Dagli agnolotti ai tajarin, dal vitello tonnato al gran bollito misto… tutte “galuperie” piemontesi, ma potremmo continuare all’infinito sulla lunga lista di questo interminabile argomento gastronomico di eccellenza, come del resto si potrebbe fare per tutte le regioni della penisola italiana, isole comprese, in fatto di arte culinaria, dalla più “umile a quella più ricercata”. Vorremmo invece riportare alla vostra attenzione un antico detto < Sé è vero che dal maiale non si butta nulla > lo sapevano già da tempi remoti… ma che una salsiccia fu disciplinata da un Regio Decreto del re Carlo Alberto di Savoia lascia stupore! Non tanto… basterebbe andare indietro nel tempo, così facendo saremo in grado di comprenderne che non c’è da stupirsi poi tanto su questa normativa. Iniziando a dire che i maiali di un tempo erano dall’aspetto molto diversi da quelli conosciuti ora. Prima ancora del re di Sardegna, un altro personaggio storico di nome Rotari, re, dei longobardi e d’Italia, che emanò una legge, regolando e patrocinando la figura giuridica del porcaro, sino al compimento di quelle giuridiche signorili, quindi, la stupefazione viene meno. Tornando al prodotto, mescolando storia e leggenda, secondo quanto è tramandato dalla narrazione popolare, questo insaccato era lavorato insaccando solo carne di vitello (seguendo una ferrea preparazione organolettica), senza aggiungere il grasso adiposo del suino, poiché la religione ebraica vieta il consumo di carne di porco, così i macellai poterono continuare la vendita alla numerosa comunità ebraica che viveva nel paese di Cherasco in provincia di Torino. Questo tipo di salsiccia, ebbe una popolarità tale da varcare i confini di quelle terre, tant’è che Carlo Alberto diede per Regio Decreto datato 1847 la concessione esclusiva ai soli macellai braiadesi (abitanti di Bra, provincia di Torino) sino a fare parte del Presidio Slow Food. La città, situata nelle Langhe, è uno dei centri enogastronomici piemontesi, tra le sue mura echeggiano due manifestazioni di enorme spessore culinario: Cheese e la sede di Slow Food, dove ogni anno raccoglie numerosi visitatori da ogni parte d’Italia.
Un’ultima curiosità, la figura del maiale, èra sovente associata a Sant’Antonio abate protettore degli animali, infatti, nelle sue icone viene raffigurato al suo fianco insieme ad un porcellino. Per finire questo racconto, sapevate che il maiale non può sudare, ecco il perché si rotola cercando di refrigerarsi in mancanza di acqua se l’avesse, sarebbe l’animale più pulito di tanti altri…
Daniele Giordano