Tra cultura, danza e mito con un festival ideato e realizzato da Antonio Colandrea

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Tra cultura, danza e mito ce n’è per tutti i gusti a Monte di Procida, con un festival ideato e realizzato da Antonio Colandrea con il Comune di Monte di Procida e la WiaAutomation. Un festival in scena all’Acquamorta, proprio sul mare, a due bracciate da Procida e sotto il firmamento di stelle che ci si aspetta ogni sera di fronte al mare. Un idillio artistico in un idillio naturalistico e paesaggistico, ecco l’idea geniale di Antonio Colandrea. Che però ha pensato di dare sfogo alla sua creatività attraverso quattro coreografie inedite che saranno rappresentate proprio sul palcoscenico della sua città natale. I quattro titoli creati dal coreografo montese mostreranno somiglianze e differenze tra danza e sport, regalando immagini, atmosfere, emozioni. I quattro balletti, intitolati “Cor Ludo”, “Fair Play”, “Diece (Riece)” e “Campo Libero”, vedranno dialogare le due arti del corpo in movimento, che richiedono entrambe corpi plasmati dall’esercizio, uso sapiente del tempo, dello spazio, attenzione, decisione e precisione. La prima coreografia, “Cor Ludo”, nella sua stilizzata allusione al tennis, rende omaggio ad una celebre creazione di Vaclav Nijinsky messa in scena 110 anni fa, col titolo di “Jeux”. Tuttavia, ciò che vedrete, non è affatto una riedizione: il maestro Colandrea solca acque nuove, cerca nuovi orizzonti, ama conciliare epoche e suggestioni che sono alla base del presente e premessa del futuro… e così, sulle note della “Ciaccona” di Bach, il ritmico suono che suggerisce una competizione, diviene un battito del cuore, anzi, di cuori che pulsano di concerto, superando l’agonismo per approdare ad un’emozione condivisa che affratella e diviene pura letizia dell’animo. Il balletto “Fair Play”, con musica composta dal Lino Cannavacciuolo, anch’egli flegreo, parte dal concetto del gioco corretto, un gioco basato su una rigorosa preparazione tecnica che trasforma il corpo in un meccanismo perfetto, nel quale l’energia muscolare e quella della volontà si incanalano per il raggiungimento dell’obiettivo. Ciò vale in larga misura anche nella danza, poiché occorrono sforzo, dedizione, impegno costante per allenare ogni singolo muscolo ed acquisire il massimo della tecnica da unire al più alto livello di espressività. La coreografia di Colandrea ci porta nel cuore dell’arte del movimento, facendo scoprire l’ingranaggio di forza dissimulata, grazia, bilanciamento e armonioso dinamismo che caratterizzano la danza, un mondo che richiede preparazione atletica, ma non mira alla competizione, poiché, nel gioco delle parti, vede il corale raggiungimento della pura emozione del bello. “Diece” non è semplicemente un numero pronunciato in napoletano. “Diece” desta una potente eco nella memoria, un riscatto sportivo di qualche decennio fa che si riverbera nella gioia odierna per il nuovo traguardo raggiunto. Ma la coreografia prescinde dall’attimo e dalla circostanza, poiché è centrata sul concetto di schema, di organizzazione e gestione dello spazio fisico che accomunano il calcio alla danza. Nulla è lasciato al caso: ogni invenzione tattica, così come ogni passo di danza, rientrano in un approccio rigoroso, in una geometria del possibile che determina quel che l’attimo richiede. Il suggestivo accostamento delle note della “Milonga” argentina con preziosismi napoletani, e di gestualità tipiche della terra flegrea, mostreranno come agisca costantemente lo schema, onnipresente motore del reale. “Campo Libero”, l’ultima coreografia di Antonio Colandrea, è un balletto che, sulle note del Balanescu Quartet, affronta il tema del tempo che scorre, delle cose che evolvono, della tradizione che dev’essere fonte di ispirazione, ma non arcigna tiranna. Urge il nuovo, urge la vita, bisogna camminare al passo col vento. È tempo di destrutturare, di decostruire per innalzare altro. È un fermento che investe la musica e la danza estendendosi in altri campi. Si partirà quindi dal classico, dal tradizionale, poi musica e figure vireranno verso esiti più contemporanei, improntati a maggior libertà che, però, non scade mai nel semplice arbitrio. La danza accomuna, affratella, celebra la bellezza del gesto attraverso il coordinamento singolo e collettivo. È per sua essenza consapevolezza. Perciò, libero, ma con gli altri, e consapevole di questo, ciascun ballerino è espressione di più volontà che vibrano all’unisono.

Massimiliano Craus

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