Sull’individualismo. Di Massimo Triolo

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Ora vi dichiaro cos’ è Oggi l’individualismo, a mio modo di intendere e vedere. L’individualismo nella sua forma più avanzatamente spinta, è oggi la brutta maschera di se stesso. Concepisco un buon individualismo alla stregua di Nietzsche e comunque risalendo al significato originario della parola “individuo”: ovvero nel significato di indivisibile. Ma questa forma di integrità e interezza è ben distante dal rapace individualismo che regna e vive di mezzucci e mercanteggio, di beni o di idee fa lo stesso… Non è una vocazione elettiva ma un basso istinto di parassiti che usano, posseggono, ma sono ben lontani dall’essere, proprio in quanto beneficiano della compagine sociale secondo una morale dell’utile ma non sanno immaginare un sacrificio del miele presso di essa in forma di collettività, e anzi svillaneggiano sbandierando e strombazzando la propria autonomia. Sono, essi, una contraddizione che vive, e vive appunto di bassi mezzi e espedienti miseri. Quando Rousseau concepiva l’individuo come al numeratore di una frazione e le persone, o meglio la somma delle persone con cui esprimeva legame, al denominatore di essa, è ovvio che ritenesse assottigliarsi il numeratore quanto maggiori fossero quei rapporti. E in questo l’unicità e il suo intero, il suo nocciolo di indivisibilità, si assottigliano… Ma per capire questo occorre avere rispetto per l’eremita, per il cuore romito di chi cerca purezza nell’isolamento o nel grembo di una natura non ancora imbastardita con la civiltà. Ho un grande rispetto per l’eremitaggio, ma non riesco a soffrire chi pratica una solitudine affollata, e di rapporti che vede solo funzionali all’ottenimento di qualcosa (assai spesso materiale o vantaggiosa materialmente) entro una scala criminale e carica di egotismo, in cui si sente cacciatore, ma non ha la fierezza del vero cacciatore, in cui egli si sente solo ma non ha la fierezza di chi sa coltivare la solitudine. Il suo aspetto rapace è una smorfia della fierezza dell’aquila, e la solitudine cui è condannato è peggiore certo di quella che professa sentendosi il ganglio del mondo nella sua individualità.

Massimo Triolo

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