Al Teatro Carlo Felice di Genova, dal 24 febbraio al 5 marzo.

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Al Teatro Carlo Felice di Genova, dal 24 febbraio al 5 marzo

Scriveva Calvino che un classico si riconosce perché non ha mai finito di dire quello che ha da dire. E così la “Tosca” di Puccini, rappresentata per la prima volta oltre un secolo fa, continua a parlarci, a farci riflettere, a emozionare, con sorprendente attualità.

Si potrebbe dire che ininterrottamente, fin dal debutto, a Roma, 1900, l’opera di Puccini fece discutere, e non abbia mai smesso. La prima controversia fu legata al fatto che Tosca, protagonista femminile, trova la forza di agire anche con violenza, per difendersi. La censura religiosa dell’epoca ritenne che questo sconvolgesse l’ordine morale della società e mise in atto delle proteste. L’opera ebbe comunque un grande successo, che la accompagna fino ai giorni nostri, fino alla messa in scena di Davide Livermore per il Teatro Carlo Felice di Genova.

Famosa e amata in tutto il mondo, l’opera è stata messa in scena in più di cento paesi, contando ormai più di mille rappresentazioni. “Tosca” ha saputo trascendere i confini dell’opera e approdare sul grande schermo: nel 1941 con la regia di Carl Koch e Jean Renoir e, trent’anni dopo, con una rilettura sanguigna eppure delicata di Luigi Magni, e per protagonisti Monica Vitti nel ruolo di tosca e Gigi Proietti in quello di Cavaradossi.

La storia segue l’ardente e appassionato amore tra la cantante Tosca e il suo amante, il pittore Cavaradossi, mentre, sullo sfondo, la Roma papalina del 1800 non si è ancora ripresa dallo shock rappresentato dal pur effimero affermarsi della Repubblica Romana del 1799. Alla paura suscitata dal ricordo del recente passato, per il potere romano, si affianca l’angoscia per un futuro che si annuncia incerto e pericoloso, angoscia alimentata soprattutto dalle gesta di un giovane generale di origini còrse destinato dalla Francia rivoluzionaria alla campagna d’Italia: Napoleone Bonaparte.

Il potere con cui Tosca e Cavaradossi finiscono loro malgrado per confrontarsi è antico, ferito, e per questo ancor più freddo e feroce, incarnato dall’ipocrita avidità del barone Scarpia, capo della polizia. Tosca e Cavaradossi sono giovani, forti e si amano di amore sincero, e sarà proprio questa sincera ingenuità che lo scaltro Scarpia volgerà a suo vantaggio.

La profondità e il dinamismo della vicenda ci sono restituiti, anche visivamente, da una scenografia che è un vero e proprio personaggio dell’opera, accompagnandone il corso con un movimento fluido ed elegante, mentre ben studiati giochi di luce e di buio sottolineano gli slanci più alti e le più vili bassezze che si alternano in scena.

A livello musicale, “Tosca” è una combinazione elegante e potente di grandezza e intimità. L’orchestrazione maestosa tratteggia paesaggi sonori che conferiscono alla storia una sensazione epica, sapendosi però sciogliere anche in atmosfera e sentimento, accompagnando la vicenda, drammatica e delicata. Maria José Siri e Riccardo Massi strappano applausi a scena aperta con le loro interpretazioni delle immortali arie “Vissi d’arte vissi d’amore” e “E lucevan le stelle”.

Anche le melodie di Puccini, così come la trama di “Tosca”, non cessano di stupire per la loro modernità. Basti pensare che, ad esempio, un cantautore come Lucio Dalla decise nel 2009 di rivisitare l’opera in chiave pop.

Una volta di più, Tosca e Cavaradossi ci hanno appassionato al loro amore, che non ha saputo sfuggire alla tragedia, ma alla tragedia non si è mai arreso: forse perché quella storia è anche la nostra, quella di ciascuno di noi, che lotta per trovare la forza di combattere il tempo e il cinismo, traendo in salvo, almeno per il tempo di un’altra aria, la propria autentica umanità.

Damiano Verda

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