Al Teatro Anfitrione fino al 23 Gennaio 2022
Il tempo per alcuni notevoli talenti artistici che durante la vita hanno, con le loro “ performance”, affinato il proprio geniale virtuosismo e l’estrosa vena recitativa sembra non passare mai e tra questi merita di essere segnalato l’attore impagabile Sergio Ammirata , dalla profonda passione per il suo lavoro e diuturna applicazione dirigendo la compagnia satirica “ la plautina” e la relativa scuola di formazione attoriale , nel genere particolare della grossa e celebre sarcasticità classica. Egli, nonostante sia diventato ormai anziano avendo passato gli “ anta” e sia stato duramente provato dalla vita con la perdita della sua consorte e compagna di palcoscenico, la bella e fulva Patrizia Parisi, non ha lasciato il suo impegno professionale ed anzi ha raddoppiato i suoi sforzi per trasmettere l’eredità delle sue doti, l’amore per la cultura ed onorare la memoria della sua amata compagna che lo guarda, potremmo dire a ragione ci, guarda dall’alto ed a cui ha lanciato un simbolico e mesto bacio alla fine dello spettacolo dalle quinte del palco, mentre l’applaude il pubblico, poco per la straordinarietà del lunedì di San Giovanni Evangelista per la prima. Riprendendo un lavoro che aveva già programmato prima della chiusura per il “lockdown”, l’ha adattato dai testi e copioni abbondanti di cui è ricco il suo baule di trovaroba, da cui estrae sempre qualcosa, come dice pure il Vangelo, di nuovo ogni volta che vi fa riferimento, quasi fossimo in uno di quei bazar o “ sukkot” orientali di cui sono pieni Instanbul , Marrakesh, Casablanca ed Il Cairo del generale Morsi con il mercato Khan el Khalili, per non citare Kabul, Islamabad o Sanaà. Nel primo atto ci troviamo nella provincia parigina alla fine della” Belle Epòque” nella villa dell’aristocratico possidente Candido in dolente sessualmente, la cui vanitosa e lussuriosa moglie Edvige si cimenta nel gioco della libertina seduzione in cui cade lo spasimante Gastone impenitente Dongiovanni , che è stanco della monotona routine con la flebile, timida e poco curata ed erudita alla civetteria del bel mondo Camilla. Sofà e divani riempiono la scena, men tre il buon Sergio si limita a fare il direttore di scena con i fogli del copione in mano per correggere l’eccessiva retorica e la sproporzionata enfasi degli attori, a cui talora deve suggerire pure i giusti ritmi e toni, l’opportune battute. Nel finale trionfa l’adulterio e ciò logicamente ricorda che i mariti, per citare San Paolo, non devono trascurare le loro mogli ed i coniugi occorre che s’appaghino reciprocamente sul piano sessuale senza smarrire la castità coniugale, perché in natura non c’è peggior tradimento di quello dell’affettività matrimoniale. Nel secondo atto invece siamo nel campo sociale dell’onestà e dell’alte sfere politiche e dell’attività autonome per la cena mondana in vestiti da gran sera in casa del presidente delle Banche Riunite, l’ingegnere Giangaleazzo Biancofiore, chiara allusione a certe personalità del vecchio mondo centrista, che qualcuno vorrebbe far rinascere. Improvvisamente irrompe in casa l’ispettore di Polizia Franco Portanova che afferma di doverlo condurre al Commissariato e che la magione è circondata dai gendarmi. Colpito sull’onore a sorpresa, il padrone di casa, svergognato in pubblico tra gli amici, diventa nervoso, come tanti uomini di rango in simili circostanze, cammina su e giù per la casa e domanda tempo per riaversi dallo spavento e da un leggero malore che ha accusato, mentre il maggiordomo Olindo, interpretato impeccabilmente dal medesimo Ammirata in palandrana scura tipica del suo ruolo, tenta di convincerlo a consegnarsi alla legge. Poi gli viene in mette che la sua imputazione può risalire, anche se il funzionario non ha mostrato il mandato di cattura, ma solo l’ordine di perquisizione della residenza, al denaro impiegato negli investimenti e nel finanziamento non rientrato dei commensali, come sta accadendo a Roma con l’IPA la cassa dei dipendenti comunali, che foraggiava manager e loro figli per le vacanze senza mai preoccuparsi di richiedere loro il prestito spesso ingente. Coinvolti nell’intrigo gli ospiti tendono a discolparsi con le più vili e meschine scuse, escono fuori compiacenze illecite ed anche qui infedeltà sentimentali interne al gruppo in un interno, per cui volano ingiurie ed insultanti offese, un linguaggio volgare non consono al loro alto lignaggio. Siamo davanti all’evidenza dei fatti, o la verità è che qualcuno ha voluto farsi beffe di loro e smascherare tutto il marciume che sta dietro le lusinghiere e convenevoli apparenze? Basterà rammentare che hanno un cugino di nome Sigismondo e che siamo da poco entrati nel 1 Aprile e dunque …A voi la conclusione dell’intreccio con un po’ di perspicacia mentale! Lo spettacolo sarà programmato alla salita di San Saba fino al 23 Gennaio. Una gustosa occasione per trascorrere insieme ed allegramente le Feste. Buon Anno a tutti con l’auspicio che le vostre singole speranze si possano realizzare.
Giancarlo Lungarini