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LA RIVISITAZIONE ROMANTICA DELLA TRAGEDIA GRECA  IN CHIAVE ONIRICA  PER LA CATARSI. GLI ISTINTI E LE NEVROSI, I MILLE VOLTI FEMMINILI D I  “ELETTRA” CON M. KUSTERMANN AL VASCELLO

Data:

Fino al 3 aprile 2023 al Teatro Vascello di Roma

Il grande drammaturgo Hugo von Hofmannsthal d’epoca indubbiamente romantica ed innamorato della tragicità shakespeariana pensava che , studiando i caratteri e la sensibilità dei personaggi dei drammi umani, si potesse comprendere, come allo specchio, ciò che agita l’animo dell’individuo, la sua più recondita sensibilità e le pulsioni, quali il denaro, la sessualità con la gelosia, il piacere della fama con il successo,  che sono spesso alla base della sua rovina. Lo volle dimostrare partendo dal capolavoro della personalità dell’uomo con i suoi connotati più specifici : vile, codardo ed ingenuo, o capace di riscattare gli affronti della vita con una forte personalità che non s’arrende di fronte a nulla. Ecco perché apprezzò molto la figura dell’eroe del “Bardo di Avon” che vendicò l’onore del padre tradito dalla moglie ed assassinato per congiungersi con il cognato Claudio, ma codesta non era una novità in quanto già nel mondo classico ellenico aveva avuto una trattazione impietosa nell’ambito delle corti monarchiche ed espressamente in quella di Micene nell’Argolide dove al ritorno vittorioso dalla guerra decennale di Troia Agamennone, che aveva dovuto sacrificare la figlia Ifigenia per ottenere il divino favore dell’Olimpo, era stato ucciso dalla regina Clitennestra con lo spasimante Egisto per contrarre nuove nozze. Da qui s’erano scatenati riosi nel palazzo reale ed ognuno dei protagonisti era diventato preda delle sue passioni, degli odi e degli incubi, che portava le due figlie Elettra e Crisotemide a prendere una posizione precisa, tanto da rappresentare il chiaro e lo scuro, il bene ed il male, che determinati avvenimenti provocano, mentre Oreste è nel mezzo e tuttavia finisce per essere manovrato sia da Elettra che dagli dei, di cui costituisce il braccio strategico operativo per ristabilire la nemesi o giustizia celeste davanti all’assurdo delitto contro l’osservanza delle norme sancite come limite all’individuo, quale già risultava dalla “ di Eschilo che terminava con la fecondità agraria delle “Eumenidi”.Il tragediografo tedesco analizza a fondo il mondo della corte micenea in un atto unico essenziale che Andrea Baracco ha ridotto in una tensione serrata di 80 minuti che vedono dominare la scena del Vascello, disegnata da L. Brinchi e D. Spanò come un ring centrale chiuso da bianchi pannelli in cui è  imprigionata sul trono la grintosa e decisa Clitennestra incarnata con autoritaria personalità dalla dinamica e fiera Manuela Kustermann, che nei panni della sovrana si lamenta che i lugubri sogni notturni non la fanno dormire e, appoggiandosi ad un bastone simbolo della vecchiaia, desidererebbe che la spietata e rabbiosa Elettra, rimasta orfana di padre le desse una parola di conforto e sicurezza di trascorrere in pace gli ultimi giorni;, invece la giovane è vista come un animale vendicativo per essere stata privata dell’affetto paterno ed assetata di sangue per placare il suo impeto primario e naturale, come troviamo parimenti attestato nelle leggi carnali elaborate in “ Antigone “dallo stesso
Sofocle, che poi sarebbe stato ripreso anche da Euripide. Il male sul piano umano non tiene conto di nulla e bada solo a farsi giustizia sommaria, similmente a quello spregevole gesto che ha commesso il padre di due figli che stavano dormendo in provincia di Varese : l’ha uccisi poiché la moglie stava per lasciarlo e per un genitore non c’è peggior malvagità che essere privato dei suoi discendenti,  del frutto della propria carne, comed fecero nella mitologia Medea e negli anni Sessanta Di Brigida. Se Flaminia Pezzoli è questa spietata iena che predice metaforicamente alla madre la sua fine come pena del taglione alla maniera di Tiresia che veva svelato la verità ad Edipo che poi s’era accecato per pagare il fio della colpa mortale verso il padre Laio, mentre a livello religioso il  Padre Eterno nel decalogo dato a Mosè nel roveto ardente sul monte Sinai insegna a non  uccidere ed a placare l’ansia di rancore e giustizia sommaria con il perdono dato che un giorno verrà il giudizio universale e tutti dovranno rendere ragione del loro operato. Crisotemide infatti accetta tale discorso  di purezza ed innocenza, non cova rancore e risentimento verso la madre e ciò la fa essere serena e tranquilla, composta come “alter ego” di Elettra ed il regista ce la presenta con un candido vestito bianco da novizia con un dolce fiore nella capigliatura, che Carla Gamba indossa con signorile eleganza. Nell’ armadio alle stampelle e grucce sono sospesi abiti bianchi che significano, come gli “Spettri “ di Ibsen, i fantasmi degli esseri maschili che sono nelle menti e coscienze di questo incandescente campionario di figure femminili. Perciò abbiamo assistito ad un teatro di parola privo degli orpelli di pathos mitologico, retorica e Storia per assurgere a denuncia di quello che avviene oggi nelle famiglie animate da sentimenti spesso violentemente contrari, quali il ragazzo di 28 anni che ha soppresso la madre nel .sonno come avevano già fatto Erika ed Omar vicino a Novara od i numerosi uxoricidi che per lo più accadono tra coppie sposate o prima fidanzate e che successivamente scoppiano e con disumana spietatezza ci si vendica dando la morte o rovinando l’aspetto fisico di colei che ha troncato la relazione, come l’avvocatessa di Pesaro, con l’acido muriatico o la benzina e l’alcool. Insomma c’è la crisi della famiglia, prima “cellula domestica” della società civile e per lo più non s’è disposti a perdonare, essendo i legami sovente troppo fragili e sentiti per la maggio parte alla guisa di catene che, se non ravvivato l’Amore con l’Eros giorno per giorno , si tende facilmente a spezzare. Come giustamente richiama il sottotitolo “tanta famiglia e poco simili” è una giusta indicazione per rilevare che il numero non fa l’unione, parallelamente a quanto aveva già rimarcato il vecchio e talentuoso regista Mario Monicelli in “Parenti serpenti”
che riscosse enorme interesse e conseguente successo sul megaschermo agli inizi del nuovo secolo. Lo spettacolo sarà replicato al Vascello fino a domenica prossima per riflettere su questa criminale piaga sociale, che la cultura ed i “ mass – media” ripropongono quotidianamente.

Giancarlo Lungarini

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