Intervista a Mario Sconcerti. “Il grande calciatore è un artista”

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Volto noto di “Terzo tempo – in onda con noi”, su Sky, Mario Sconcerti è uno scrittore e giornalista fiorentino, anche commentatore delle pagine sportive del Corriere della Sera. Ho avuto il piacere d’intervistarlo per la nostra nuova sezione “Poesia dello Sport”, dove si è dimostrato molto gentile e disponibile. È per questo che lo ringrazio personalmente, come a nome della redazione del Corriere dello Spettacolo.

Per iniziare, vorrei chiederle quanto secondo lei il calcio è sport e quanto invece è spettacolo.

Il calcio è quasi soltanto spettacolo, certamente non è sport, e questo per definizione, visto che per essere sport ci vogliono le stesse regole di partenza per tutti. Se io corro i cento metri, per esempio, ho le stesse legittimità di vincere, c’è il più veloce e quello meno, ma le regole sono quelle. Il calcio è spettacolo perché premia in modo diverso i partecipanti e questo dipende anche dal fatto che esistono società più ricche e più povere – è questa diversità che annulla nel calcio la sua possibilità di essere sport. In definitiva, è uno spettacolo in forte movimento fisico, ma è uno spettacolo.

Tra l’altro, se vogliamo rimanere su questo tema, possiamo anche trovare delle divergenze anche parlando dei diversi campionati europei. In quelli inglese e spagnolo si privilegia la spettacolarità del gioco, mentre in quello italiano si dà più importanza al risultato finale.

Questo dipende molto dalle differenze culturali dei Paesi. In Italia usiamo l’importanza del risultato per ridistribuire ricchezza tecnica, che poi si traduce in differenza di ricchezza economica societaria. Il gioco all’italiana infatti assegna uguaglianza, ma non a caso questo accade in particolar modo nelle piccole società, che fanno uso di questo tipo di gioco per cercare di limitare l’alto tasso tecnico (economico) delle grandi.

“Poesia dello Sport”. Così si chiama la nostra nuova sezione del giornale, e credo di poter dire che quello che sta accadendo in Inghilterra possa essere considerato un fatto poetico, con il Leicester che con ottime probabilità vincerà il campionato inglese.

È un fatto talmente poco statistico da poter essere definito un’eccezione e se tu definisci poetiche le eccezioni sono d’accordo, ma potrei trovare poeticità anche in una sconfitta. In ogni caso, proprio nel suo essere una cosa eccezionale si conferma che la regola a volte è tutta un’altra rispetto a quella canonica.

Moriva poco tempo fa Johan Cruyff, un vero e proprio artista del pallone.

Il grande calciatore è un artista, anche in questo caso per definizione, perché si tratta di una persona che gestisce un oggetto (il pallone) correndo. Insomma, il calciatore gestisce un oggetto, proprio come tutti gli artisti e, se lo gestisce a grandi livelli, è certamente un artista.

E così, come il calciatore può diventare un artista, anche il calcio può diventare un arte, come il teatro…

Può diventare un arte, certo, anche se ci sono delle differenze. Il teatro è una rappresentazione e si recita per piacere al pubblico, è quello lo scopo; il calcio invece si gioca anche per piacere, ma soprattutto per vincere, perché al tuo pubblico non piace se non vinci.

Se invece le chiedessi di parlarmi del calcio come evento poetico, cosa risponderebbe?

Beh, l’arte della poesia è inavvicinabile, credo sia la più difficile. Una cosa è trovare nel calcio la poesia, un’altra cosa è riconoscere e fare vera poesia, questo è quasi impossibile, anche se si può dire che ci sono stati dei grandi calciatori che vi ci sono avvicinati molto. La poesia in ogni caso è molto complicata da trovare, non soltanto nel calcio, ma nella vita stessa – se si trova tre volte è già tanto – e non credo sia una cosa della quale si possa parlare con assolutezza. Prendiamo un poeta per antonomasia per esempio: Foscolo. Ravviso che ne “I Sepolcri” ci siano dei versi splendidi come altri un po’ sottotono, questo per dire che l’assolutezza è difficile da rintracciare anche nel genio stesso. Insomma, un calciatore può aiutare a vivere meglio e farti trovare dentro di te delle tracce poetiche, ma la poesia è complicata da trovare, anche perché l’arte o è grandissima o non è arte e nel calcio questa grandezza la raggiungono in pochi, come del resto nella scrittura, nella pittura e nelle altre forme artistiche. È per questa ragione che dubito sempre di chi si definisce “artista”.

Forse però può aiutare pensare il calcio in un’ottica poetica, anche visto il periodo non proprio roseo di questo sport, investito da varie problematiche.

Perdona la mia contro domanda, ma tu saresti in grado di citarmi un mondo migliore, vale a dire un mondo dove non ci si è mai lamentati? Ci si lamenta sempre di come si sta, in tutte le epoche, perché il nostro presente è l’unica cosa veramente importante che abbiamo, per cui si pensa sempre che si potrebbe stare meglio. Il calcio di oggi ha gli stessi problemi di quello di cento anni fa. Nel 1925 Ci fu uno sciopero da parte delle società calcistiche contro gli arbitri e intervenne addirittura Mussolini, portando un proprio gerarca alla presidenza della Federcalcio. Cambiano i tempi, ma l’uomo non cambia e questo è dimostrato anche dal fatto che non è mai esistito un mondo senza corruzione, senza stupri, senza assassinii… è l’uomo che è sempre lo stesso.

Vorrei concludere con una domanda sulla moviola. Cosa ne pensa della sperimentazione che avverrà nei prossimi anni?

Penso che ci si aspetti troppo, che sia una cosa che doveva essere introdotta, ma non bisogna dimenticarci che resterà comunque un’opinione dell’arbitro, visto che farà rivedere lentamente qualcosa su cui però bisognerà esprimere in ogni caso un’opinione. In poche parole, la moviola resta un’opinione e questo non è da sottovalutare, se si pensa che il calcio è uno sport pieno di pregiudizi, perché è un gioco di fede e quando c’è la fede entra di mezzo anche il pregiudizio, finendo così per vedere il calcio non in modo oggettivo, ma in base a se stessi. La moviola aiuterà, ma dipenderà sempre dalla serenità di chi la osserva.

Stefano Duranti Poccetti

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