviso dell’orma-

il volto regale e già sanato della terra.

****************************************

CHIARA FILIPPONI

Anestesista di Portogruaro, primo medico deceduto in Italia (per concausa) da corona virus il 7.3.2020.

Sei stata la prima,

da te che gestivi il sopore del corpo

la coscienza: il camice

pronto a cedere ha ceduto,

persa la presa nel sonno.

Del virus hai detto

l’acritica funzionalità del colpo,

la fragilità della scienza

nell’immagine di un silenzio

che però ora non tocca.

Le perle infatti

ancora circondano la bocca,

nel sorriso, nella luce digitale della nostra foresta.

 

DIEGO BIANCO

operatore del 118, quarantesei anni, scomparso per covid a Bergamo il 14 marzo.

Al tempo del non tradire

va di là ma è da qui che viene

il cielo raccolto nella terra.

Come nel salmo, esposto

e scoperto, freme dalle postazioni

nel messaggio che il giorno

trasmette alla notte.

Nella voce che ha saputo udire

il patire di Bergamo, il professare

per bene di una vita per bene.

 

DON PAOLO CAMMINATI

parroco a Nostra Signora di Lourdes a Piacenza, assistente diocesiano dell’azione cattolica, scomparso il 21 marzo a 53 anni.

Allo stato iniziale non si torna-

lo comprendi dall’acqua della roccia

di nuovo mischiata al sangue.

Il numero- ad oggi, purtroppo ad oggi,

centoquindici*- dice la parola nei Numeri;

dell’esodo, delle comunità ferite

il terrore della promessa.

Ma è iscritto- ad ognuno-

il suo monte Nebo; la discesa

verso Gerico- in fase due,

in fase tre- città delle palme.

Tu, caduto prima, hai avuto paura

ma ti sei fidato ancora una volta

mostrando la strada.

 

HART ISLAND

(ma anche campo 87 del cimitero Maggiore di Milano)

kaddish

Vorremmo dirvi

che siete la nostra lettera per il futuro

con la dignità di parole

che non abbiamo saputo scambiarci.

Composti tra i ruderi

sapervi insieme ai nomi di chi osserva

dentro una terra che si allarga nell’accoglienza del fiume.

Ma non so- o forse so ed è questo che pesa-

se qualcosa d’umano avanzerà

in questa barca

nello scompenso di un mare che già rigurgita.

Rimozione è lo spirito

del tempo malato

e per questo da sempre,

continuiamo a morire:

al fiore che oggi vi scarta

altri, in altri giorni, seguiranno

nell’eterna anonimia della calce.

Perché brevemente la vita ascolta la morte,

e più forte è la voluttà del ventre,

l’uomo animale carico.

Liberi da questo, allora sì per voi

sia lieve il silenzio,

lo scandalo del sabato santo.

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