LA RICOSTRUZIONE STORICO – CULTURALE DEL PRIMO QUARTO DEL XX SECOLO ALLO STABILE DI ROMA. LO SQUADRISMO E LA BARBARIE  OMICIDA PER LA NASCITA DEL REGIME CON M. POPOLIZIO IN “M “

Data:

Fino al 3 aprile 2022 al Teatro Argentina di Roma

Nel mondo della cultura intellettuale vi sono rapporti intrinseci e profondi tra i capolavori letterari dei massimi autori ed il mondo del teatro, che spesso ha ricavato dai romanzi e dalle commedie dei maggiori scrittori italiani e stranieri degli stupendi lavori per il palcoscenico, che ha confermato il successo che avevano riscosso al loro primo esame critico da parte dei lettori. Se ce ne fosse stato ancora bisogno la conferma è venuta dal trionfo che ha  avuto sia al Piccolo di Milano che all’Argentina qui da noi a Roma l’adattamento per il teatro da parte del brillante attore genovese Massimo Popolizio del romanzo storico in due libri di Antonio Scurati sugli inizi del Novecento e la figura del romagnolo Benito Mussolini, che vinse il Premio Strega nel 2019 a Villa Giulia sede del Museo Etrusco. La  geniale bravura del talentuoso interprete è stata non solo quella di condensare in poco più di 200 minuti il “best seller” basato sull’investigazione dei principali aspetti economico – sociali e politico civili della prima fase quadripartita del secolo scorso, ma di sdoppiare intelligentemente in due la personalità del maestro scolastico di Predappio in provincia di Forlì, che aveva diretto “L’Avanti” ed era stato tra i socialisti interventisti per l’entrata nella Grande Guerra dell’Italia che, poi con il Patto di Londra firmato da Sonnino, era passata alla  Triplice Intesa dopo la “settimana rossa”. Durante questa c’erano stati degli scioperi violenti, scontri di piazza e manifestazioni di protesta per cui il governo Giolitti era caduto ed era subentrato Salandra. Di tale sbocco militare sono stati lasciati sulla scena “Gli Arditi” formazione paramilitare costituita da veterani ex sezione speciale della fanteria, creata il 21 giugno del 1917 dall’ex tenente Argo Secondari con anarchici, operai, socialisti e rivoluzionari, ispirati dalle sommosse leniniste di Mosca, contro i borghesi e capitalisti che avevano visto ridimensionato il loro benessere dal biennio rosso del 1918 e ’19 , in cui D’Annunzio cieco da un occhio per un incidente aereo, occorsogli prima di gettare manifestini su Vienna e per cui aveva potuto comporre “Il Notturno”, aveva condotto l’impresa del Quarnaro con le bocche del Cattaro ed aveva fondato la Repubblica di Fiume non prevista dal trattato di Versailles del 1919.Straordinario protagonista nei panni del “vate” con la benda all’occhio è stato Riccardo Bocci, mentre un esponente culturale a favore dell’energico vitalismo dinamico della guerra, che seleziona la razza, la classe dirigente ed afferma il linguaggio sostenuto, vigoroso e frenetico senza punteggiatura, era stato Tommaso Marinetti ricordato con il suo Manifesto del 1919. A lui dà classica espressività Tommaso Cardarelli, con le proiezioni sullo schermo di fondo del palcoscenico di immagini di reperti del Luce di Cinecittà. Ciascuno dei 31 quadri con i 18 attori della compagnia che l’illustrano riporta scritta la didascalia dell’evento e perciò è facile seguire il “plot” della vicenda, essendo sufficiente un’accettabile preparazione didattica per ritrovarsi nell’intricato svolgimento dell’intreccio. Intanto Mussolini era stato espulso dal partito socialista, già sorto nel 1892 con Turati e Costa quale partito dei lavoratori ed aveva propugnato il movimento dei Fasci, simbolo dei consoli e degli imperatori vittoriosi dell’antica Roma, che s’erano scontrati nelle piazze con le donne ed i manifestanti della sinistra, dopoché le Camere del Lavoro erano state assaltate e distrutte dalle squadracce fasciste, com’è successo in autunno con l’assalto di Forza Nuova alla CGIL devastata in via Po. Alcuni libri erano stati distrutti ed altri avevano avuto le pagine tagliate in quanto contenevano principi libertari e democratici che andavano contro l’ideologia del potere, come poi sarebbe accaduto