In scena l’8 dicembre 2023 al “Teatro Sala Mercato” di Genova
Liv Ferracchiati porta al pubblico la Trilogia sull’identità. La drammaturgia è una produzione del Teatro Stabile dell’Umbria e del Centro Teatrale MaMiMò Festival dell’Eccellenza al Femminile in collaborazione con Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa. La Trilogia è un percorso di studio creato nel 2015 dalla compagnia The Baby Walk. Le tre ricerche drammaturgiche sono: Peter Pan guarda sotto le gonne, Stabat Mater e Un Eschimese in Amazzonia. Stabat Mater è una speculare indagine sugli stereotipi di genere. Il percorso narrativo evidenzia il rapporto tra l’essere umano e la società che ci circonda. L’ identità è più delle volte condizionata a seguire modelli prestabiliti. Stabat Mater è il frutto di una speculare e sensibile ricerca sul transgenderismo. La trama ruota intorno alle vicende del trentenne scrittore Andrea. Un corpo e un pensare da uomo, dentro sembianze femminili. Nel suo faticoso tentare di vivere al maschile Andrea deve lottare non solo contro il mondo circostante ma anche contro una madre che non accetta il fatto che sua figlia è in effetti un uomo. Andrea solo grazie alla scrittura riesce finalmente a sentirsi veramente libero.
Liv Ferracchiati dice della sua drammaturgia.
“La mia formazione è quella di regista e per me la regia è un’altra fase della scrittura, oltre che un lavoro di équipe con gli autori dei diversi reparti (light designer, scenografa, costumista, coreografa e anche con la dramaturg di scena). Il testo nasce insieme alle drammaturgie degli altri linguaggi scenici e insieme al lavoro con gli attori (interpreti e non esecutori), attori che non sono sostituibili, perché la parola nasce con loro e viene verificata attraverso di loro. Esiste un momento in cui, ovviamente, metto in fila i materiali, li produco e li formalizzo, ma per me alla base del teatro c’è la ricerca di una parola tridimensionale.
Stabat Mater è nato così, in un continuo scambio con la concretezza della scena. Per questo lavoro c’è stata un’indagine molto approfondita intorno al tema dell’identità di genere. Non me la sento di dire che ho intervistato delle persone, perché nella maggior parte dei casi non ho nemmeno usato il registratore e, per rispetto della generosità dell’interlocutore, nemmeno preso appunti, piuttosto ho cercato di metabolizzare le diverse e soggettive esperienze di ognuno. Se fosse una ricerca antropologica, sarebbe una ricerca antropologica sentimentale. In un secondo momento questo materiale si è trasformato nelle prime bozze delle scene e in strutture improvvisative da sviluppare con gli attori e la dramaturg di scena. La scrittura registica, poi, si è sovrapposta a quella del testo, nella direzione dell’attore, soprattutto, ricercando l’elemento più scontato, ma il più complesso da ricreare: la credibilità. Anche per questo faccio spesso uso di microfoni, per ricreare l’intimità delle relazioni.
Stabat Mater parla del rapporto madre-figlio e dello sgomento nel percepirsi fuori dagli schemi e, dunque, liberi.
Andrea è un uomo transgender, nel senso che ha un corpo femminile, ma è un uomo. Le donne che fanno parte della sua vita gli parlano al maschile, lo trattano come un “maschio”, a volte come un maschio medio, senza battere ciglio, tranne la madre, ossia colei che genera e che ha generato una “femmina”. La madre non accetta che, per varianze naturali, sua figlia sia in realtà un figlio. Ma Andrea è anche uno scrittore. E allora la parola è il centro e lo strumento attraverso il quale si riappropria della sua identità.”
Nella pièce le battute martellanti si alternano sapientemente ad intimi monologhi. Il testo, ricco di pathos è ben diretto da Liv Ferracchiati. In scena, la stessa Ferracchiati con Chiara Leoncini, Petra Valentini e Renata Palminiello tracciano un appassionato percorso emotivo.
Giuliano Angeletti