CONFIDENZE FAMILIARI E SMARRIMENTO RAZIONALE IN “THE SPANK” CON F. DINI E V. BINASCO
Fino al 13 febbraio 2022 al Teatro Parioli di Roma
I VALORI FONDAMENTALI DELL’ESISTENZA UMANA SONO il sapere e l’amare in quanto senza la cultura si rimane dei “ cavernicoli” incapaci di porre scelte avvedute, ponderate e tali da nobilitare l’individuo e dargli un interesse con una funzione sociale nel consorzio umano, ma senza il calore del cuore non si creno rapporti e relazioni di coppia di cui l’essere umano sente il bisogno essendo stato creato di genere diverso. Intendiamo riferirci nel primo caso alla famiglia identificata originariamente nei progenitori dell’Eden nati per il progetto naturale di Dio da una costola di Adamo ed Eva “fu infatti la madre di tutti i viventi”, mentre al secondo posto troviamo parallelamente l’amicizia che sorge tra persone e/o gruppi per comuni scopi sociali , economici oppure per uguali formazioni intellettuali ed affinità elettive, che spingono alla prossimità di lavoro o di ricerche, argomentazioni, logico – scientifiche interessanti. Proprio su tali riflessioni s’incentra l’ultimo lavoro teatrale dell’autore, commediografo e sceneggiatore, londinese Hanif Kureishi classe 1954, che nel testo intitolato “The Spank” ovvero la “la sculacciata” mette di fronte due vecchi amici e dottori, l’uno farmacista e l’altro dentista, che esercitano la loro attività sulla stessa strada con alterne fortune e poi la sera si ritrovano al pub “The Spankies” a raccontarsi le proprie piatte e monotone giornate tra una bevuta e l’altra per cancellare le frustrazioni e delusioni quotidiane, finché aumentando la confidenza e sentendo di potersi reciprocamente fidare disquisiscono pure sulle rispettive vicende coniugali e familiari. L’allestimento del lavoro è del Teatro Stabile di Torino di cui è direttore artistico Valerio Binasco, che fa da coprotagonista a Filippo Dini che cura pure la regia e si presenta in scena con un impermeabile bianco ed ombrello in una brutta giornata d’inverno con “ pioggia di cani e gatti” come dicono gli albionici, domandandosi che cosa sia la normalità e quando finisca, mentre i teli di nylon che chiudono il fonale del palcoscenico sembrano metaforicamente voler indicare che anche il pub è andato alla rovina ed è stato chiuso. Sono il rumore meteorologico ed i vibranti ricordi del desolato farmacista Vargas, il personaggio reso con inappuntabile grinta dal medesimo regista, a sollevare i teloni e dischiudere il tipico locale sofisticato da taverna alcolica con tanto di parete in vetro lateralmente a costituire lo sfogatoio delle chiacchiere in libertà dei due professionisti, con un più malinconico e disarmato Sonny impersonato da Binasco che chiede una pomata antidolorifica al compagno, pagando quindi a turno le consumazioni. Si scambiano segreti e pettegolezzi intimi, che toccano successivamente le proprie famiglie e si viene così a conoscere che Sonny è più ligio alla fedeltà coniugale, all’onesta ed inflessibile educazione della prole come pure all’etica dei principi che fanno l’indice di valore e livello morale d’una società, qui quella d’oltre Manica dove il premier Johnson è stato criticato nel Parlamento del Big Ben e messo sotto accusa con richiesta di dimissioni perché durante il “lockdown” , con scarsa sensibilità per la sua popolazione, s’è ubriacato festosamente due volte nel giardino della sua residenza ufficiale a Downing Street. Questo per dare un’idea del Puritanesimo anglicano risalente ala fine del’500 con il Regno di Elisabetta I quando i “ Galeotti” inglesi non trovando lavoro nella loro Patria, in cui erano per lo più detenuti, decisero d’emigrare oltre l’Atlantico con il soprannome di “Padri Pellegrini” e la nave “Mayflower” dando il via alle 13 colonie statunitensi e soppiantando l’Olanda nel dominio sui mari con quelle che passarono alla Storia come “guerre di corsa” per il mercantilismo commerciale. Dunque i due personaggi sono talmente coinvolti nella loro sodale amicizia che le famiglie s’allargano con il figlio di Vargas che s’innamora di Nina discendente da Sonny e con il più libertino, spregiudicato dongiovanni ed intraprendente amante Vargas, di cui Dini mette brillantemente in risalto i diversi comportamenti umorali, che lascia la moglie per mettersi con la giovane e piacente Doris, che una sera in un locale pubblico sta per essere accoltellata da Nina per aver privato il suo ragazzo dell’affetto di sua madre. Questo provoca amarezza tra i due soggetti ed una violenta litigata che condurrà alla rottura della inveterata ed ormai consolidata simpatia, empatia, tra Vargas e Sonny, che finirà al contrario del romanzo famoso “ L’amico ritrovato” di H. Hesse. Lì c’era la gioia e la felicità per la riscoperta dell’amenità spirituale ed interiore, qui invece il dolore e la furiosa fustigazione di Vargas che, agitandosi nervosamente sulla scena, esprime tutta la sua rabbia repressa per averlo l’amico, che s’è rimesso con Kardasha e potremmo sottolineare la completezza del tradimento coniugale, lasciato solo e tramortito dalla notizia comunicatagli con una missiva. Forse il testo è un po’ troppo verboso come teatro di narrazione ed il pubblico fa fatica a seguire tutto lo svolgimento delle faccende private per circa due ore, ma lo spettacolo ed il copione mantengono tutto il loro fascino seduttivo quale critica ad una mentalità preconcetta spesso non pronta a cogliere quegli avvenimenti che si discostano dalle norme etiche o dai pregiudizi inveterati dalla comunità civile codificati dalle leggi del diritto tra cittadini, che pure la Chiesa sta rivedendo con una certa apertura di papa Francesco per l’Eucarestia ai divorziati purché data con i modi convenienti senza suscitare scandalo , come pare abbia detto al presidente americano Biden nel colloquio privato avuto in Vaticano. Lo spettacolo andato in scena in prima nazionale al Carignano di Torino nel Maggio dello scorso anno con la traduzione italiana di Monica Capuani, resterà al teatro Parioli con la bella scena del pub creata da Laura Benzi fino a domenica 13 e poi dal 16 vi saranno Ale e Franz con lo spassoso e divertente “Comincium”.
Giancarlo Lungarini