Dal 17 al 29 gennaio 2023 al Teatro De’ Servi di Roma
Come si sa, l’individuo è un composto d’anima e corpo, ilemorfismo lo chiamava Aristotele questo aggregato individuale, per cui il singolo comportamento dipende tanto dalla ragione e dal pensiero che, se ben formati ed educati, ci mostrano le linee più a noi confacenti alle nostre inclinazioni ed attitudini mentali e spirituali, quanto dal corpo che, a seconda dei cromosomi e del DNA, propende per una delle due metà della fisicità umana, ovvero dello ying e dello yang nella fenomenologia orientale. In poche parole si tratta di quell’identità di genere che il disegno di Legge Zan voleva fosse affrontato in Parlamento e che fu accantonato per l’opposizione dell’attuale maggioranza, per cui non se parla più grazie alla frattura della vecchia coalizione progressista di sinistra che non ha dato vita al “campo largo” e che per la persistente spaccatura andrà probabilmente incontro alla disfatta nelle regionali del Lazio. Sovente non ci si sente bene nel proprio corpo in quanto si hanno pulsioni istintive e tendenza naturale verso l’altro sesso e quello in cui siamo l’avvertiamo come una prigione. In codesta situazione siamo portati a vivere come fossimo l’altro essere desiderato ed ecco allora il travestitismo, le parrucche ed i vestiti femminili o promiscui che inducono i compagni disinibiti a prendere di mira queste creature fragili ed a bullizzarle sui social, al punto che molti di tali soggetti non riescono più a reggere l’onta dell’offesa, del disonore e della vergogna, arrivando a suicidarsi per la distruzione della personalità e la frustrante depressione . Nei casi migliori si giunge a sottoporsi alle dolorose operazioni di mutazione genetica e ne potremmo citare tante, da quella più famosa di Wladimir Luxuria ad altre di semplici figure della comunità civile, specialmente ragazzi/e e giovani che possiamo notare nei dossier televisivi. Siffatto argomento per rivendicare la dignità e la libertà di ciascuno d’essere quello che più naturalmente desidera e del sentimento etero od omosessuale che desidera condurre con il proprio partner è stato oggetto della riflessione arguta e brillante dello scrittore di costume Aldo Nicolaj con il copione d’impronta sessuale “Di che sesso sei?” dove si tratta disinvoltamente la tematica, partendo dal frizzante siparietto iniziale delle tre “drag queen” in scintillante abito grigio imperlinato, che poi torneranno musicalmente a metà dello spettacolo che dura in tutto 90 minuti senza intervallo. I coprotagonisti sono tre e danno luogo ad un frenetico tourbillon di gag e fregolistiche macchiette estemporanee: c’è l’amante impenitente e focoso, seducente con il suo corpo possente messo in risalto nella sua integralità, che è Dario interpretato alla maniera del pigmalione e “ maschio ruspante “ latino da Stefano Masciarelli che arde dall’irresistibile passione per Wanda, che vorrebbe godersi in un lussurioso amplesso, ma questa lo “tiene al guinzaglio” facendogli credere che sta per tornare il marito Lucio che non è più partito per Berlino avendo avuto uno scontro verbale e quasi fisico con il gay Orlando. Questi era stato fatto sfilare da Lucio, che è un creatore di moda quali Versace, Armani, Valentino e Fendi, vestito da donna in una passerella femminile per nuovi capi e qui c’è il problema delle modelle eccessivamente anoressiche, che per soddisfare le case delle creazioni dell’abbigliamento mondano e di classe spesso sono troppo magre e rischiano la salute. Wanda dunque, fingendo che quello che sopraggiunge sia il marito mentre in realtà alla fine si scoprirà un altro dato di stato civile tra i due, induce Dario a camuffarsi da gran dama e ciò inganna lo stilista che è veramente dell’altra sponda ed avverte sorgere in sé la frenesia per la presunta Daria che vuole accompagnare a