La cromia della natura nelle mani di Immacolata Zabatti, pittrice talentuosa che ci consegna il mondo in technicolor, il concetto Pre Raffaelita e l’eredità di Van Gogh in chiave contemporanea

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La pittura è l’arte figurativa che esprime visivamente il sentire e cioè il momento in cui la creazione nel senso hegeliano di ideazione prende corpo “ fantansimando” nella malinconia e nella nostalgia di ciò che fulmineamente ci stordisce per poi fuggire via mentre la nostra mente rincorre l’afflato, l’immagine del “pensato” per trattenerne gli stimoli, le linee, la materia di ciò che ci circonda di cui noi stessi siamo fatti con l’incipit della curiosità che Ermes diede a Pandora per
scoprire ciò che siamo ,meglio ancora per immaginare quello che siamo …
Proprio l’immagine al di là della parola trasale il mondo negli occhi di chi osserva e Immacolata Zabatti esercita l’avventura della creazione attraverso una cromia che dilaga facendo annegare i nostri occhi in un oceano di emozioni.
Mi ha colpito ad esempio l’opera “Ipazia di Alessandria “ forse perché sono “innamorata” di questa figura femminile così moderna rispetto al tempo immemore in cui ha vissuto,morendo da martire.
L’opera di Ipazia è tratteggiatura di linee dove lo sguardo di Ipazia va oltre i suoi occhi per fomentare la rivoluzione delle idee, tant’è che lo sguardo fermo non trattiene la compostezza dei lineamenti che sono di una donna d’oggi , quindi la Zabatti è “modernità archeologica” e cioè recupero egemonico del senso della materia intrisa di colore senza sbavature, senza mai eccedere
perché siamo noi con i nostri occhi che dobbiamo magari eccedere nella gioia che le sue opere emanano esagerando compostamente nel sogno che lei ci dona.
La Zabatti ha un che di Pre Raffaelita, mescolato attraverso la semantica cromatica con un anelito Van Goghiano vedi !Natura in movimento” ma al contrario di Van Gogh che ha seminato campi di grano , nuvole e mangiatori di patate, la nostra Immacolata sterza con potenza senza andare fuori strada verso l’inno alla gioia di Schiller, perché “Natura in movimento “ è la rappresentazione cromatica dell’inno alla gioia del grande poeta tedesco , (che è anche l’ultimo atto della 9 sinfonia di Ludiwig .van Beethoven) ci troviamo davanti ad un miracolo di estasi dove le parole non limitano lo stupore e la meraviglia.
Senza stupore e meraviglia non esiste arte e cioè non esiste la catarsi dello sprofondare dentro noi stessi attraverso il dono dell’ideazione che gli artisti ci fanno ogni volta che “creano”, perché la creazione è un processo di invenzione che spazia nella logica per ribaltare ciò che noi pensiamo sia ovvio e che ovvio non lo è.
La metafisica della Zabatti non si arrende a questo “ovvio” ,la sua manualità non si limita alla rappresentazione del reale che muta dal momento che l’occhio lo intercetta, al contrario l’artista non ponendosi limiti fa della sua arte stessa un laboratorio mutante e itinerante dove le cose ritratte sono meteora come fuga dal tempo, ma anche luce , oscurità e lampo.

Lampi sono immaginati nell’opera “Confini” dove non si risparmia nell’incedere con pennellate sicure e incisive a tracciare la luce condensata nel buio, così come il grande poeta Pier Paolo Pasolini sostiene ne “Le ceneri di Gramsci” ,” la luce è frutto di un buio seme,” la cromia della Zabatti fa proprio questo: il concetto di luminosità oscura,(nel senso del mistero della creazione come enigma dell’umanità) è liberarsi dal buio ,squarciando il velo innalzandosi a moto
dell’anima che non si arrende alla banalità di questi tempi dove il merito pare sia stato messo con le spalle al muro quasi fosse inutile, per dare spazio alla mediocrità e ad narcisismo imperanti in ogni ambito sociale, letterario e politico,dove il tempo è produzione e non osservazione.
Immacolata Zabatti che ha ricevuto apprezzamenti anche dal noto critico d’arte Vittorio Sgarbi che ha nella sua collezione ben due opere della nostra, è il merito ,la perseveranza, la costanza,e la tenacia , ella non demorde nell’analisi che fa attraverso le sue opere della nostra umanità.
Nel suo dimenare il pennello, ella ci invita caparbiamente a tendere la mano all’infinito , quel moto dello spirito schiacciato oggi da materialismo, consumismo e nichilismo, non ne vuole sapere di stare chiuso nello sgabuzzino degli oggetti smarriti, anzi , proprio lo spirito che ci rende umani ci dice che emozionarci è decollare restando con i piedi per terra con destinazione mondo cje diventa luogo dell’anima.
La sacralità del colore dispiegato a piene mani ,duttile ad inseguire l’intento di migliorarci come umanità sofferente ma pensante ci rimanda al concetto di fratellanza come unico consorzio possibile dove l’uomo liberandosi dalle sovrastrutture di un’esistenza da consumare , riscopre la gioia di CONTEMPLARE, questo è il senso dell’arte di Immacolata Zabatti ,contemplazione e quel “sym pahtos “tanto caro agli antichi che ci consente di soffrire e gioire insieme, rendendo la nostra solitudine , una moltitudine dove noi deponiamo come eroi di un mito senza fine che è la nostra vita l’essenza stessa della nostra ragione d’essere , venuti al mondo per migliorare il nostro habitat ci arriva in soccorso l’arte che come un’ancella designa gli artisti ad essere promotori al pari di amministratori delegati , direttori generali di multinazionali, medici, ragionieri ecc. del messaggio irrinunciabile dell’arte in tutte le sue espressioni, come una forma di salvazione cui noi tutti siamo chiamati in primis gli artisti che sono visionari e precursori di momenti futuri che loro vedono prima che accadano, nessuno al pare degli artisti possiede come dono questa necessaria e indispensabile capacità di migliorarci .
Numerosi riconoscimenti fanno della nostra artista una preziosa risorsa nel panorama contemporaneo dove la cultura è un nutrimento indispensabile per non soccombere .

Barbara Appiano

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