Leviatano, uno spettacolo lodevole e meritevole

Data:

 

Il 7 e l’8 luglio 2023 per la rassegna del Carro di Tespi, in Croazia

Leviatano è uno spettacolo lodevole e meritevole di singolare considerazione, interpretato da tre attori degni di nota della compagnia Carmentalia (Giulio Forges Davanzati, Andrea Trovato e Alessia Sorbello). Sebbene dal titolo, ci si possa immaginare una rappresentazione scenica che tratti di teologia, mostri biblici o qualcosa che possa riguardare Thomas Hobbes, con il suo trattato di filosofia politica, Leviatano (che trae spunto da un romanzo di Paul Auster), ci descrive quanto può essere geniale e universale la stupidità umana.
Lo spettacolo narra, nello specifico, l’effetto Dunning- Kruger e come si è pervenuti a tale scoperta scientifica attraverso l’esposizione di una bizzarra storia che, ai più, risulterà incredula. Si tratta di una vicenda che, a metà degli anni 90 fece molto scalpore e si diffuse a macchia d’olio ovunque (anche in rete), facendo diventare il protagonista, l’emblema dell’idiozia umana.
Prima di soffermarsi nei dettagli di ciò che ha condotto all’esperimento di Dunning- Kruger, il testo nell’introduzione (ma anche di seguito), ci suggerisce una serie di svariati, divertenti e basici esempi (riferiti anche ai giorni nostri) per renderne maggiormente intuibile il significato.
Nel 1995, nello stato della Pennsylvania, a Pittsburgh, il quarantacinquenne McArthur Wheeler decide di rapinare due banche nello stesso giorno, ma lo fa a viso completamente scoperto, senza maschere, né alcun tipo di travestimento, malgrado fosse consapevole della presenza di telecamere. Dopo poco tempo, la polizia lo riconosce e lo arresta. E proprio al momento della cattura che, incredulo, esclama: “Ma io avevo il succo di limone!”. McArthur Wheeler era infatti convinto che, cospargendosi di succo di limone, sarebbe risultato invisibile agli altri e alle telecamere. Dopo essere venuto a conoscenza degli effetti che il limone produce sull’inchiostro simpatico, per testarne l’efficacia, prova a scattarsi una foto con una polaroid (i selfie ancora non esistevano), ma per un’inquadratura errata o per un deficit della macchina fotografica, la foto che esce dalla Polaroid è limpida e vuota. Ciò conferma la teoria secondo la quale grazie al succo di limone, sarebbe diventato completamente invisibile. Il rapinatore non è sotto l’effetto di sostanze stupefacenti o alcoliche, anzi, è assolutamente lucido e sconcertato per essere stato smascherato.
Non siamo però di fronte ad uno psicopatico o ad un infermo di mente. Siamo semplicemente di fronte a un geniale idiota (che non sa di esserlo) perché bisogna essere dei geni per essere così stupidi e incompetenti, ma dei geni anche per essere dei veri delinquenti, cosa mal riuscita in questo caso.
Quest’ originale episodio, suscita l’interesse di due ricercatori della Cornell University che decidono di effettuare un esperimento, uno studio scientifico sulla capacità individuale e la percezione di competenza di ogni individuo, su alcuni volontari, per constatarne empiricamente i risultati.
Viene quindi illustrato il grafico cartesiano che rappresenta un incremento rapido e marcato di fiducia in sé stessi, che poi decresce lentamente fino a raggiungere dei livelli più uniformi. Gli attori però, lo fanno in maniera eccelsa, tutt’altro che tediosa, con esempi spassosi, dilettevoli e resi intellegibili anche ai non esperti di psicologia sociale.
Alla base della teoria dei due studiosi vi è L’incapacità metacognitiva di riconoscere i propri limiti. Trattasi di una distorsione cognitiva secondo cui le persone sopravvalutano o sottovalutano erroneamente la loro conoscenza o capacità in un campo peculiare. Ciò è dovuto al fatto che esiste una forte mancanza di consapevolezza di sé, che ci impedisce di valutare le nostre competenze in maniera adeguata.
L’aspetto sicuramente più quotato è l’alternanza della pièce a vere e proprie performances rock (scelta registica o dello sceneggiatore?), che rendono lo spettacolo anche concertistico e diverso da ciò che ci potremmo aspettare da una sinossi con una tematica di questo genere. Scopriamo quindi che gli attori non si improvvisano, ma sono dei veri e propri musicisti e artisti completi.
Encomiabile la regia (diretta da Marco Di Stefano della compagnia La Confraternita del Chianti), così come il testo (scritto da Riccardo Tabilio che si dimostra, a mia sorpresa, un raffinato artigiano artistico), la scelta della suddivisione in capitoli della trama, la scrittura con un intento tutt’altro che irrisorio, oggettivo, ma mai giudicante e la scelta di inserire pezzi musicali dell’epoca dello svolgimento della rapina (anni 90). Non emerge chiaramente, infatti, dal testo alcuno schieramento relativo alla poca intelligenza di Wheeler quasi per spiegarci, in fondo, che la stupidità, così come la debolezza che, in alcuni momenti della vita, contribuisce a fomentarla, appartiene ad ognuno di noi. Come insegna Thich Nhat Hanh, “non dovremmo mai giudicare noi stessi o gli altri, basterà praticare l’accettazione di noi stessi per avere progressi senza lotta”. Dunque, limitarsi a raccontare astenendoci dal giudizio.
Leviatano, è uno spettacolo estremamente educativo, un prodotto che funziona egregiamente da diffondere e promuovere anche attraverso istituti scolastici perché la discrasia tra competenza e percezione di competenza è qualcosa che riguarda tutti noi, in ogni aspetto della nostra vita, specialmente quando impariamo qualcosa di nuovo e ci confrontiamo con compagni di classe più capaci di noi o professori (come si può notare da una meravigliosa Alessia Sorbello munita di tanto di cartella che manifesta massima fiducia in sé stessa e insicurezze varie).
Commendevoli anche le interpretazioni degli attori Giulio Forges Davanzati (soprattutto nella parte di Jhonson) e Andrea Trovato che, con grande e camaleontica abilità, sono riusciti a incarnare diversi personaggi tutti assolutamente credibili e convincenti.
Lo spettacolo ci insegna inoltre, indirettamente, che il pregiudizio cognitivo è indispensabile per essere aperti al dubbio, ed evitare di imporre il proprio punto di vista accettando anche quello altrui. D’altra parte, la lungimiranza del celeberrimo “so di non sapere” di Socrate, ci insegna qualcosa.
Che dire…
applausi meritatissimi per il cast che supera in modo esilarante la prova per ruoli (diversi tra di loro sotto svariati punti di vista) non facili.

Rachele Carè

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