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La sarcastica parodia della trasmissione di Federica Sciarelli ai Servi con un bel duo

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Adesso non sono più solo i romanzi ed i film di successo a dare adito ed idea alla loro rielaborazione e trasposizione teatrale, ma pure le trasmissioni televisive ed i salotti letterari che fanno registrare il maggior indice di “audience” con elevati indici di gradimento o “share” e naturalmente il loro adattamento è sempre fatto con un una vena comica, arguta e grottesca per sottolinearne tutti i difetti e le discussioni, i riflessi interrogativi, che sollecitano negli spettatori. Ce ne siamo resi conto osservando al teatro de’ Servi a Largo Chigi il frutto dell’ultime fatiche di scrittura di Cinzia Berni, la stupenda ed affascinante bionda di mezza età autrice ed attrice di numerosi testi brillanti e d’indagine sociologica al femminile, con la spiritosa verve ed ausilio progettuale di Francesca Nunzi che ha portato il contributo della sua ormai lunga esperienza di palcoscenico con la conoscenza dei gradimenti del pubblico. Ebbene la coppia, dopo aver studiato la trasmissione della Sciarelli su RAI 3 sulla ricerca delle persone scomparse , da ultimo in particolare Emanuela Orlandi su cui il Vaticano ha voluto riaprire il caso dando tutta la sua collaborazione al Tribunale ordinario, ne ha tratto lo spunto lo spunto malizioso e fescennino per farne un’antitetica e libera rivisitazione agli antipodi delle sue originali finalità che ne segnarono la nascita a via Teulada. Se le persone scomparse non si volessero far trovare e pure i parenti desiderassero a loro volta che ciò non avvenisse? Ecco le domande che si sono poste intelligentemente le due ideatrici del soggetto scenico e che si sono equamente divisi i ruoli : la prosperosa e sexy, splendida grazia di Dio ben portata, la Berni nel ruolo della conduttrice e giornalista Federica, mentre la più snella, slanciata e spigliata con ricca verve, Nunzi nelle vesti dell’inserviente di studio, della donna delle pulizie con cu la presentatrice rifinisce gli ultimi dettagli prima d’andare in scena, come pure in quelle dei congiunti dei tipi umani spariti nel nulla. Da principio compare la moglie d’un inetto e disprezzato marito, poco di buono e pericoloso alla guida dell’auto, che le ha fatto accantonare la carriera di danzatrice in quanto improvvidamente l’ha travolta con la macchina , rompendole il femore, staccandole un piede ed un arto con conseguenze fisiche devastanti. Lei l’ha sposato per attuare la sua vendetta e farsi più agevolmente risarcire e lui, capite le pretese della consorte, se l’è tolta di mezzo scomparendo nel nulla; ora lei non lo cerca altro che per riavere il piede, per il resto dice alla Sciarelli, storpiandole fraintesa il cognome, “Lasciare lì” riferito al marito. Il tutto con un’esplosiva carica ironica e sfiziosa con la mimica gestuale, la postura del volto e la tonalità fonetica spiritosa, che mandano il pubblico in sala in un brodo di giuggiole e sfrenate risate. La seconda è una caratteristica vecchia bigotta calabrese, il lontano e storico territorio dei Bruzi popolo preromano ed italico, che piange più che il marito il fatto che da una decina di giorni non trova più il suo “uccello”, non quello dalle piume, bensì l’altro umano che soddisfi ancora le sue non sopite voglie sessuali. Intanto c’è l’altro gioco ludico che non manca mai in uno spettacolo che si rispetti e che mostra quanto spesso i conduttori e giornalisti televisivi, pur volendo apparire perfetti, di grande classe ed inappuntabili, vengano spesso disturbati sul lavoro dai familiari ed allora la supposta Sciarelli è continuamente assillata al telefono dalla madre, che prima si lamenta di non riuscire a vedere Rete 4 con i suoi programmi preferiti e poi afferma che le sembra, come alla presunta “Medium” Giada di Trevignano che rimanda alla Madonnina di qualche anno fa a Civitavecchia, che una delle statuine della Vergine che ha in casa trasudi, ma brava ed acuta, perspicace, giornalista le spiega che la soluzione, di facile intuito con preparazione di base, è un’altra. Tuttavia la sua pazienza viene messa a dura prova in maniera crescente con un