Tre poesie di Gian Piero Stefanoni

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LA VILLA DI MASSENZIO

 

Attorno al cerchio che dalle mura

poi è circo, il recinto del padre:

la separazione nella vastità del gioco

nella distanza dalle grida al petto.

 

Lo spazio quello di una divinità filiale

oscura all’Impero, di una carne

che nella sprone invita ma diffida alla lotta.

 

“Aleggia, Valerio Romolo,

non confondere. In un mondo per te breve

tienti l’ombra. Ciò che fu pista e coro,

di senso- e di te-illusione animale

io ho raccolto in una pugna

che la croce non raccolse”.

All-focus

ALMONE

 

Ciò che si compie

è fatto di affluenti

senza il cui corso

il fiume non arriva.

 

L’ Almone ricorda

il destino senza tempo del civis

attorno a cui Roma

nelle sue cadute si distende.

 

Nell’impassibile umiltà

del suo procedere lo celebra, lo bagna.

 

 

L’IDIOMA LUCENTE          

(Palatino)

 

L’idioma lucente scoccato dal volto,

rivelato dal fiume- l’idea nell’accordo

che l’acqua non cancella ma riflette

nelle parti della colonna e dell’edera

dice del frammento la soluzione

della forma, il mattone dell’ente.

 

La storia sul tetto di fronde- mi chiedo-

l’ulivo ancora all’ombra dei maestri.

 

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