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Intervista a Paolo Ruffini di Claudia Vincenzino

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Dal 14 Febbraio è arrivato nelle sale italiane Il film Perdutamente di Paolo Ruffini in co-regia con Ivana Di Biase, che racconta la delicata e complessa malattia dell’ Alzheimer. L’uscita evento di questo film è per il giorno di San Valentino, una ricorrenza che celebra “l’amore” e in questa intervista scopriremo anche il perché loro abbiano scelto questa data per presentarlo al pubblico…

Nel film “Perdutamente” diretto e guidato da te, che affronta il tema delicato e profondo dell’Alzheimer, è toccante quanto sorprendente scoprire un racconto di amore più che di malattia, l’amore inteso come la migliore cura. Ci parleresti del valore dell’amore che ha per te nella vita e in generale nel mondo?

È determinante l’amore. Una cosa che ho imparato dalle persone affette da Alzheimer è che non è vivere ma “amare”. Abbiamo un’intelligenza superiore che sta da qualche parte dentro di noi, o sopra di noi o a fianco a noi, e che anche in questo momento ci dice di respirare, ed è la stessa intelligenza superiore che dice di voler bene a qualcuno e di amare. Tutti gli esseri umani nascono con il dono di poter amare, non esiste che sia diversamente, e credo che questa sia una cosa legata in realtà a questa malattia. L’Alzheimer va a sgretolare le tracce di noi stessi, il cervello, gli affetti, gli organi, le emozioni, la vita, ma non riesce a sgretolare l’amore, forse perché l’amore non risiede nel nostro corpo ma risiede altrove, e di fatto l’Alzheimer è come se non riuscisse a trovare l’amore che risiede in noi ed estirparla, di fatto il nostro senso di amare rimane intatto.

Cosa ti ha spinto ad approfondire e ad analizzare le varie sfaccettature di questa delicata malattia per poi raccontarla alle persone attraverso un film, oltre al messaggio che l’amore può esser una cura? 

Che l’amore è di fatto la cura. La differenza tra cura e guarigione l’ho imparata attraverso questo film. Da Alzheimer non si guarisce ma si può curare. La scienza ha dimostrato dei casi di pazienti che vivevano la relazione affettiva serena in casa e che riuscivano ad essere molto più sensibili rispetto anche a delle cure mediche o farmacologiche, e questa cosa è indubbia dunque che l’amore è davvero la cura, forse principale.

Quanto grande pensi che sarà l’impatto emotivo e la presa di coscienza in generale del pubblico nei confronti del messaggio che contiene questo tuo nuovo film?

Non ho idea dipende, quando lo vedranno le persone, spero che gli piaccia, che lasci un segno dentro di loro come l’ ho ha lasciato dentro di me il film, in cui c’è tanto amore, dolore ed emozioni, e spero che tutto ciò possa passare anche attraverso le immagini, la musica e tutti gli elementi fondanti del film.

La conoscenza delle conseguenze negative di questa malattia cosa ti ha più sfiorato nelle corde del cuore e dell’ anima?

Le conseguenze peggiori sono il fatto di perdere ogni traccia di sé, nel senso che alla fine è come se rimanesse solo il corpo di una persona e gli occhi fossero trasparenti. Ciò significa non esistere, però ci sei, e per questo, tornando al discorso dell’amore e parlando dell’Alzheimer, il malato è come un innamorato sublime: io non so chi sei, non so chi sono, ma ti amo. Questa cosa credo che sia lirica.

Quanto sei felice per la realizzazione di questa opera cinematografica?

Sono molto felice per la realizzazione di quest’opera cinematografica. Alcuni mi hanno detto che sia il film più bello che io abbia mai fatto, ma non penso di doverlo o poterlo paragonare a d altri, semmai questo è il film più bello che abbia mai visto! perché non mi sembra di averlo fatto, ma visto da spettatore e da testimone. Lo ripropongo al pubblico e spero che si emozioni quanto me.

Claudia Vincenzino

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