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LA TRASPOSIZIONE MODERNA DEL CAPOLAVORO LETTERASRIO DI GOETHE A “LO SPAZIO”. DIALETTICA SERRATA TRA L’INDIVIDUO ED  IL DIAVOLO IN “IL MECCANISMO DEL CAPRO ESPIATORIO”

Data:

21 Ottobre – 24 Ottobre 2021, Teatro Lo Spazio di Roma

L’Ottocento era inizialmente l’epoca del Romanticismo e l’eroe non solo era animato dall’amore per la sua patria, rivendicandone la libertà e l’indipendenza, ma pure dalla voglia di conoscere tutto , di sperimentare ogni forma  e scienza dell’universo materiale a partire dalla sensualità, come avviene per Faust che s’innamorò della giovane Margherita, che poi abbandonò incinta per vendere l’anima a Mefistofele in cambio dell’esperienza totale del mondo sensibile. Fu successivamente la stessa Margherita a redimerlo e salvarlo dalla dannazione eterna. Ora invece lo scenario è cambiato perché si sono persi i valori ideali e siamo in una crisi esistenziale dominata dal materialismo consumista e dalla corsa al potere, al sovranismo assoluto, come si muovono ideologicamente i Paesi dell’Est Europa e v’è lo scontro tecnologico e  commerciale per cui L’America e la Cina sono ai ferri corti, per non parlare della Russia di Putin che controlla il mercato del gas ed ha determinato il rialzo dei prezzi delle bollette dell’energia. Ecco dunque l’uomo senza qualità, come il protagonista dell’opera di Musil, divenire il  “colpevole” identificato della condizione sociale presente evanescente e vaporosa nell’ottica della scrittrice Giusi Checcaglini, che mette di fronte l’essere umano al Diavolo immaginato senza ali e come il nostro “alter ego” che sta alle nostre spalle fin dalla nascita come l’angelo custode. Egli si  presenta come un giovane ben vestito, pimpante ed affarista che rimprovera al suo assistito di comportarsi in maniera troppo timida, di essere represso, complessato e pieno di scrupoli in ogni frangente della vita. La dialettica tra i due è interpretata con forza esuberante dall’essere celeste , nei cui panni si cala un brioso Federico Fiocchetti, mentre il coprotagonista umano è incarnato da Fabio Pasquini ed il match verbale avviene in riprese o 9 brevi quadri che formano un atto unico di 80 minuti. Tra una riflessione tematica e l’altra talora la ragione sembra propendere per l’uno più etico e scrupoloso, talora invece si sarebbe indotti ad accordarsi con il Diavolo sul fatto che il soggetto per ottenere qualcosa dalla sua esistenza debba osare di più e darsi un progetto da concretizzare, altrimenti  non resta che il fumo sulfureo dal quale deriva solo una prolissa e logorroica verbosità fine a stessa. Logicamente siamo coinvolti nel serrato ed acceso  diverbio a parole più che a pugni intorno ai citati 9 argomenti politico – filosofici, che sono espressamente questi : Rimpianto per quello che avrebbe potuto essere, Affari mancati, Amore ed Amicizia a cui si contrappone la guerra civile in Afghanistan, Sudan, Birmania ed Irlanda del Nord, Libia ed Iraq. Un altro aspetto negativo è la Solitudine, come si evince anche dall’ermetico E. Montale genovese ed autore della sublime lirica “Il male di vivere”. Segue il bisogno di conoscersi ed accordarsi per realizzare progetti positivi e di sviluppo per l’umano consorzio civile, che lascino in terra un’impronta del nostro passaggio  che in caso contrario non sarebbe valso a nulla, non potendo contare su Dio e gli Angeli in funzione dell’uomo. L’angelo si definisce il “gran burattinaio” ed infatti l’individuo senza gli impulsi emotivi, le sensazioni fisiche e piani concreti per una propria affermazione ed uno sviluppo economico rischia di essere prigioniero di schemi sociali in cui domina il più forte e dei pregiudizi atavici, formalismi religiosi. Il ruolo di siparietto tra uno sketch e l’altro è svolto metaforicamente dal suono con il sax di Riccardo Nebbiosi, mentre lo scavo psicologico dei personaggi con il gioco della reciproca seduzione intellettiva è curato dal regista Fabio Grossi. Lo spettacolo si replica  con un profondo spessore umanistico nel locale culturale “Lo Spazio” di via Locri nei pressi di Porta San Giovanni a Roma fino a domenica prossima.

Giancarlo Lungarini

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