Al Teatro Elfo Puccini di Milano dal 22 ottobre al 19 novembre 2023
Secondo lo storico Stephen Greenblatt, nello scrivere Re Lear nel primo 1600 Shakespeare si è ispirato a una vicenda realmente accaduta in quegli anni ed oggetto di un pubblico processo molto popolare. Una figlia minore di tre sorelle, forse Cordell, si batté con forza contro le altre due sorelle che volevano interdire il padre per entrare in possesso dei suoi beni. Si muove su questi temi e su molto altro, la storia di Lear (Leir), re dei Britanni nell’ottavo secolo avanti Cristo, ripresa da Ferdinando Bruni e Francesco Frongia, per il loro nono allestimento scenico di un’opera del Bardo, al teatro Elfo Puccini di Milano, dal 25 ottobre al 19 novembre.
E’ il racconto del dolorosissimo viaggio umano verso la vera essenza, superando con strazio tutti gli stadi della totale inconsapevolezza.
I due personaggi principali, Re Lear (Elio De Capitani) e il Duca di Gloucester (Giancarlo Previati), non sanno riconoscere il reale valore delle persone a loro più vicine. Servirà un calvario di disperante desolazione morale e fisica per rendersi conto della propria cecità affettiva e per avvicinarsi alla reale natura, alla “essenza vera” delle persone.
In scena si impongono tre grandi fondali, dipinti artigianalmente da Ferdinando Bruni, che tra gli altri soggetti riproducono una inquietante serie di teschi con la corona. La modernità dei vestiti ben corrisponde alla sempre stupefacente e palpitante attualità delle vicende e dei caratteri shakespeareani. Gli uomini di potere vestono neri abiti e stivali lucidi di chiara ispirazione nazista. La più umile e sincera delle sorelle, Cornelia calza scarpe basse, in palese dichiarato contrasto con gli alti tacchi glam delle sorelle malvagie.
Prigioniero della propria follia narcisista, Re Lear non sa discernere il vero animo delle proprie figlie e rifiuta con violenza le sagge considerazione del fedele Kent. Ne è da meno il Duca di Gloucester, che ripudia il figlio Edgar, per gli inganni tramati dal figlio bastardo Edmund, per perfidia e spregiudicatezza prepotentemente simile a Jago in Otello.
Sono uomini di potere, abituati al privilegio, che, nel momento della disperazione, dell’aver perso tutto, scoprono amaramente di “non avere esperienza di quello che provano i poveri”. Lear si descrive spesso come vecchio prima che saggio. E le figlie con disprezzo già avevano commentato che non aveva mai saputo conoscere se stesso.
E’ solo durante la celeberrima tempesta che il Buon Figliolo Edgar e il fedele cortigiano Kent si possano avvicinare, ma sotto false identità, alle persone che amano e rispettano. Bagliori di sentimenti sinceri e positivi nel buio della disperazione.
La abituale serie di morti shakespeariana e lo strazio del lamento di Lear sul corpo di Cordelia sono parzialmente rischiarati dalla chiusa finale di uno dei giovani cui saranno affidate le sorti del regno. “Davvero non pretenderemo mai di essere eterni”.
Guido Buttarelli