A tu per tu con Antonella Pagano. “Eva e la minestra del Paradiso” con Vincenzo Bocciarelli

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INTERVISTA AD ANTONELLA PAGANO

L’idea di scrivere un libro e trasformarlo in uno spettacolo teatrale non ti ha spaventata?

“Eva e la minestra del paradiso” – pubblicato da Armando Curcio Editore – nasce già con una sceneggiatura perfezionata in seguito con una vera trascrizione, accurata, da autentica riduzione teatrale. Il libro è stato concepito proprio così. I personaggi hanno preso a danzare dentro la mia testa, poi a ballare nel cuore e…nella mia solitudine di scrittrice mi ci sono affezionata fino quasi a vederli materializzarsi dinanzi a me, io alla scrivania e loro nello spazio dinanzi e intorno a me. Ero confinata in casa, come molta umanità, per via del terribile ospite che ha funestato il pianeta. Avevo lavorato al mio “Modello di Pedagogia dell’Arte che passa per la Creatività e conduce alla Bellezza” -di prossima uscita- e avevo bisogno di un argomento più giocoso, sebbene sempre impegnato e filosoficamente informato. E’ stato allora che il cibo ha fatto tutt’attorno a me una girandola quasi materiale di colori, sapori, una festa incredibile in cui la metafora se n’è appropriata e ha chiamato a raccolta personaggi incredibili. La nobildonna Katarina Polt Prato con a braccetto il Casanova, Pier delle Vigne e le magnifiche tavole imbandite di Federico II di Svevia, Caterina de’ Medici e Messer Ruggeri dei primi gelati, Cavalcanti e Manzoni, Dante e il Pellegrino Artusi. Non credevo a me stessa mentre Dioniso mi spediva le danzatrici in pelli d’animale e il calice mi si colmava virtualmente di Ciceone. Io che da sempre compio RITIPOETICI in castelli, antiche dimore, scuole di ogni ordine e grado, e ne sono regista, mi ritrovavo stavolta coinvolta e inondata da una pioggia di ambrosia nella quale intingere chimere! Mon dieu! Che meraviglia!

Come hai risolto i tuoi dubbi?

Il progetto della triade (13 ottobre, 18 novembre e 30 gennaio 2024), tre opere da portare in scena, è stato di naturale concezione. In fondo cambiavo luogo, sceglievo le sacre tavole invece che le grandi dimore e i castelli o le aule magne di Università e scuole. Paura? Sono una schermitrice! E sono una inguaribile “ISTIGATRICE di BELLEZZA”. Tutti i miei libri d’artista, i miei florileggìi, le sete manoscritte mi spingevano a osare! Ed io, in nome della Cultura, dell’Arte in tutte le sue manifestazioni: sono pittrice da sempre, da prima che imparassi a scrivere, compongo musica, amo fotografare, ideo forme editoriali preziose, ricercate anche nella storia, sono un critico letterario internazionale, sociologa attenta alle realtà umane, sono madre già da 46 anni di due grandi creativi, insomma: nel segno della “MATERNITA’ PADAGOGA” ho osato. Mi propongo come attrice? A tale riguardo devo una precisazione: non sono attrice, IO SONO ME, narro ciò che scrivo, porgo, dono ciò che esce dalle mie viscere pensanti.

Qual è il tuo valore aggiunto nella scrittura e quale valore ha il tuo impegno di attrice?

Ho vissuto in Lucania, i primi anni in quel di Grassano; una Commissione Parlamentare Speciale istituita allo scopo di studiare la condizione di povertà dell’Italia nel dopoguerra, il lavoro di quella Commissione portò all’elenco dei 15 comuni poverissimi sui quali riflettere e studiare provvidenze tali da risollevare le condizioni di miseria. Di quei 15 Grassano -in provincia di Matera- era il capofila, il più povero in assoluto. Se è vero com’è vero che nei primi tre anni di vita ciascuno di noi scrive il proprio copione di vita, ebbene io l’ho scritto lì. Mio padre lavorò in un importante progetto di aiuto proprio lì; con la mamma e me vivemmo nello stesso Albergo Prisco in cui compiva la Sua teoria pittorica Carlo Levi! Comprende? Tre anni in quel luogo fatto di viuzze e camini fumanti e ciuchini con gli otri d’acqua e pochissimi colori se non grigi e vari toni di marrone oltre al nero dei lutti. Bisognava alzare lo sguardo per vedere l’azzurro e il bianco delle nuvole.

E poi: la famosa banda del paese, molto famosa nel circondario; dietro a quella banda da giro ho fatto le mie lunghe fughe da casa…ero una piccola peste…ma erano tempi in cui i genitori erano genitori di tutti i bambini, dunque il controllo sociale era vibrante. Così ho potuto scorrazzare tra vicoli e campagna, pungermi ai rovi e cascare in forre e calanchi…una libertà liberante, nutriente, che tesse ancora in me tele e storie meravigliose. Che magnifiche esperienze! Poi in Montescaglioso, altro impegno lavorativo di mio padre…ho studiato nell’Abbazia di quel comune circondato da pini odorosi. Un’abbazia con 365 stanze…ho immaginato milioni di storie là…e le pulci prese nei traini dei contadini e le sgridate della mamma quando tornavo di pulci e fango ma ricca di due susine barattate con i nobili biscotti di mia madre e ninna nanne deliziose. Tanta povertà materiale e una infinita ricchezza di sentimenti…il pio pio dei passerotti caduti dai rami che i compagnetti maschi tenevano a nutrice al caldo dei cassetti dei comodini delle camere da letto delle madri sono oggi il suono del mio cellulare!…valore aggiunto? Non valore, ma valori incommensurabili che sono l’inchiostro dei miei pennini, propellente potentissimo. Quanto all’attrice, le ho già detto prima, sono la mamma che narra ai figli, io, sempre io! Ma perché due ruoli? In verità Paolina sarebbe dovuta essere la cara, straordinaria, spumeggiante Gio Di Sarno, ma i suoi impegni non glielo hanno consentito ed io non ho voluto sostituirla. Un giorno, chissà! Devo anche dire che ho molti anni… prima che le impotenze dell’età non me lo consentano più… ho osato, con gioia e con tenera comprensione verso la piccola che è in me e che lascio che giochi ancora. Se faccio errori “mi corrigerete” o semplicemente non me ne vorrete!

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