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Giorgio Lupano è tornato a Verezzi con la favola di Fitzgerald. Tra poche ore sul palco Lello Arena e giovedì 28 “Piccoli crimini coniugali”

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Savona. Si susseguono gli appuntamenti del 56° Festival teatrale di Borgio Verezzi. Ancora poche ore e, martedì 26 luglio (alle 21.30), sul palco di piazzetta Sant’Agostino ci saranno Lello Arena e Massimo Andrei (anche regista) per “Aspettando Gódot” di Samuel Beckett. Con loro: Biagio Musella, Elisabetta Romano, Esmeraldo Napodano, Angelo Pepe e Carmine Bassolillo. Un testo che “acquista nuovi profumi e un punto di vista diverso proprio quando entra in contatto con il Dna dei figli di Napoli” e che, come ha anticipato Arena in una recente conferenza stampa, “avrà l’accento sull’ultima sillaba come voleva l’autore”. Infatti chi potrebbe avere più chance per accontentarlo meglio dei napoletani? Interpreti che “conoscono e portano scritto nella loro storia e sul loro corpo il linguaggio comico fuso in modo poetico con quello dolente, per narrare il cupo delle nostre anime, ridendo e giocando”.

A seguire, ritornano le prime nazionali con “Piccoli crimini coniugali” di Eric Emmanuel Schmitt, in calendario giovedì 28 luglio. Sotto la regia di Nicola Pistoia, a calcare le scene saranno Giancarlo Fares e Sara Valerio per un testo “noir” che vede il protagonista tornare dall’ospedale dopo un brutto incidente domestico che gli ha fatto perdere completamente la memoria. Ma siamo sicuri che le cose stiano proprio così? Forse mente? Forse mente la moglie? Una pièce presentata come “una riflessione sulla madre di tutte le guerre: quella dentro la coppia”.

Ma facciamo un passo indietro nel calendario nella Rassegna verezzina e ritorniamo a ieri sera, domenica 24 luglio, quando ha debuttato “La vita al contrario / Il curioso caso di Benjamin Button” di Francis Scott Fitzgerald, regia di Ferdinando Ceriani, che ha visto protagonista Giorgio Lupano affiancato dalla ballerina Elisabetta Dugatto.

Cosa succede se si nasce vecchi e si muore nella culla, incapaci ad acchiappare quelle “cose” che ci svolazzano davanti agli occhi? Prova a descrivercelo l’attore in una rappresentazione che incatena il pubblico per un’ora e venti minuti: è una fiaba, pertanto tutti i “perché” vanno in esilio. Una prima nazionale che si avvale dell’elaborazione teatrale di Pino Tierno e dell’ideazione scenica di Lorenzo Cutulli, per mettere a fuoco Nino, il protagonista, che si muove sul palco col corredo solo di una vecchia valigia, su un fondale di pannelli divisori, trasparenti all’occorrenza grazie ai giochi delle luci. Ma Lupano non è solo Nino, è anche il padre, la madre, gli amici, il rettore dell’università, il figlio… ognuno con la sua voce e un po’ di mimica.

Dugatto si presta a essere figurante muta che ora è balia che fugge inorridita e ora la ragazza di cui si innamora, per poi vestire i più appropriati panni di danzatrice che veleggia sulle note in voga del momento (colonna sonora di Giovanna Famulari e Riccardo Eberpacher, costumi costumEpoque).

La favola inizia nel 1860, il momento della nascita di Benjamin, che ha l’aspetto di un settantenne, quindi dovrebbe terminare più o meno nel 1930. A più riprese, il ticchettio di un orologio scandisce il passare del tempo e incute timore all’one man show, che quasi lo supplica di attendere, che deve spiegare…

Tanti fogli ingialliti cadono a terra mentre cerca di riflettere e riprendere il filo del discorso, che a tratti s’interrompe: tempo per ripetizioni non ce n’è, la vita ha le sue esigenze, anche se questa si dipana “al contrario”.

Chissà che gioia aveva nel cuore il padre di questo bimbo tanto atteso, se non riesce ad attendere la fine di una riunione di lavoro per correre a casa e conoscere il figlioletto. Trepidazione che si scontra presto con il desiderio di fuga del dottore, anche lui come poi la balia, e che neppure riesce a spiccicar parola di fronte alla mostruosità dell’accaduto. Perché il piccolo/vecchio ha bisogno di un bastone, di vestiti appropriati, odia il latte e non si diverte a giocare col sonaglino.

Lupano ripercorre tutte le tappe che caratterizzano una vita, solo che avvengono a ritroso: è subito che gli verranno tinti i capelli, non poi, ed è subito che ruberà i sigari al padre. Presto rimarrà in un angolo all’asilo (perché i documenti sono a posto, è lui che si annoia) e non capirà cosa ci sia di divertente nell’incollare le striscioline colorate sul cartoncino verde. E quando dovrà andare all’università? Barriere insuperabili dovute all’evidenza che non ascolta ragioni.

