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“La Bayadère”, l’India dalla Russa Imperiale a Rudolf Nureyev alla Scala di Milano

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Un grande classico sulle punte torna al Teatro Alla Scala: La Bayadère, titolo originale La Danzatrice del Tempio, un balletto della Russia Imperiale del 1877, con coreografia originale di Marius Petipa su musica di Ludwig Minkus; rappresentato per la prima volta a San Pietroburgo con Ekaterina Vazem come Nikija, Lev Ivanov, il futuro coreografo de Lo Schiaccianoci, come Solor e Marija Petipa come Gamzatti.

Un tipico prodotto del periodo in cui venne scritta e montata: una storia melodrammatica ambientata in una terra antica ed esotica, dove sicuramente nessuno dei creatori vi aveva mai messo piede, in un tempo che non è mai esistito, con tante scene di mimo in atmosfere sontuose e ricche, com’è tipico del balletto romantico: triangoli amorosi, promesse tradite, figure femminili soprannaturali, morti e tragedie che però, solitamente nel Terzo Atto, rivivono in forma di spirito, che tanto piaceva in quel periodo. Lo stile è quello di Giselle, de La Sylphide, di Don Chisciotte: che siano Willi, Silfidi, Driadi o, come nel caso de La Bayadère, Ombre, la sequenza è sempre la stessa: grande amore – promesse mancate – tragedia con morte – riconciliazione nell’aldilà con la protagonista in forma di spirito: è sempre il ruolo femminile a rimetterci però, non capita mai che sia il protagonista maschile, che peraltro è quello che causa la tragedia con un tradimento, a rimetterci la vita.

Dal debutto, tante rivisitazioni: oltre allo stesso Petipa nel 1900, Aleksandr Gorskij e Vasilij Tichomirov nel 1904, Agrippina Vaganova nel 1932, Vakhtang Chabukiani e Vladimir Ponomarëv nel 1941, Natalija Makarova nel 1980 per l’American Ballet Theatre, Rudolf Nureyev nel 1992 per l’Opéra di Parigi, ultima coreografia prima della sua morte.

Siamo in India: il guerriero Solor è innamorato, ricambiato, della danzatrice del tempio Nikija, a sua volta corteggiata dal Bramino. Solor giura amore eterno a Nikija intorno al fuoco, ma gli viene obbligatoriamente offerta in sposa Gamzatti, la figlia del Rajah, che viene però avvisato dal Bramino che Solor ha un’altra donna. Gamzatti, che ha ascoltato la conversazione, invita Nikija a palazzo e la informa di essere promessa sposa a Solor: Nikija tenta così di ucciderla, ma viene fermata dalla serva Aya. Il Secondo Atto vede la festa di fidanzamento di Gamzatti e Solor: Aya regala a Nikija un cesto di fiori dove è nascosto un serpente velenoso che la morde. Il Bramino le propone di salvarla, avendo l’antidoto al veleno, a patto che accetti di sposarlo: Nikija rifiuta e muore. Nel Terzo Atto Solor, per dimenticare il dolore della morte di Nikija, fuma un particolare narghilé, si addormenta e si ritrova nel Regno delle Ombre, dove rivede Nikija, alla quale giurerà fedeltà eterna. Nel Quarto Atto, durante le nozze di Solor e Gamzatti, il tempio crolla, seppellendoli sotto le macerie.

Dalla prima versione, Petipa rivide il tutto nel 1900 per Matilida Kšesinskaja, appena nominata Prima Ballerina Assoluta, nota anche per essere l’amante storica dello Zar Nicola II, e Pavel Gerdt. Tantissimi nomi illustri si sono susseguiti nei ruoli principali, pieni di difficoltà tecniche e interpretative: Olga Preobraženskaja, Vera Trefilova, Anna Pavlova, Olga Spesivceva, solo per citarne alcune. Il Regno delle Ombre è tutt’oggi uno dei test cruciali per un Corpo di Ballo, tanto da essere spesso estrapolato dal resto del balletto.

La coreografia di Nureyev è fedele ma tronca di netto il Quarto Atto, concludendo con l’incontro di Solor e Nikija nel Regno delle Ombre. Come sempre il Direttore Manuel Legris alterna diversi casts. Oltre alle solite prime ballerine del Corpo di Ballo scaligero nel ruolo di Nikija (Nicoletta Manni, Martina Arduino, Virna Toppi, Alice Mariani), abbiamo visto la solista Vittoria Valerio. Gamzatti vede in alternanza Alice Mariani, Gaia Andreanò, Linda Giubelli e Maria Celeste Losa, mentre Solor è affidato a Timofej Andrijashenko, Nicola Del Freo, Marco Agostino, Claudio Coviello, e alll’ospite Kimin Kim dal Marijinskij di San Pietroburgo.

Vittoria Valerio è tecnicamente brava, delicatissima, sempre nel ruolo, arriva alla fine più che egregiamente. La affianca una certezza, Claudio Coviello, il Principe delle Fiabe, anche se stavolta deve affrontare il ruolo del traditore un po’ superficiale. Non sempre esaltato come meriterebbe; elegantissimo, tecnicamente molto pulito e preciso, e convincente dal punto di vista interpretativo. Alice Mariani è una Gamzatti tecnicamente precisa ma sull’interpretazione c’è ancora molto da lavorare: della cattiva di turno non c’è proprio nulla. Famosissima per la sua difficoltà la variazione dell’Idolo d’Oro, ma quella di Alessandro Paoloni non lascia proprio traccia. La quantità di personaggi minori, tra momenti mimici, variazioni di Schiavi, amiche, Ombre e guerrieri, con entrate ed uscite continue, è infinita, ed il Corpo di Ballo impegnato in toto; come spesso capita il lavoro di insieme non è sempre tale: fuori posizione sulle linee o fuori tempo non mancano.

Un lavoro mastodontico, con scenografie importanti e bellissime di Luisa Spinatelli, che firma anche gli splendidi costumi, specchio della grandezza della Russia Imperiale, dove la cultura aveva un posto importante e gli investimenti non mancavano di certo. Un classico comunque da vedere.

Chiara Pedretti

 

Teatro alla Scala
Piazza della Scala, Milano
Fino al 21 Giugno, ore 20
Biglietti da EUR 20,00 a EUR 150,00
www.teatroallascala.org

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