A seguire le liriche della vincitrice della IV Edizione del nostro Premio Maria Teresa Infante.
Extrema ratio
Quando ci cercherete e non ci troverete
non dimenticate di essere stati voi
a riaprire le camere a gas
scavando fosse comuni a due mani
scrivendo versi che non vi appartengono.
Non ci saranno fumi dai camini
mentre bevete gin cantando Let it Be
non ci sarà sapone a basso costo
perché disinfettarsi costa troppo
ma non per questo sarete assolti
quando passeggerete a Trinità dei Monti
ma non per questo saremo morti
se resteremo in via della Misericordia.
La morte ha mille facce, tutte somiglianti
il reo ha mille volti, tutti differenti
ma non per questo siamo ancora persi.
“Utopia” (il naufragio della speranza)
Le botteghe avevano le madie vuote
le mani pezzate a calce dei fornai
erano un lusso dimenticato ormai
una madre
impastava l’acqua col coraggio
mentre il sale
scendeva dritto dal suo pianto
i bastimenti
evocavano mense per gli audaci
le briciole
lievitavano il sudore del capo.
Mamma, mamma, dammi cento lire che in America voglio andare…
la radio suonava per pochi
pochi erano sempre troppi da sfamare.
Cento lire sembravano spese a dovere
se oltremare c’era un campo da seminare
tanto un anno passa e magari torna
sempre se la fortuna ti è compagna.
– Un, due, tre, stella!
I bambini giocavano ignari
non sapendo che i padri
avrebbero varcato il mare
per un tozzo da inzuppare, domani.
– Un, due, tre, stella!
Quante vite donarono il corpo ai fondali
per quel pezzo di pane amaro
e un figlio che non avesse più fame.
Ho visto sogni spalmati su una crosta di terra
e un paese che lontano aspetta.
– Un, due, tre, stella!
L’America è solo un ricordo
se un fanciullo addenta felice
una fetta di pane e la vita.
Utopia è un ricordo di pane, annegato per fame.
Nota alla Poesia dell’Autrice:
In memoria di Utopia – la nave affondata il 17 marzo 1891 presso Gibilterra – e dei 576 italiani annegati, senza mai raggiungere New York, dopo essersi imbarcati nel porto di Napoli.
La tragedia si consumò in venti minuti e fu ignorata dalla storia.
Ispirata dal volume “Utopia- Il naufragio della speranza.” Saggio storico del giornalista, scrittore, Duilio Paiano. Anno di pubblicazione 2017. Prefazione prof. Augusto Mastri, University of Louisville. USA
La quarta sedia (a mia madre)
Ci sono stata in quella casa
in cui le geografie cambiavano direzione
e il giorno non sapeva da che parte entrare.
La tavola apparecchiata per quattro
invano.
Io che sedevo ogni volta
su quella sedia rimasta vuota
fino al mio ritorno
mio fratello chiedeva che nome avessi
io recitavo il suo nome a memoria.
Mia madre diceva
– Figlia mia, mangia ogni cosa
che non ti faccia andar via,
io ci sono morta tra i binari
della vecchia ferrovia
dove le tratte sono ferme ai boschi
e le cortecce si fanno tronchi
ma non potevo ascoltarla.
Mi avrebbe vista crescere
dalla finestra che dava sul lago
pensando che le mareggiate
fossero solo cose di mare e sale.
Tra i denti giungevo le mani
– Figlia mia non si parla con la bocca piena –
masticavo assenze
lasciando per strada le piume avverse
prima o poi ci saremmo incontrate.
Io mangiavo, mangiavo
così mi avrebbe trovata già grande
e avrei potuto asciugarle gli occhi
che non hanno visto il mio canto
soprano
ma l’ultima danza del cigno
ostinato a restare
umano.
Le onde d’acqua
lasciano segni che fanno male.
Mia madre è di là che apparecchia…
la sedia ha una gamba rotta.