“Amore sono un po’ incinta” e “Fiori d’acciaio” al 55° Festival di Verezzi – Ieri il debutto di Mazzamauro

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Savona. Ancora due prime nazionali nel cartellone di luglio del 55° Festival di Borgio Verezzi, e poi cinque in quello di agosto. Lunedì 26 luglio (alle 21.30) ci sarà: “Amore sono un po’ incinta”, di Marco Cavallaro anche regista, sul palco al fianco di Sara Valerio (con lui nella foto), Guido Goitre e Antonio Conte (e le voci di Monica Ward e Alessandro Campaiola). Una commedia per ridere sulla paura di mettere al mondo un figlio e affrontare l’ignoto, specie se sotto i riflettori si sviluppa la storia di una coppia improbabile, che di pargoli non ne voleva proprio avere.
A seguire, giovedì 29 e venerdì 30, uno spettacolo tutto al femminile: “Fiori d’acciaio”, di Robert Harling, con Tosca D’Aquino, Rocío Muñoz Morales, Emanuela Muni, Emy Bergamo, Martina Difonte. “Se c’è una cosa che le donne sanno fare – dice la regista Michela Andreozzi che firma lo spettacolo con Massimiliano Vado – è essere terribili, spietate e capaci di affrontarsi, insomma, dei fiori d’acciaio, senza mai smettere di amare”. E spiega che il romanzo, nella versione cinematografica, l’ha accompagnata nella sua prima giovinezza, perché è un testo di “grandi figure femminili che crescono, sbagliano, si confrontano, amano, odiano, combattono”.
Allora un “fiore d’acciaio” è anche Anna Mazzamauro, in piazzetta Sant’Agostino ieri, venerdì 23 luglio, per il suo “Com’è ancora umano lei, caro Fantozzi”, di cui ha curato anche la regia. Riletture di vecchi racconti di Paolo Villaggio si mescolano a ricordi personali, e il pubblico impietoso ride per le battute sulla sua “atipicità”, come lei ama definirla, e sulla sua presunzione di possibile vita eterna. Ha la passionalità di una ragazzina quando intona qualche vecchio brano, è delicata quando deve parlare di qualche diffettuccio dell’attore genovese (“ma poco, poco, poco”), ci scodella Anna Magnani tout court, e ci fa provare empatia per la bimbetta che è stata (un po’ come la fantozziana Mariangela dei film), “nel suo vestitino verde marcio, molto marcio” a cui nessuno si è avvicinato per invitarla a ballare in una festicciola. Tanto che il padre, alla fine, ha voluto accoppiarsi a lei per un valzer, struggenti-preziosi-bruttissimi momenti.
Ora sappiamo come venne decretata “signorina Silvani”: fu grazie al regista Luciano Salce che “aveva riunito tutti i cessi” per un provino e, al suo ingresso, l’aveva salutata con un: “Scusa, Anna, ma ti ricordavo più brutta”. Però si intromise Villaggio, che chiamò vicino a sé il regista, e gli suggerì che sarebbe andata bene, con quei tacchi altissimi, non per la parte della moglie, ma per una parte anche più importante: la signorina del quarto piano dell’ufficio “sinistri”.
Anche per chi, come la sottoscritta, non è mai stata una fanatica della serie, fa gola venire a scoprire come è nato il “labbruccio” dell’impiegata che tanto faceva impazzire il ragionier Ugo, e i mille aneddoti delle giornate trascorse sui set, per gli oltre vent’anni di Fantozzi, a chiacchierare con le comparse.
L’attrice ci parla delle tante risate con Gigi Reder (il ragionier Filini) e dell’ottimo rapporto con Plinio Fernando (Mariangela), che si divertiva alle sue imitazioni. Qui scopriamo anche un Villaggio inedito: un po’ (“ma poco, poco, poco”) “malinconico” per doversi estraniare suo malgrado dalla fresca e disimpegnata allegria che legava Mazzamauro e Reder, un Villaggio così ben radicato sull’Olimpo delle star, e un po’ affamato di fama, come se nel contempo non fosse ben conscio della notorietà che aveva raggiunto e che da quell’Olimpo non sarebbe mai potuto scendere.
Racconta Mazzamauro di quella volta che gli telefonò Giorgio Strehler per una parte al Piccolo di Milano e, ai suoi complimenti, lui rispose: “Lo devo risentire”. Non l’avrebbe mai fatto: era già appagato dalla proposta che gli era stata rivolta.
Il pubblico ride per la nascita di Fantozzino, nato il giorno in cui si celebrava il funerale del padre, ride per l’ubriaco che l’ha apostrofata male (“Sì, ma a me domani mi passa!”), ride per quello che risponde il truccatore Gianfranco Mecacci a Salce, quando gli chiede di rendere “bruttissima” Anna.
Sul palco l’accompagna Sasà Calabrese, alla chitarra e al pianoforte, ma un po’ anche suggeritore e amico galante per una donna vestita di rosso-fuoco, pardon, se si tratta della Silvani rosso-sesso. Al centro, la Bianchina di Fantozzi: al volante un cartone raffigura il ragionier Ugo con l’immancabile coppola, in evidenza finché lo spettacolo non si avvia alla fine.
Un’ora e mezza di rievocazioni con un’instancabile Mazzamauro che, nei camerini, ci confida: “Il pubblico si aspettava solo risate, ma questo spettacolo è molto di più!”. Miglior dedica a Villaggio, infatti, non poteva esserci.

Laura Sergi

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