Le macerie del bombardamento di San Lorenzo e il soccorso spirituale di Pio XII

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Ancora una volta lo scrittore ed acuto analista sociale Gianni Clementi ha dimostrato tutta la sua preparazione culturale e fervida mentalità creativa riflettendo su un tema che dagli spettacoli da lui firmati e che abbiamo osservato emerge a chiare note come uno dei suoi principali argomenti chiave : la seconda guerra ed i suoi risvolti sulla popolazione quirite. Il suo punto di forza è l’unire l’accadimento pubblico al comportamento privato dei singoli protagonisti e mostrare quanto i primi determino l’inquietudine, l’angoscia e l’incapacità di reazione dei secondi, che restano frastornati da quello che avviene sulle loro teste. Questo è maggiormente evidente nel lavoro che sta andando in scena fino al 21 al teatro Ciak sulla Cassia nella zona della Tomba di Nerone e dell’ospedale San Pietro, uno spazio culturale davvero bello e ben gestito con le sue comode poltrone rosse di velluto a sfera circolare. Il testo intitolato “La Stella di San Lorenzo” ha come protagonisti Rodolfo Laganà, reduce da una grave malattia da cui sembra essersi ben ripreso e che con questo lavoro prosegue la sua brillante carriera artistica dopo “Nudo proprietario”, nonché Sandra Collodel  e può definirsi un teatro da camera o meglio da….canonica in quanto tutto succede tra le quattro mura d’una Chiesa del quartiere romano di San Lorenzo. Prima che il sipario s’apra si sentono degli strani gridolini ed eccitazioni sensuali che, ad una mente perspicace ed avvezza a certi suoni onomatopeici, lasciano ben intuire che cosa stia accadendo insieme al rombo degli aerei angloamericani che stanno bombardando la zona il 19 luglio del 1943.A scena spalancata si scoprono il parroco Don Nicola e la sua fedele donna di rito e culto cattolico in atteggiamento confidenziale ed inequivocabile, partito dalla confessione di Agnese con il reverendo. Sono in abiti discinti ed in particolare il sacerdote è in mutande sotto una trave mentre la donna è ancora in preda alla passione sessuale ed anche lei non può recuperare i vestiti poiché sono rimasti incastrati sotto l’armadio. Verosimile è la loro preoccupazione di non farsi trovare in quel modo inequivocabile e senza giustificazioni giacchè il sacerdote diocesano, pur non avendo i voti espliciti come i religiosi, li ha impliciti dato che Nostro Signore ha detto “Chi mi vuol seguire prenda la sua Croce e mi segua. Chi pone mano all’aratro e poi torna indietro non è degno di me”. I due discutono a lung, intanto l’ecclesiastico ritiene che due casule o pianete possano essere utili a coprirli ma fino ad un verto punto per via dei suoi boxer, Agnese afferma con una persuadente Collodel nei panni della donna di oggi che il desiderio sessuale l’hanno pure gli uomini di Chiesa altrimenti non sarebbero  maschi in carne ed ossa ma robot, invece la buona fede del curato è rappresentata dall’ingenuo candore e pentimento dello stesso che Laganà con una piena immedesimazione nel personaggio fa avvertire totalmente. Egli si rende conto di esser venuto meno alla castità e per pudore desiderando  evitare pettegolezzi non vorrebbe uscire o farsi soccorrere, al contrario di Agnese che tiene alla sopravvivenza e non bada alla vergogna in quanto, secondo l’amore e la congiunzione della vite  l’avvitamento è una cosa naturale. Per Agnese i preti dovrebbero volendo sposarsi, anche se papa Francesco ha ribadito il teologico parere contrario diversamente dazi primi apostoli e da quanto avviene nelle altre due religioni cristiane, per cui assistiamo ad una deleteria circostanza storica per l’ambiente contestuale di san Lorenzo durante la disputa in materia dottrinale teologica tra don Nicola e la parrocchiana. Questa ha costituito il diavolo tentatore a cui né Eva e nemmeno la prostituta del Vangelo hanno saputo resistere a differenza di Cristo con le tre paradigmatiche proposte demoniache nei quaranta giorni del deserto sdegnosamente respinte con didascaliche risposte di Gesù. Il prete rivendica la sua funzione e ruolo che non verranno mai meno, neppure se uno dovesse abdicare alla talare per la riduzione allo stato laicale al fine di coniugarsi, essendo prete in eterno, come abbiamo studiato nel corso dei nostri anni di approfondimento spirituale parallelamente alla formazione umanistica e lo stesso San Paolo raccomanda a coloro che sensitivamente bruciano di sposarsi. Ecco dunque la conflittualità del sacerdozio che molti  non sanno superare ed annunciano sovente dall’altare che si sono innamorati, qualcuna ha preso il loro cuore e non sono stati in grado di vincere la prova come il Pontefice negli anni del Seminario. Intanto si ode la voce fuori campo che dice che sta giungendo papa Pio XII, ovvero il Santo Padre Eugenio Pacelli a portare il conforto spirituale alle vittime dell’immane distruzione di San Lorenzo e dall’alto risplende nel cielo terso una stella che brilla nella notte sui vetri della Chiesa e da qui il titolo della pièce. In vicinanza e sempre fuori campo risuona la voce del sacrestano Settimio che sta cercando di sapere se vi sono ancora superstiti, specialmente il parroco di cui non si hanno più notizie quali i morti di Suviana, nel contempo che Don Nicola invita Agnese a pensare a preservare la vita unica, sacra ed irripetibile senza farsi troppi scrupoli perché Dio è infinitamente misericordioso e perdona tutto per un sano pentimento con Atto Dolore, al modo che fa Agnese prima di ricevere la Sacra Eucarestia di cui avverte fortemente la necessità per essere in grazia di Dio per ogni evenienza. Ella ha messo a nudo se stessa e spiegato il proprio comportamento adescatore all’incredulo Don Nicola dicendo che il marito Alfredo è partito da due anni per la campagna di Russia e lei si sente bruciare la  carne in quanto è ancora bella ed appetibile come popolana, al punto che l’operaio Alfonsino le ha messo il suo organo nel posteriore mentre era piegata ed il suo parroco nella boccaccesca vicenda Da “Decamerone” non solo la mano , ma pure le dita alla guisa di San Tommaso nel costato di Cristo per  diventare fervente discepolo ed accanito testimone della Resurrezione del suo Maestro. Insomma s’è trattato d’una esilarante commedia con forti e cogitanti sensazioni emotive unite a probrem atiche teologiche che per quasi 90 minuti ha tenuto coinvolta la platea per distinguere le rispettive responsabilità e comprendere che cosa avremmo fatto noi se fossimo stati nei  due protagonisti, che era pure la finalità compositiva dell’autore. La profonda regia psicologica con l’estrapolazione dello stato interiore psichico ed istintivo, congiuntamente alle reciproche convinzioni mentali e religiose, è di Carlo Emilio Lerici, direttore artistico assai attivo ed eccellente nelle sue meditate rappresentazioni, che ha dato lustro e risalto a codesta anteprima nazionale. Lo spettacolo sarà programmato al Ciak fino appunto a domenica 21 aprile e merita di guardarlo con lucida storica e religiosa coscienza.

Giancarlo Lungarini

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