La drammaturgica rielaborazione dei tre processi di Wilde in “De Profundis” di Orlandelli

Data:

 

Ogni tanto fa piacere sperimentare un nuovo o da tempo tramontato modo di assistere agli spettacoli teatrali e perciò alla fine della scorsa settimana siamo andati ad osservare allo splendido spazio culturale dei Documenti creato strategicamente dallo scenografo Luciano Damiani dalle grotte di Testaccio con una straordinaria idea in via Zabaglia dove ha abitato fino al suo decesso avvenuto nel 2007 a 84 anni, essendo nato nel 1923.La storia del lavoro “De Profundis” c’importava in quanto ristrutturava in chiave storico – mitologica la figura dell’irlandese Oscar Wilde, nato a Dublino, sposato ma che poi per una fortemente sentita identità di genere passò sull’altra sponda ripudiando la moglie e fu costretto a subire una dura condanna nel carcere di Reading per due anni. Dunque subentrò in lui quella crisi antropologica di genere cui nel Decadentismo fu soggetto pure Verlaine che, per aver lasciato Rimbaud per convolare a felici nozze, fu da lui sparato. La tragedia è stata narrata sotto forma di dialogo da tre stupendi interpreti monologanti  sui tre piani in cui è realizzato il bellissimo teatro ed altrettanto eclatanti  sono stati i costumi di Carla Ceravolo, specie il primo del prologo che il protagonista ha esternato con dei versi in latino per ricollegarsi alla violenza ed arrogante, orgogliosa, hybris dell’antichità classica, denunciando ai posteri il suo fatale destino. Poi s’è passati alla rilettura antologica dei tre processi  che ebbero al centro  lo stesso autore e borghese gentiluomo dublinese : il primo contro Lord Queesberry, padre di Lord Alfred, che l’aveva accusato di sodomia ed omosessualità, delitti contro la pubblica morale condannati  nel UKG fino al 1967,che finì senza verdetto per aver il buon Oscar ritirato la querela ; stessa sorte in occasione del secondo in quanto, come previsto nei procedimenti angloamericani con una giuria popolare, la Corte non aveva raggiunto l’unanimità ed  è stata forte e toccante poi la perorazione  accusatoria che investe la dignità ed onorabilità di Wilde. Il Lord è impietoso nel suo scintillante doppiopetto e tight scuro con una lunga dissertazione della lascivia e superficiale condotta  peccaminosa dello scrittore. La regina Vittoria era stata denunciata come rappresentante dello Stato. Venne condannato per sodomia ed oltraggio al pudore  alla maniera di Socrate, che introdusse la filosofia dell’individuo al posto   di quella naturalistica di Mileto con la scuola Jonica. Il maestro di Platone, che non trasmise suoi testi ma lo conosciamo dall’ideologo dell’idee innate, fu imputato e rinchiuso pure lui in prigione per empietà e corruzione dei giovani.Fu liberato dopo un biennio di pesante carcerazione, tuttavia  passati tre di riconquistata capacità di movimento venne meno.  Infine nell’ultimo livello dei Documenti v’è raccontata la favola onirica del giudizio divino in cui il sommo giudice con il libro aperto in mano legge tutte le colpe dell’anima di Wilde che si presenta in ginocchio come uno straccione o mendicante di fronte a Dio riconoscendo tutti i propri peccati e dice di non poter andare all’Inferno giacché c’è sempre stato durante la sua esistenza e nemmeno in Paradiso per la Misericordia divina poiché non l’ha mai pensato e nemmeno immaginato. La composizione di Paolo Orlandelli si può dire che sia una miscellanea letteraria basata su tre elementi essenziali : alcuni passi del famoso capolavoro “Il ritratto di Dorian Gray”,citazioni dalla requisitoria conclusiva dell’avvocato dell’accusa, a tal proposito ci sovviene che la prossima settimana sarà presentato in Parlamento il decreto Legge del ministro Nordio sulla divisione delle carriere a cui la Magistratura riunita a Palermo è contraria; infine  sono stati inseriti punti della sentenza del giudice dell’ultimo processo. Peccato che lo spettacolo, sempre “sold out” al punto che domenica scorsa è stata dovuta inserire una straordinaria replica pomeridiana, è stato superbamente interpretato e fatto emotivamente vivere con le giuste ed opportune sensazioni da Mauro Toscanelli, Gaetano Lizzio e Vincenzo Palladio. L’intenso applauso finale l’ha ampiamente ripagati del loro sforzo e dimostrato l’attenta e concentrata partecipazione degli spettatori seduti sulle panche in lucido bianco poste a latere.

Giancarlo Lungarini

Seguici

11,409FansMi Piace

Condividi post:

spot_imgspot_img

I più letti

Potrebbero piacerti
Correlati