Tra il regno di Ratsimilaho e Libertalia

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È esistita veramente la mitica Libertalia? La leggendaria città che il capitano Charles Johnson, nella sua Storia Generale dei Pirati, vorrebbe fondata dal pirata Misson in Madagascar? Si sarebbe trattato di uno dei primi esperimenti di stampo democratico e anarchico, quasi comunistico, dove tutte le risorse erano divise in modo egualitario e dove, addirittura, cosa non banale a quel tempo, sarebbe stata abolita la pena di morte.

Di Libertalia non abbiamo riferimenti certi, come del resto sul pirata Misson. Questo fa supporre che si tratti solo di una storia tramandata oralmente e che Johnson (pseudonimo, forse, di Daniel Defoe), avrebbe trascritto come se si trattasse di una vicenda realmente accaduta.

Com’è ovvio, definire questo evento come un esperimento politico proto-illuminista è intenzionalmente provocatorio. Ritengo tuttavia che sia venuto il momento di smuovere un po’ le acque. Perché un esperimento politico messo consapevolmente in atto da nativi malgasci è proprio il tipo di fenomeno storico – sempre che sia avvenuto davvero – che la storiografia corrente è poco incline ad analizzare, o anche solo a riconoscere. (Dal libro)

Parte da questo presupposto lo studioso David Graeber per scrivere il suo saggio L’utopia pirata di Libertalia, libro pubblicato nel 2021 da Elèuthera e tradotto splendidamente da Elena Cantoni, arricchito poi dalla brillante prefazione di Franco La Cecla.

Innanzitutto Graeber ricorda che Libertalia, con grande probabilità, non è mai esistita, ma sicuramente è esistito un qualcosa di simile, vale a dire la Confederazione Betsimisaraka, fondata non da un pirata, ma da un figlio di un pirata, vale a dire Ratsimilaho (1694-1750), figlio di Thomas Tew e della regina malgascia Antavaratra Rahena. Il suo regno copriva circa mille chilometri di estensione e durante la sua reggenza, durata circa trent’anni, in quella zona non ci furono guerre, cosa non scontata, se si pensa che gli screzi tra le differenti tribù e dinastie erano all’ordine del giorno.

Anche se la confederazione non era stata fondata dai pirati, naturalmente la spinta di questi si sentiva, dato che popolavano a intermittenza ormai da anni il Madagascar, facendo conoscere le loro idee di carattere egualitario, già sperimentate praticamente all’interno delle proprie navi, dove pare fossero nati i primi esperimenti di democrazia. Tra l’altro tutto questo si inserisce in un determinato contesto culturale che vedeva nascere i primi germogli dell’Illuminismo, dove si cominciò seriamente a parlare dell’uomo e del suo giusto valore nella società.

Ratsimilaho quindi sarebbe stato in grado fino alla sua morte di dare vita a un clima pacifico e democratico, in una civiltà dove il concetto di dialogo era già fondamentale (espresso fortemente dalle kabary, riunioni che potevano verificarsi più volte al giorno e dove si parlava veramente di qualunque cosa), e dove il genere femminile giocava un suo ruolo fondamentale, anche se apparentemente veniva screditato.

Insomma, Libertalia, la comunità utopistica basata su principi democratici, anarchici e anche cristiani, non è probabilmente esistita ed è ottima la disanima di David Graeber che, attraverso attenti riferimenti, ci ha regalato un saggio stupendo, che, con la scusa di parlarci dei pirati, ci dà modo di scoprire da vicino l’interessante cultura malgascia.

Stefano Duranti Poccetti

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