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L’Arte della Commedia al Piccolo di Milano

Data:

 

Piccolo Teatro Strehler, dal 24 ottobre al 5 novembre 2023

“In teatro la suprema verità è stata e sarà sempre la suprema finzione”

CAMPESE: Eccellenza ma che gliene importa a lei, se si è trovato di fronte un farmacista vero o un farmacista falso? A mio avviso dovrebbe essere più preoccupante un morto falso che un morto vero. Quando in un dramma teatrale c’è uno che muore per finzione scenica, significa che un morto vero in qualche parte del mondo o c’è o ci sarà. Sono le circostanze che contano; vanno considerate e approfondite le particolari condizioni di vita di una persona umana, che ci permettono di chiarire le ragioni di una morte, un suicidio, un delitto. Ecco perché le ho detto stamattina “Venga a teatro Eccellenza, venga a mettere l’occhio al buco della serratura”.

DE CARO: Ma gli attori me li ha mandati, sì o no?

CAMPESE: Attori o non attori i fatti non cambiano. Se ritiene che i problemi di cui è venuto a conoscenza, siano di tale portata da richiedere tempestivi interventi dello Stato, agisca in proposito, indipendentemente da quella che può essere la vera identità di questi signori…

 

In questo scambio di battute fra Oreste Campese, il capocomico interpretato da Alessio Russo Alesi, e il Prefetto, Alex Cendron, si può dire sia riassunto il significato di “L’Arte della Commedia” che Eduardo De Filippo scrisse nel 1964 come parte della raccolta “Cantata dei giorni dispari”, quei giorni che secondo un detto napoletano sono da considerarsi funesti. E la regia di Russo Alesi impronta il suo spettacolo in gran parte su quella nota funesta e nera che aleggia già dall’inizio con un prologo pesante e un po’ troppo lungo, fino all’apparizione di Oreste Campese, come fantasma uscito dall’oscurità per raccontarci delle sue sventure. Il suo capannone, durante una tournée nel Nord Italia, si è incendiato e ora non ha più dove mettere in scene il repertorio, e di conseguenza i suoi attori sono rimasti senza lavoro.

L’unica soluzione sarebbe chiedere aiuto alle istituzioni. L’incontro avviene nell’ufficio del Prefetto che dopo qualche incertezza, prevedendo naturalmente richieste varie, seccature e piagnistei, alla fine si fa sedurre dall’idea che in fondo un attore potrebbe alleviare un po’ la sua giornata. E poi anche lui, in tempi lontani, si è dilettato nella recitazione…(!). Ma poi avrà di che pentirsi di tanta falsa “generosità”.

Il dialogo fra i due, il Prefetto sbrigativo, pragmatico, che in sostanza bada più al suo interesse che a quello del capocomico e Oreste, che cerca di far capire le ragioni del teatro, diventa una scaramuccia tra il borghese falsamente illuminato che “crede” di conoscere il perché della crisi dello stesso, “un vero scrittore di teatro non esiste più” e l’uomo che di teatro vive e… muore. (Forse non ha poi tutti i torti che di drammaturghi non ce ne sono più, tant’è che la sicurezza per il teatro e i registi sono gli autori classici come De Filippo, in questo caso, una garanzia di valore e forse di successo, ma dipende da come si mettono in scena).

DE CARO: Per disimpegnarsi dalle preoccupazioni di carattere privato e professionale, non per impegnarsi in un mare di simbolismi, allegorie che alla fine ti danno solamente una soluzione ambigua della “cosa oscura” posta al centro del componimento. Si capisce che la gente non va a teatro. Io quando ho una mezz’oretta mi metto davanti al televisore. Non c’è più chi scrive per il teatro. Non è così?”

CAMPESE: Da un certo punto di vista sì.

La televisione italiana molti anni fa trasmetteva le commedie di Edoardo De Filippo in prima serata e allora non era un brutto modo per passare il tempo, perché s’imparava davvero tanto. Dipende dall’uso che se ne fa del mezzo, di ogni mezzo.

CAMPESE: La carriera dell’attore è sempre aleatoria.