con il rogo dei testi dei nazisti ed oggi con la violenta repressione della stampa e della contestazione a Putin per la guerra in Ucraina, che prevede la reclusione fino a 15 anni , rischiata ora da una  giornalista con un cartello di plateale dissenso in TV dalle decisioni dell’ex colonnello del KGB. Tale parte politica e strategicamente pianificatrice del progetto della scalata al potere è portata avanti da Tommaso Ragno, che l’icrementa dopo la clamorosa e secca sconfitta del 1919 in quelle che furono chiamate elezioni rosse quando i fasci erano appena nati; tra le donne ricordiamo la socialista Ida Dalser impersonata da Diana Manea fiera oppositrice del Duce e l’intellettuale Margherita Sarfatti impersonata da Sandra Toffolatti “ anima guida e seduttrice” del rampante maschio latino reso con magistrale ironia dall’istrionico e camaleontico Popolizio, che con la sua sorniona personalità e fascino da “leader” era riuscito a suggestionare le masse, al punto che bastava un suo ammiccamento, una sua prolusione o semplice battuta spiritosa che la gente batteva ritmicamente le mani facendolo assomigliare alle macchiette di Petrolini. Codesto è stato il vertice della parabola ed il punto più spassoso del primo tempo con una sarcastica caricatura grottesca. Contraltare della Sarfatti e donna custode del focolare domestico senza voce in capitolo era Rachele Mussolini che gli metteva al mondo i figli e nel cast dei diciotto attori , impegnati ciascuno in più parti, è rappresentata da Beatrice Verzotti, che dà vita pure alla lussuriosa contessa popputa Giulia Mattavelli corteggiata per le sue procaci grazie dai militari fascisti. Il secondo tempo è invece dominato dalla contrapposizione dei suoi avversari, tra i quali ricordiamo il socialista Pietro Nenni, mandato al confino  nel carcere di Santo Stefano con Spinelli ed Pertini, nonché Italo Balbo che voleva un posto di capitano ed un alto stipendio, denigrando pubblicamente il futuro Duce per le scarse virtù militari che lui avrebbe mostrato come celebre aviatore e Paolo Musio è encomiabile nella duplice parte. Tuttavia il suo più fiero oppositore politico fu il deputato socialista di Rovigo Giacomo Matteotti che denunciò in Parlamento i soprusi, l’ angherie fisiche e gli spregiudicati delitti delle squadracce fasciste, mentre intratteneva un carteggio epistolare decennale con la giovane dottoressa rovigina Velia Titta rappresentata da Francesca Osso, che gli infondeva forza e coraggio. Intanto c’era stata  la marcia su Roma partendo da Napoli nell’ottobre del 1922, in quanto il Re vittorio Emanuele III non aveva firmato lo “Stato d’assedio” richiesto dal Facta  e nelle votazioni del ’24 il PNF nato nel 1922 aveva riportato una larga messe di voti, al punto da divenir ancor più feroce ed il criminale Amerigo Dumini , nei cui panni vediamo disimpegnarsi con la giusta protervia ed arrogante prevaricazione Alberto Onofrietti, aveva rapito ed ucciso Matteotti nella campagna romana. Qui vediamo il magnifico filmato bianco e nero del funerale pieno di gente mesta ed affranta In Veneto, nella terra per cui Matteotti con la sobria e sublime recitazione scenica di Raffaele Esposito s’era battuto, Mussolini nell’ultimo quadro del 3 gennaio 1925 aveva dovuto confessare orgogliosamente in  Parlamento “ Se il fascismo è stato un’associazione a delinquere, io sono il Capo di tale associazione. A me è toccata la croce del Potere.” Si può dire che ciò va bene pure per l’odierno Putin e dunque i ragazzi delle Superiori che hanno assistito con i loro docenti allo spettacolo hanno potuto fregiarsi d’una lezione di Storia e Democrazia attualizzata, che tuttavia va completata con la conoscenza ed il giudizio sulla gestione della dittatura da  parte di Mussolini, figlio della decadenza morale e civile del suo secolo, fino al 25  aprile del 1945.. Le scene erano di Marco Rossi ed i costumi del primo periodo del Novecento di Gianluca Sbicca. Lo spettacolo si replica fino a domenica al centro di Roma.

Giancarlo Lungarini

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