Ma, a fronte di tutto questo, anche momenti preziosi in cui padre e figlio paiono fratelli quando le età si equivalgono, e più avanti ancora, quando parranno fratelli lui e il figlio che ha avuto da Bettina, un figlio che cresce su precisino e tutto a modo, che arriverà a vergognarsi di lui e gli chiederà di chiamarlo “zio”…

Già, Bettina. La donna di cui si è innamorato arriverà a dargli anche un figlio, dopo averlo trascinato da una festa all’altra. Ma giungerà anche il momento in cui si stancherà di tanta frenesia giovanile e andrà a svernare sulla costa, guarda caso mentre lui sta attraversando gli anni di pieno vigore (ora sì, ben accetto nell’università e nelle competizioni sportive), finché il suo aspetto fisco non corrisponderà a quello del nipote, e ne condividerà i giochi e finalmente amerà il latte e le merende, poi solo il latte e poi…

L’ambientazione qui è italiana, il signor Button si trasforma in signor Cotone, riascoltiamo l’inconfondibile voce di chi si concedeva al balcone e gli inni legati alle sommosse sociali. E, tra guerre, balli, canzoni e costumi a vita bassa, anche Nino-che-nasce-vecchio-e-muore-bambino si avvicina alla morte, perché “andiamo tutti nello stesso posto, solo che per arrivarci prendiamo strade diverse”. Così Nino si approssima alle sue ultime ore quando le manine non riusciranno più ad afferrare gli oggetti, quando il tempo passa tra sonno-latte-sonno, quando piange, piange e basta, e poi…

Bravissimo Lupano, instancabile soprattutto nel tratteggiare il suo personaggio, con quel tono di voce rauco che piano piano si trasforma in quello vivace di ragazzino imberbe. E, sotto le stelle, la favola diventa credibile, e inquadra un padre che si interroga sulle mille stranezze della vita e decide di accettarla per quella che è, invitando il figlio a fumare un sigaro con lui. Uno tra i momenti più belli.

Bella anche la velocità con cui svela il colpo di fulmine verso Bettina, l’odio che prova per quel ticchettio che lo perseguita, il trasporto che nutre per tutti i consanguinei e il desiderio di accontentarli, magari scegliendo se è il momento di spaccare tutto per essere come gli altri o per rinchiudersi in camera e nascondersi. Una giostra di sentimenti dove c’è posto per la rabbia e il sorriso, e dove non manca neppure l’adattamento alle circostanze quale scudo di fronte alla curiosità morbosa di ipocriti amici.

Un testo difficile e una prova superata per Lupano, di cui è consapevole visto che si sfoga “baciando” la valigia durante la premiazione finale. Dugatto aggiunge leggerezza e vaporosità al copione, fascino all’ambientazione e connota magnificamente il dopoguerra. E se queste cose sono di utilità, forse il momento così lungo verso il finale andrebbe suddiviso in due momenti diversi? Comunque sia, uno spettacolo da non perdere.

Accennavamo a una premiazione, prima. Infatti il sindaco di Borgio, Renato Dacquino, e il vicepresidente della Camera di Commercio delle Riviere liguri, Angelo Berlangieri, hanno consegnato a fine spettacolo, nelle mani di Lupano, il riconoscimento destinato ogni anno alla rappresentazione di maggior successo della passata Rassegna teatrale e che, per l’estate 2021, è stata “Tre uomini e una culla” di Coline Serreau. Nel cast, con Lupano, anche Attilio Fontana e Gabriele Pignotta (quest’ultimo pure regista). Nella breve cerimonia si è ricordato quanto sia importante, per il turismo, promuovere il teatro e la cultura in genere e quanto la località di Verezzi sia oggi particolarmente “rinomata” grazie al Festival, all’accoglienza e alla peculiarità del territorio. Discorsi sciolti, in linguaggio non politichese, che hanno visto anche il ringraziamento al direttore artistico Stefano Delfino, e che hanno diffuso per piazzetta Sant’Agostino un senso di partecipazione, tra gli applausi convinti del pubblico e la commozione sul volto del primo cittadino. Per la cronaca, Lupano ha voluto che il premio fosse consegnato alla produzione Artisti Associati di Gorizia, per lo spirito di investire sia su commedie più “leggere”, come appunto lo spettacolo premiato, che su pièce più impegnate e meno “di cassetta”, come appunto la fiaba di Fitzgerald.

Tutto il programma del festival su www.festivalverezzi.it, 019.610167 (nella foto, Giorgio Lupano ed Elisabetta Dugatto).

Laura Sergi

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