DE CARO: Tanti anni fa l’attore era veramente lo sbandato… e che veniva considerato dalla società un fuorilegge…Ma vuole mettere oggi? Spettacoli sovvenzionati, premi, contributi. Lo Stato ha garantito largamente la dignità dell’attore.

CAMPESE: Da un certo punto di vista, sì.

Come dare torto al Prefetto? Il problema è a chi vengono date le sovvenzioni, e se c’è veramente una meritocrazia nell’elargirle. Oppure…

E non è forse l’aleatorietà del mestiere dell’attore ciò che lo rende (per fortuna) diverso dal Prefetto?

 

CAMPESE: Eccellenza, secondo me l’autore ha paura di scrivere, e i Governi hanno paura di quello che un autore può dire quando scrive.

DE CARO: Paura di che?

Nei paesi dittatoriali l’arte è ancora un fenomeno da combattere, stroncare con ogni mezzo, il più repressivo possibile, anche la morte. Ma nei paesi democratici questo non avviene. Al limite si solleva un po’ di polverone e le solite inevitabili polemiche. L’Arte è libera e vitale.

 

CAMPESE: Il teatro non è morto, Eccellenza, il teatro è vivo e vitale.

DE CARO: Ma se fosse vivo darebbe altri risultati.

CAMPESE: E la confusione dove la mettiamo? È un fatto scontato che il teatro deve essere lo specchio della vita umana, riproduzione esatta del costume e immagine palpitante di verità; di una verità che abbia dentro pure qualcosa di profetico.

 

Quello che aveva capito il caro Edoardo, uomo e artista meraviglioso, generoso, profondo, era che si potevano coniugare i problemi politici e sociali con il divertimento. Che si poteva rappresentare il dramma sotto una luce solare, senza per forza renderlo asfittico e opprimente.

Come ha scritto Goya in una lettera all’amico Martin Zapater, nel 1784 “Dato che lavoro per il pubblico devo continuare a divertirlo”

Vediamo molto spesso spettacoli così detti “impegnati” che annoiano il pubblico, e altri, più leggeri, che rasentano la stupidità e non ci lasciano nulla. Ecco perché autori e registi dovrebbero farsi delle domande sul perché i teatri sono mezzi vuoti. Non è sempre colpa del pubblico…

 

Tornando alla nostra commedia diretta da Fausto Russo Alesi, con un eccellente gruppo di attori, notiamo che di De Filippo si è persa l’atmosfera, quell’atmosfera di ironia da maschera napoletana, quel suo saper sbeffeggiare i poteri forti con delicatezza, ma è una delicatezza che nasconde, dietro al suo cappotto liso e il sorriso sbilenco, una scure pesante e impietosa, capace di sferzare colpi nefasti.

Alesi ha voluto mettere in scena soprattutto il dramma, le tematiche politiche, che viste oggi sono un po’ datate, e anche se a volte sorridiamo è un sorriso più che altro legato alla recitazione o a come sono delineati i personaggi, più che al testo che perde molta forza per l’eccessiva lunghezza, perché che gli attori siano bravi questo è fuor di dubbio ma potrebbero esserlo anche con più asciuttezza.

Consiglio la lettura del testo di De Filippo e magari su YOU tube la visione dell’adattamento cinematografico. E dopo aver assistito a questo impegnato e impegnativo lavoro di Alesi, a trarre le vostre conclusioni.

Daria D. Morelli Calasso

 

Eduardo De Filippo
L’arte della commedia
adattamento e regia Fausto Russo Alesi
con (in ordine di locandina) Fausto Russo Alesi, David Meden, Sem Bonventre, Alex Cendron, Paolo Zuccari,
Filippo Luna, Gennaro De Sia, Imma Villa, Demian Troiano Hackman, Davide Falbo
scene Marco Rossi
costumi Gianluca Sbicca
musiche Giovanni Vitaletti
luci Max Mugnai
consulenza per i movimenti di scena Alessio Maria Romano
assistente alla regia Davide Gasparro
assistente ai costumi Rossana Gea Cavallo
produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, Fondazione Teatro della Toscana – Teatro Nazionale
e Teatro di Roma – Teatro Nazionale, Elledieffe
Si ringrazia per la collaborazione il Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa
Piccolo Teatro Strehler
dal 24 ottobre al 5 novembre

Foto di Anna Camerlingo

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