Che cosa significhi il Teatro, quello con la T maiuscola lo esemplifica la coppia di grandi attori -tra i pochi che si possano ormai definir tali – della scena italiana: Franco Branciaroli e Umberto Orsini. Un teatro di parola, dove tutta la concentrazione s’indirizza a quella, dove la fascinazione del “dire” rapisce l’attenzione dello spettatore. Il puro piacere della recitazione – per ammissione dei diretti interessati – trova poco corso oggi, dove il gusto del pubblico si orienta ormai verso forme di … arte varia, dove la magia del teatro ha lasciato posto alle performance le più diverse. Spiegazione del perché, ormai, non circolino più i grandi testi. Franco Branciaroli e Umberto Orsini, con alle spalle un grande passato di palcoscenico, raramente si sono ritrovati a fare “coppia” se non nel ronconiano Besucher di Botho Strauss, stagione 1989/90 e nel 1995 per Otello regia di Gabriele Lavia. L’occasione, dopo l’infernale pandemia, di tornare a teatro per ri-assaporare il coinvolgimento di una magnifica prova d’attore nel valorizzare un testo è portare in scena Pour un oui ou pour un non, scritto nel 1981 dalla scrittrice francese Nathalie Sarraute, audace sperimentalista, conosciuta per i suoi romanzi ma anche per il teatro. Da sempre affascinata dal linguaggio e dalla parola, ha inseguito una forma di scrittura capace di rendere la realtà delle cose nella loro variegata complessità, evitando schemi tradizionali che la riproducano o banalmente la imitino. Operando una frantumazione dei tradizionali elementi che concorrono a un testo, la Sarraute arriva a privare di un nome i suoi personaggi, che vivono solo nel rapportarsi con gli altri vivendo nei dialoghi. Gli spazi in cui agiscono non sono più delineati, tutto si fa fluido: diventano allora dei “portatori” che trasmettono al lettore/spettatore l’intensità che è sottesa nelle più banali conversazioni o gesti. Negazione delle forme tradizionali, esasperando il conflitto sulla possibilità o meno di riuscire a comunicare. Attenzione espressa anche nella pièce in scena in questi giorni al Piccolo Teatro di Milano, Pour un oui ou pour un non, in cui si racconta del ritrovarsi, dopo lunga assenza, di due uomini la cui amicizia di lungo corso ha subito una frenata; l’incontro si trasforma via via in feroce duello verbale, inizialmente in punta di fioretto, per arrivare a una tensione drammatica sempre sottesa. Notoriamente “la lingua ferisce più della spada”, quando perde la superficiale e sbrigativa funzione di mezzo comunicativo per diventare vera e propria arma offensiva. “Ah, è… così“, frase pronunciata tempo addietro a proposito del successo di un’iniziativa presa dal padrone di casa diventa il leitmotiv, nella sua apparente banalità e detonatore di una situazione di sofferenza di un personaggio: perché ne è stato rimarcato il tono e il modo in cui è stata proferita. Da qui sgorga la percezione di un insulto, di un venato disprezzo, che danno sorgente a infinite sfumature e percezioni che anche noi avvertiamo – senza però operare una lucida riflessione – nelle conversazioni di quotidiane relazioni. Nathalie Sarraute lo fa per noi, mettendoci davanti a uno specchio, per poterci così riflettere. Il testo si dispiega in un tessuto di battute che irretisce lo spettatore, facendolo sconfinare in una dimensione quasi irreale, con punte di assurdo. Situazioni in cui quotidianamente ci veniamo a trovare. Lo spettacolo, ideato da Pierluigi Pizzi, altro mostro sacro della scena che non ha bisogno di presentazioni, mostra una stanza dove torreggiano due librerie stipate di libri, tutti bianchi, ma sparsi anche intorno. E una parete, alla bisogna, si presta a funger da lavagna; una finestra, quando aperta, spazia su una vista immaginaria…
Irrompe con la palpabile carica di umanità Franco Branciaroli, estroso nella mimica facciale di un camaleontismo di razza e sagace istrione della parola. Con rara sottigliezza e ironia verbale contrasta Umberto Orsini dalla perfetta fonazione, retaggio di una scuola attoriale in via di completa estinzione, dove la disciplina e la tecnica e il rigore artigianale hanno prodotto grandi esempi. Una voce immediatamente riconoscibile la sua, dai toni ambrati e profondi, una recitazione tagliente dai colori di voce infiniti, tutta “di testa”, di una lucidità espressiva quasi algida. Eccitante ed entusiasmante “scontro” tra due titani del palcoscenico, ma ancor di due scuole di pensiero teatrale di cui sono personificazione; il tutto servendo alla perfezione il tratteggiare e definire i differenti caratteri dei due personaggi. Regia misurata, perfettamente calibrata sui due grandi attori, gioca su piccoli movimenti, su sguardi attoniti lasciando, come la scrittura della Sarraute, tutto galleggiare in una fluida indeterminatezza. Successo caloroso per i due protagonisti, condiviso con il regista Pierluigi Pizzi presente in platea, chiamato da Umberto Orsini a condividere la festante accoglienza del pubblico per un testo sicuramente non popolare. Questa sera si è ritrovata la magia del teatro.
Recita dell’11 gennaio. In scena al Piccolo Teatro Grassi di Milano fino al 30 gennaio 2022.
gF. Previtali Rosti