casa ove il filiforme Bruno ospitato da tre anni per essersi separato dalla moglie e non saper dove andare ad abitare ha deciso d’insediarsi dividendo l’appartamento e le relative spese. Intanto lì s’è rifugiato anche il modello travestito che le vere modelle volevano picchiare per l’illecita intrusione nella sfilata e che reputa dignitoso farsi trasformare chirurgicamente in Clementina, convincendo Bruno, sorpreso e scandalizzato dalla supposta nuova svelata identità di Dario, a provare pure lui a mettersi le calze di seta e la “guepierre” per provare l’effetto che fa. Lucio porta i suoi capi sartoriali e si scatena una sarabanda d’equivoci, cambi d’abito sfolgoranti e tresche seduttive che non vi sveliamo, per non togliervi il piacere di recarvi ad osservare il lavoro al teatro dei Servi a Largo Chigi. Aggiungiamo solo che in un certo frangente perviene pure l’inventrice del piano tartufesco, per riprendere il personaggio molieriano con la sua subdola strategia adulatoria ed artificiosamente pianificata nella sua tattica ingannatrice, con una rivoluzionaria genetica sessualità, un vestito grigio a righe e cappello bianco in testa da “ padrino” della mafia, che ora dopo la cattura di Matteo Messina Denaro sono diventati più rari e c’è da aspettarsi un ricambio generazionale. Quello che sorprende è che non tutti a Palermo e soprattutto Trapani abbiano festeggiato i Carabinieri per la cattura con una straordinaria operazione, poiché a Campobello di Mazzara e Castelvetrano la popolazione lo ritiene ancora una persona perbene e per trent’anni ha fieramente difeso la sua libertà pur conoscendo dove stava, in quanto il vero Bonafede che gli aveva comprato la casa bunker con preziosi oggetti ed abiti, il medico curante e le donne con cui aveva rapporti potenziati dalle pillole e faceva la chemio a Palermo nella clinica dove l’hanno arrestato, sapevano il suo indirizzo. Insomma è quella “borghesia mafiosa” di cui hanno discettato il Procuratore dell’urbe di Mattarella il magistrato inquirente De Lucia ed il giornalista conduttore de “Il cavallo e la torre” su RAI 3 Marco Da Milano. Wanda, dichiarando che da principio era Peppino, fa esplodere i fuochi d’artificio finali di questa vorticosa sarabanda in cui la platea potrà disporre in ordine la sessualità di ciascun personaggio e meditare sulla sua vera sfera genetica ciascuno spettatore, senza dover renderne conto a qualcuno dato che codesto rientra nei diritti inalienabili della persona umana. La commedia, il cui titolo originale nel testo di Nicolaj era “Il Passo della Pantera”, è stato allestito in prima assoluta in 12 giorni dal regista Marco Simeoli, assai talentuoso nel ricavare il massimo del divertimento dall’introspezione psicologica dei personaggi, che intende riportare in auge un autore non sempre valutato per come socialmente dovrebbe essere pure per la sua vena comica e che lo stesso Simeoli dirige per la prima volta nella sua carriera. Le caustiche molteplici, intrecciate, gag del “vaudeville” non tolgono, anzi accrescono, ai 5 elementi della pièce la loro genuina umanità, verità e decoroso rispetto, anche se la credibilità d’ognuno talora è paradossale , inverosimile e grottesca, assurda per esagerazione o barriera insuperabile per logico raziocinio e conformazione fisiologica, per esempio i tipi di Masciarelli e della fiorentina Maria Carla Rodomonte, che non solo incarna Anita ma ha altresì prodotto il lavoro. Gli altri attori di questo iperbolico ed efficace cast sono : Massimiliano Auci, Franco Sciacca ed Andrea Ruggeri. Gli interni borghesi delle residenze di Lucio e Wanda, nonché di Dario e Bruno, sono stati realizzati scenograficamente da Alessandro Chiti. Lo sfolgorante e ludico, irriverente e dissacratorio, spettacolo sarà replicato al teatro de’ Servi fino al 29 di questo mese.
Giancarlo Lungarini