Martina Dini è una livornese che vive ormai da anni Roma. Persona vitale e poliedrica ha realizzato molti progetti in ambito letterario. Ha fondato due librerie indipendenti e anche il laboratorio di lettura interpretata VivaVoce. “Interno giorno” è la sua prima raccolta poetica, pubblicata con Lebeg Edizioni.
Ciao Martina, innanzitutto, potresti dirci in poche parole chi sei o cosa fa?
Certo, sono una livornese che da ormai 15 anni vive a Roma. Sono arrivata nella capitale per seguire il mio sogno di lavorare come attrice in teatro, cosa che ho fatto studiando e recitando con diverse compagnie in Italia. Negli ultimi anni sono stata tra le fondatrici di due librerie indipendenti e mi sono diplomata come counselor a mediazione artistica, professione grazie alla quale, attraverso l’utilizzo di mezzi espressivi e artistici, posso accompagnare le persone, particolarmente gruppi, nell’esplorazione di sé e delle proprie risorse. Nel 2018 infine, ho fondato il laboratorio di lettura interpretata VivaVoce, che ha al suo attivo diversi progetti e collaborazioni nel territorio della capitale e dintorni; grazie a questo cerco di trasmettere l’importanza della lettura interpretata di un testo, che sia narrativa, poesia, teatro ecc…, lettura cioè che ne veicoli significati, immagini, verità della scrittura e magari susciti emozione in chi ascolta.
Come nasce il tuo amore per la poesia?
Il mio amore per la poesia nasce grazie alle poetesse e ai poeti. Innanzitutto Giacomo Leopardi, credo il primo fra tutti ad avermi fatto sussultare, alle scuole medie, mentre lo leggevo: in un momento in cui (ah, l’adolescenza!) credevo che nessuno potesse comprendere veramente ciò che sentivo e su cui mi interrogavo, ecco che spunta fuori questo signore e il mio cuore sobbalza dinanzi ad alcune sue poesie gridando: “Ecco, è esattamente questo ciò che provo!”. Leopardi mi aveva fatto sentire rispecchiata e dunque non sola, non intimamente sola, voglio dire. Mi aveva raggiunto attraverso un linguaggio che davvero mi parlava. Questo mi è successo poi sempre più spesso negli anni a venire, con altri poeti e poetesse; per citarne alcuni e alcune con cui ho sentito una particolare corrispondenza: Rimbaud, Merini, Neruda, Dickinson. E ancora oggi, il retaggio che resta di quei tempi, è che dalla poesia non mi aspetto niente e lei mi risponde prima che io faccia le domande, o domanda laddove ci sono in me risposte che vagano senza precisa collocazione.
“Interno giorno” è la tua raccolta pubblicata con Lebeg Edizioni. Come arrivi a questa opera? Cosa vuoi comunicare?
“Interno giorno” è la prima raccolta poetica che ho pubblicato, alla fine del 2019. Ci sono arrivata dopo un percorso che ha riguardato, in alcuni momenti parallelamente, il mio rapporto con la scrittura e la mia crescita personale. Ho sempre amato scrivere e sin da ragazzina, talvolta, in mezzo a pagine di scritti in prosa, spuntavano impressioni, suggestioni, immagini o emozioni che avevano una forma diversa, più simile di fatto alla poesia. E’stato poi anni dopo la fine del Liceo che ho ripreso timidamente ad esprimermi attraverso la scrittura e l’ho fatto da subito prevalentemente in versi; col passare del tempo, ho sentito sempre più che la poesia è davvero la forma attraverso la quale amo conoscere il mondo e me stessa e raccontare ciò che scopro. Così è nato “Interno giorno”: come testimonianza di scoperte interiori nate da una rivelazione, da una presa di coscienza, da una lunga riflessione. Proprio come capita a ciascuno di noi quando decide di far davvero caso a cosa gli accade dentro, in relazione (di vicinanza o di lontananza, a varie gradazioni) a ciò che accade fuori. Proprio come succede a ciascuno di noi quando infine scopre davvero di esistere e decide di affermarlo. E di comprendere in sé bisogni, risorse, imperfezioni. Di comprendere in sé le relazioni. La morte. L’infinito. “Interno giorno” è una raccolta a vari gradi di luminosità e ciascun grado è il riflesso di uno stato d’animo, di un’epoca interiore, di un viaggio fatto senza sempre conoscere il senso di marcia. O la destinazione. Proprio come nella vita. Ma con l’esatta percezione di aver scoperto qualcosa in più.
C’è una poesia in particolare che vorresti qui ricordare?
Una a cui sono particolarmente legata è Sorvolami (le poesie di “Interno giorno” non hanno titolo, la nomino dal verso di apertura). Quando capita che la rilegga, continua a parlarmi esattamente di quella sensazione che conosco bene, che ha fatto anticamente il suo piccolo nido dentro di me e che tuttavia non saprei raccontare se non così:
Sorvolami.
Pensa a me
come al pelo dell’acqua
che trasuda
la quiete di luglio
pensami nuda
dove cade la pelle
e le rughe
le fa profonde
il silenzio.
Tu sorvolami
non mi badare
fa’come il gabbiano
già sazio
che di lontano può godere
il rimestio del sole
nell’acqua crespa
o come le carezze
date con gli occhi
a chi non si può toccare
e si vorrebbe.
Io resto sdraiata
mi consegno
a quest’oggi imperituro
fatto del niente
di cui è fatto
ogni giorno.
In cantiere c’è qualche altro libro o qualche altro progetto?
Sì, ho concluso recentemente la scrittura di una nuova raccolta e la sto inviando ad alcune case editrici che si occupano anche di poesia contemporanea emergente. Spero che qualcuna prenderà in considerazione il mio lavoro, incrociamo le dita!
Stefano Duranti Poccetti