umorismo impietoso ed esasperato dalle due successive ospiti in studio : la terza nei panni della sua assistente sostiene che il suo uomo qualche giorno prima l’ha cercata urlando dalla disperazione poiché, guardandosi allo specchio in bagno, s’è accorto che è sparito qualcosa del suo corpo che, secondo la donna, è il centro dell’interesse degli uomini, il loro orgoglio ed argomento chiave, confrontandosi sulle dimensioni in tutte l’amicizie , i circoli maschili e le sue espressioni lasciano la Sciarelli, incarnata con più sensualità e credibili sogni erotici degli spettatori dalla Berni, esterefatta ed incredula. Analogicamente siamo mentalmente riandati alla novella fantasiosa, assurda e grottesca, di N. Gogol nei suoi deliranti “Arabeschi” a cui appartiene la celebre storiella di valore etico de “Il cappotto”. La moglie non si dà tanta pena e preoccupazione per la scomparsa del “ fallo “ del compagno giacché questo non era un organo invidiabile ed agognato, quale compare in “Eros e Priapo” di Carlo Emilio Gadda, bensì un membro piccolo ed insignificante, assai ridotto e minuscolo, che le altre donne si possono benissimo prendere, se questo è il significato metaforico dell’allusione prospettata. Lei perciò non ci metterà molto a consolarsi ed al limite le basterà un canarino o cagnolino, che molte persone hanno scelto ed adottato come elemento di compagnia, con cui spesso possono pure parlare a guisa di quello che abbiamo sentito in “Preferirei di no” con Ivana Monti, la vecchia madre, al Manzoni. Ci mancherebbe solo che i cani diventassero dei robot e potessero anche parlare sfruttando la loro intelligenza artificiale, alla maniera di Asia che risponde come macchina elettronica od il “navigatore” ai nostri comandi. Peccato che poi sovente i possessori dei quadrupedi non si fermino a raccogliere le loro deiezioni per strada e le lascino sporche e scivolose, come la maleducazione di mettere le scarpe sui sedili dei mezzi pubblici dove successivamente siederà altra gente! L’ultimo cliente della sofisticata pièce teatrale è una giovane donna che è alla ricerca, questa sì, della sorella Camilla sparita, mentre lei ossimoricamente, alla Catullo nelle liriche per la sua Clodia o Cinzia poeticamente, è l’unico suo vero affetto. Alla fine si sentono grida fuori della sala di registrazione della RAI, le veementi urla contro Camilla ricomparsa per caso ed il disappunto della congiunta per averla fatta soffrire tanto con il suo stravagante e bizzarro comportamento. Dal canto suo la Berni / Sciarelli è piombata in un’improvvisa crisi neurologica e depressiva per la sofferta , travagliata ed angosciante, trasmissione tra i rimproveri degli intervistati ed i fastidi incalzanti della madre, un inquieto intercalarsi esasperante di casa e lavoro che l’ha messa a dura prova, facendole tra l’altro capire che esiste spesso un rapporto ideologicamente dialettico tra i parenti degli scomparsi e gli stessi : gli uni non aspirano a ritrovarseli tra i piedi ed i secondi sono svaniti per concedersi una seconda possibilità d’esistenza senza conflitti caratteriali, guai e problemi sociali, cosa che parecchi utenti televisivi hanno già da tempo percepito. Dunque , tirando le conclusioni, la Sciarelli impersonata dalla Berni afferma che quella andata in onda sarà, forse, l’ultima puntata dato che un gran numero di familiari e soggetti ricercati con messaggi e foto segnaletiche vogliono che “ci facciamo i c… nostri”. Parecchi, come a Roma ove proverbialmente vige l’undicesimo comandamento, l’avevano già compreso, arrivando a tirare le stesse risultanze e vedremo con trepidante curiosità che cosa ne penserà la nuova dirigenza RAI di destra. Uno spettacolo veramente gustoso, divertente ed allegorico , scatenato ed irriverente, per circa due ore che vi consigliamo di vedere con giuliva gaiezza fino al 4 giugno e potete ritirare, andando, pure il programma della prossima stagione con il comune denominatore di “Comicina”. Per il prossimo appuntamento con l’Estate sono pronte anche le programmazioni musicali e teatrali all’aperto con i consueti festival e puntuali rassegne stagionali, ma avremo tempo per riparlarne e commentarle.

Giancarlo Lungarini

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