Questa lirica nasce dalla suggestione provocata nel poeta dalla vista di un documentario sulla città ucraina di Pripyat, evacuata a causa del disastro di Chernobyl, e che giace tuttora in abbandono, come il suo parco giochi, ormai ridotto a una visione spettrale e per questo tanto poetica. In tutto questo però c’è un qualcosa di positivo, perché la natura si è rimpossessata di quel luogo un tempo dimorato da uomini: un barlume di speranza nella tragedia.
Questi versi sono molto evocativi e intensi. Pur mantenendo il suo aspetto poetico, questa poesia si pone in un piano di narrazione, con l’Autore che descrive atmosfera e sensazioni in modo vividamente pittorico. Lo scrittore è abile nel giostrare le rime in modo non scontato, dando vita a una bella musicalità. Si tratta di una lirica ossimorica che gioca con la contrapposizione tra gli opposti, dove nella piena ombra è possibile infine ritrovare un piccolo barbaglio luminoso, in grado di regalarci un finale in qualche modo ottimistico.
Stefano Duranti Poccetti
Il luna park dopo il disastro
Giacciono immobili e silenziose le rovine dell’umanità
Ricordo di ciò che era, monito per quel che non sarà
Il sole troppo debole non scongela la speranza
che attende ancora, là dove prima era l’abbondanza
Ma la vita, scacciata da quel luogo in un solo giorno,
si è riappropriata di ciò che le apparteneva,
flora e fauna ignare hanno preso nuova dimora
costruendo il miracolo del ritorno.
Francesco Vignaroli