Cessate il fuoco con le parole di Aristofane. Alcune riflessioni in margine

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Vincenzo Zingaro ripropone al Teatro Arcobaleno (vedi anche l’esaustiva recensione di Giancarlo Lungarini  nel “Corriere dello Spettacolo”) un classico che di classico ha tutto tranne che la polvere. Altro che anticaglia! Con “Pace” Aristofane ha in realtà delineato il mondo come oggi ci si offre in tutta la sua tragicità. Il problema è naturalmente rappresentato come indica il titolo dalla conflittualità umana, dalle guerre. Ma Aristofane va oltre. Infatti  in questa brillantissima opera che continua a divertire e a far più che riflettere, ovvero contribuisce a smascherare molti inganni mediatici,  beh sotto accusa sono loro, sì proprio loro:  i  macellai moderni. Parliamo dei soldati che si sparano e uccidono civili innocenti? No, neanche per sogno, anch’essi sono vittime tutto sommato, come canta  lo “sparagli Piero” della ballata di De André,  di un meccanismo assurdo, di un tremendo tritacarne. Aristofane se la prende piuttosto con la lobby delle armi, con i guerrafondai. I quali hanno segregato la “Pace” e convinto gli uomini sulla terra ad ammazzarsi per il loro torna-e giro-conto.

La regia di Zingaro diventa una vera e propria drammaturgia nel momento in cui raccoglie e rilancia la scottante attualità e verità del testo creando una rappresentazione che oserei definire fondamentale per il nostro tempo, da non mancare. Aggiungo tra parentesi che dopo la pomeridiana di domenica scorsa, tornato a casa, ho voluto rivedere il film “The international” dove pure le banche e  mercanti di guerra e armi, di morte, cercano di farla da padroni. E ci riescono pure a farla franca,  a suon di morti ammazzati, tutti coloro che si frappongono tra loro e il maletto profitto bagnato di sangue. Questi signori della guerra nel film, hanno la faccia tosta di vendere contemporaneamente missili modernissimi all’Iran e al tempo stesso i sistemi per neutralizzarli agli Israeliani combinando affari di una macabra truffa a danno persino dei due contendenti allo stesso tempo.  Ecco, se volete farvi un’opinione precisa del problema passando dal teatro al cinema, da Aristofane al grande schermo, ebbene questa è un abbinamento perfetto per schiarire le idee sui motivi delle guerre che ci stanno mandando alla rovina e forse al cimitero.

In Aristofane la questione è trattata naturalmente con leggerezza e giustamente Zingaro non si lascia sfuggire l’occasione di riempire la rappresentazione con una continua raffica di trovate esilaranti assolutamente congeniali al suo collaudato gruppo, meritano di essere citati e appluditi,  di attori formato da Giovanni Ribò, Piero Sarpa, Rocco Militano, Fabrizio Passerini, Laura De Angelis, Mario Piana e Irene Catroppa, tutti eccellenti e capaci di interagire, come vuole il teatro classico, con gli spettatori, moltissimi giovani, continuamente acchiappati, metaforicamente s’intende, per i capelli o portati tirati per l’orecchio a capire ridendo o a ridere capendo, così da trasformare il gremito teatro Arcobeleno in una caldera effervescente capace di eruttare un messaggio politico estremamente netto: siamo stufi della guerra. Fatela finita!

E stufi della guerra sono i cittadini di Atene e Sparta nell’opera di Aristofane. Talmente stufi da decidere di salire sull’Olimpo a bordo di un animale immaginario, un orrido stercorario, per riportare la Pace sulla terra.

Aristofane è un grande e coraggioso pacifista. Capace addirittura di proporre in un altro suo capolavoro, Lisistrata,  lo sciopero del sesso  da parte delle donne per convincere gli uomini a fermare la terribile guerra del Peloponneso che li sta decimando. Fate l’amore non fate la guerra insomma. O come diremmo in una versione canzonettistica del periodo della Guerra Fredda: mettete dei fiori nei vostri cannoni. Certo, il messaggio detto così può suonare un po’ retorico e generico: perché in questo caso non si prenderebbe in considerazione torti e ragioni, distinguere aggrediti e aggressori. Ma la verità, come delinea lucidamente Zingaro nel monologo finale della sua drammaturgia e adattamento del testo, le guerre scoppiano solo ed eslusivamente per arricchire i ricchi, i banchieri, i mafiosi e i trafficanti. Santa verità!

Vincenzo Zingaro, autore anche delle maschere che caratterizzano a pennello i personaggi, costruisce un teatro spettacolare e impegnato che sfruttando la leggerezza calviniana – dire cose serie senza perdere di vista l’esigenza dell’intrattenimento – propone un argomento di fin troppo scottante attualità. Il che significa che il teatro, quando fa il teatro e non il documentario, è più convincente e spiazzante di un reportage.

Enrico Bernard

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