Maria Teresa infante (prima classificata). I protagonisti della IV Edizione del Premio Pierluigi Galli

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A seguire le liriche della vincitrice della IV Edizione del nostro Premio Maria Teresa Infante.

 

Extrema ratio

Quando ci cercherete e non ci troverete

non dimenticate di essere stati voi

a riaprire le camere a gas

scavando fosse comuni a due mani

scrivendo versi che non vi appartengono.

 

Non ci saranno fumi dai camini

mentre bevete gin cantando Let it Be

non ci sarà sapone a basso costo

perché disinfettarsi costa troppo

 

ma non per questo sarete assolti

quando passeggerete a Trinità dei Monti

ma non per questo saremo morti

se resteremo in via della Misericordia.

 

La morte ha mille facce, tutte somiglianti

il reo ha mille volti, tutti differenti

 

ma non per questo siamo ancora persi.

 

 

“Utopia” (il naufragio della speranza)

Le botteghe avevano le madie vuote

le mani pezzate a calce dei fornai

erano un lusso dimenticato ormai

 

una madre

impastava l’acqua col coraggio

mentre il sale

scendeva dritto dal suo pianto

 

i bastimenti

evocavano mense per gli audaci

le briciole

lievitavano il sudore del capo.

 

Mamma, mamma, dammi cento lire che in America voglio andare…

 

la radio suonava per pochi

pochi erano sempre troppi da sfamare.

 

Cento lire sembravano spese a dovere

se oltremare c’era un campo da seminare

tanto un anno passa e magari torna

sempre se la fortuna ti è compagna.

 

– Un, due, tre, stella!

I bambini giocavano ignari

non sapendo che i padri

avrebbero varcato il mare

per un tozzo da inzuppare, domani.

 

– Un, due, tre, stella!

Quante vite donarono il corpo ai fondali

per quel pezzo di pane amaro

e un figlio che non avesse più fame.

 

Ho visto sogni spalmati su una crosta di terra

e un paese che lontano aspetta.

 

– Un, due, tre, stella!

L’America è solo un ricordo

se un fanciullo addenta felice

una fetta di pane e la vita.

 

Utopia è un ricordo di pane, annegato per fame.

 

Nota alla Poesia dell’Autrice:

In memoria di Utopia – la nave affondata il 17 marzo 1891 presso Gibilterra – e dei 576 italiani annegati, senza mai raggiungere New York, dopo essersi imbarcati nel porto di Napoli.

La tragedia si consumò in venti minuti e fu ignorata dalla storia.

Ispirata dal volume “Utopia- Il naufragio della speranza.” Saggio storico del giornalista, scrittore, Duilio Paiano. Anno di pubblicazione 2017. Prefazione prof. Augusto Mastri, University of Louisville. USA

 

 

La quarta sedia (a mia madre)

Ci sono stata in quella casa

in cui le geografie cambiavano direzione

e il giorno non sapeva da che parte entrare.

 

La tavola apparecchiata per quattro

invano.

Io che sedevo ogni volta

su quella sedia rimasta vuota

fino al mio ritorno

 

mio fratello chiedeva che nome avessi

io recitavo il suo nome a memoria.

 

Mia madre diceva

– Figlia mia, mangia ogni cosa

che non ti faccia andar via,

io ci sono morta tra i binari

della vecchia ferrovia

dove le tratte sono ferme ai boschi

e le cortecce si fanno tronchi

 

ma non potevo ascoltarla.

 

Mi avrebbe vista crescere

dalla finestra che dava sul lago

pensando che le mareggiate

fossero solo cose di mare e sale.

 

Tra i denti giungevo le mani

– Figlia mia non si parla con la bocca piena –

masticavo assenze

lasciando per strada le piume avverse

 

prima o poi ci saremmo incontrate.

 

Io mangiavo, mangiavo

così mi avrebbe trovata già grande

e avrei potuto asciugarle gli occhi

che non hanno visto il mio canto

soprano

ma l’ultima danza del cigno

ostinato a restare

umano.

 

Le onde d’acqua

lasciano segni che fanno male.

 

Mia madre è di là che apparecchia…

la sedia ha una gamba rotta.

 

Foto copertina Wikipedia

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