“Rusalka” fa ingresso alla Scala

Data:

 

Al Teatro alla Scala fino al 22 giugno 2023

Ad Antonin Dvořák, conquistata la fama mondiale di compositore sinfonico e di musica da camera, mancava il riconoscimento della scena operistica, che pure aveva caparbiamente tentato di raggiungere. Alla fine riuscirà ostinatamente ad affermarsi, anche se delle undici opere solo Rusalka è diventata sufficientemente popolare da restare in repertorio e competere con le più popolari creazioni operistiche della musica cecoslovacca. Lontano dalla solare realtà di altri lavori contemporanei, lo charme di Rusalka risiede nei suoi crepuscolari umori, nell’effimera fiabesca atmosfera che la permea da cima a fondo. Qui risiede il grande contributo di Dvořák, opponendosi al realismo di altri lavori per il teatro in musica di suoi connazionali, porta nel melodramma del suo paese, per la prima volta, un racconto fiabesco: lavoro che s’incarna in un’artistica e completamente sviluppata opera cecoslovacca. In Rusalka, Dvořák mostra l’accresciuta capacità di scrivere un’opera, con accentuata inclinazione a un lirismo fiabesco, mai disgiunto da tensione drammatica. La popolarità di temi fantastici in quegli anni incontra la richiesta di un pubblico che, saturato dal periodo post wagneriano – in cui i successori, avevano appesantito le composizioni drammatiche – desiderava ardentemente il ritorno nell’intimo, al calore umano e a toni più cordiali. Non poche opere realizzate nell’ultimo decennio del secolo XIX hanno cercato di soddisfare questo desiderio con la magia dell’ambiente fantastico o popolare, ma quasi nessuno è riuscito a unire così felicemente il fascino del fiabesco con la ricchezza del contenuto lirico e della fantasia musicale come Dvořák è riuscito in Rusalka. Il libretto, scritto da Jaroslav Kvapil, guarda a leggende che hanno per protagonista una ninfa acquatica, Undine di Friedrich de la Motte o la Sirenetta del poetico Andersen, ma l’autore rielabora e sviluppa il tema introducendo elementi delle fiabe popolari e ballate ceche. Il testo dato a Dvořák, accanto alla magia e allo charme della fiaba, mescola elementi di forte drammaticità. Così questa elegiaca e al tempo stesso tragica favola sul conflitto di mondi inconciliabili – l’umano e quello della natura – permise a compositore di dispiegare il talento lirico nella struggente descrizione del magico paesaggio, intrecciato ai contrastanti sentimenti che agitano i due protagonisti. La composizione si dipana in un avvolgente profluvio melodico che va di pari passo con una sapiente e drammatica strumentazione, capace di catturare sempre più ammiratori. Migliaia le rappresentazioni che, solo a Praga al Teatro Nazionale, si sono succedute dopo il successo della prima rappresentazione, 31 marzo 1901. Opera mai rappresentata al Teatro alla Scala, ha avuto la sua prima rappresentazione alla Fenice di Venezia nel 1958. Nuova la produzione presentata sul palcoscenico del Piermarini, per la regia di Emma Dante. Olga Bezsmertna è protagonista indiscussa, voce ben proiettata e dagli acuti pieni e sicuri, spesso emessi a voce piena. Ricca di nuances, disegna una Rusalka drammaticamente lacerata, più che sublimata e malinconicamente struggente. Sicura nella celebre aria della luna, in cui trova accenti consoni e sognanti, si abbandona all’immaginifico pensiero della passione e la voce si espande. Bel legato e mezze voci. Del pari efficace interprete si mostra nel dolente finale. Dmitry Korchak era un partecipe Principe, generoso e sicuro vocalmente, acuti centrati e squillanti. Interprete convincente; appassionato come amoroso, mostra la volubilità dell’essere umano nell’incostanza dei sentimenti, irretito dalla magnetica principessa straniera. Personificata dalla travolgente tromba di voce di Elena Guseva, imponente nell’incarnare l’anima dell’altezzosa e prepotente femminilità. Vodník, lo spirito delle acque, aveva il cavernoso timbro di Jongmin Park, pur capace di finezze e piani vocali, in un’intrigante interpretazione. Credibile nel III atto, arricchendo il fraseggio di soffuse mezze voci. Okka von der Damerau, Ježibaba, la strega, dall‘inadeguato timbro, scuro solo in parvenza (in realtà carente di velluto e corpo, suona vuoto), spesso stridula in acuto. Scenicamente ondeggia fra una pacioccona Astrifiammante e la maga Magò della Spada della roccia, contornata da uno scodinzolante mostro peloso. Sicuro e valido il guardiacaccia di Jiří Rajniš, accompagnato dalla puntuale Svetlina Stoyanova, giovanile e timoroso sguattero. Gioiose le tre ninfe del bosco, tra cui svetta Juliana Grigoryan, accanto a Hila Fahima e Valentina Pluzhnikova. Valido cacciatore di Ilya Silchukou. Direzione travolgente di Tomáš Hanus, pregnante e sensibile nei passi lirici ma magniloquente nei passi concitati, tendendo a spingere sulla massa sonora più che sviluppare un intrinseco fraseggio drammatico. La regista Emma Dante segue la linea della fiaba, alla Sirenetta disneyana, con tanto di sincronette che sguazzano (come un po’ tutti in scena) nella vasca d’acqua, accentuando e sovraccaricando di simbolismi, a volte inani: una biga-carrozzella per la protagonista incapace ancor di reggersi, uncini che la sorreggono, tentacoli medusei, veli rossi a lingue di fuoco, altare su cui far la pozione… e creature infere nere e pelose, sullo sfondo di una foresta incantata che si anima di scimmie e alberi semoventi. Il momento migliore è il II atto, con il prezioso interno del castello, di blu tappezzato e popolato di strani ospiti che divorano i tentacoli della protagonista. Scene di Carmine Maringola, costumi sgargianti e vistosi di Vanessa Sannino, coreografia prevedibile di Sandro Maria Campagna. Un’ovazione accoglie la protagonista all’apparizione finale, festeggiassimo il direttore, entusiasmo per il resto della compagnia. Recita del 9 giugno.

ph Brescia e Amisano

gF. Previtali Rosti

Seguici

11,409FansMi Piace

Condividi post:

spot_imgspot_img

I più letti

Potrebbero piacerti
Correlati