Trieste, Politeama Rossetti – Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, Sala Bartoli, dal 21 novembre al 1 dicembre 2019
Il palcoscenico della Sala Bartoli del Rossetti a Trieste è nascosto, forse per la prima volta, da un imponente sipario rosso che ne trasforma l’usuale fisionomia rendendo così ancora più evidente la presenza della quarta parete, di solito quasi assente nella percezione del pubblico che la frequenta.
“Valzer per un mentalista” di Davide Calabrese e Fabio Vagnarelli per la regia di Marco Lorenzi , nuova produzione dello Stabile regionale in debutto assoluto, si mostra subito come qualcosa di diverso dal solito, quasi fuori contesto.
Il pubblico si trova costantemente messo alla prova da un allestimento rigido nel quale si aprono a sorpresa spazi imprevedibili, grazie al fluire brusco di immagini, suoni, apparizioni.
Ai tre attori in scena sono affidate parti ben delineate, complementari e necessarie come pannelli di un trittico.
In una Trieste del 1919 “Nemo” (Vanni De Luca), uomo totalmente privo di memoria, viene internato nel manicomio di Trieste, attivo ormai da undici anni. La dottoressa Martha Bernard (Romina Colbasso), giovane psichiatra seguace delle teorie di Sigmund Freud, vuole provare su di lui una strada alternativa alle tradizionali terapie farmacologiche; nella stanza-cella Nemo si trova costretto a convivere con Edi (Andrea Germani), un malato mentale aggressivo e violento, che lo tormenta con l’intento di fargli perdere ogni speranza di guarigione.
Il soggetto di questa originale piéce ben si adatta a uno stile teatrale che, aggiungendo molta fisicità alla recitazione, si avvicina alle tradizioni presenti nell’area centroeuropea offrendo nuove suggestioni agli spettatori.
A poco a poco Nemo, grazie alla tenacia e alla natura particolarmente empatica di Martha, riacquista la memoria e soprattutto le straordinarie doti di una mente iperattiva molto ben canalizzata, capace di entrare facilmente in risonanza con i processi mentali delle numerose persone con cui interagisce contemporaneamente, senza però esserne condizionata.
A Edi tutto ciò non piace e con prepotenza fisicamente agita cerca in ogni modo di opporsi a quel che sta succedendo.
Ma la dinamicità incredibile di un pensiero capace di organizzarsi usando al meglio una memoria riconquistata dalle caratteristiche strepitose, se da una parte dona a Nemo il piacere concreto nell’andare oltre i propri limiti in una perenne sfida con se stesso, lo porta nella costante possibilità di perdersi.
Riuscirà a vincere questa prova, l’unica vera della sua esistenza?
Cos’è davvero importante? È preferibile vivere nella ricerca infinita della complessità più estrema, nel tentativo di raggiungere le verità assoluta o piuttosto lasciarsi andare adagiandosi a un pensiero semplice o, ancora, permettere agli altri di decidere per noi?
Le reali abilità di Vanni De Luca sorprendono, attraggono, forse inquietano e il testo drammaturgico di Davide Calabrese e Fabio Vagnarelli, entro le quali l’interprete di Nemo si muove, amplificano le già mirabolanti esemplificazioni del suo talento sostenute con notevole bravura da Romina Colbasso e Andrea Germani, giovani attori della Compagnia Stabile del Rossetti, grazie ai quali il travaglio dato dall’impossibilità di “spegnere il cervello” del protagonista appare in tutta la sua evidenza.
Gli spettatori si trovano immersi in una situazione molto particolare e l’assistere al funzionamento di una mente capace di muoversi fluida grazie alla possibilità di alzare e abbassare senza alcuno sforzo le proprie paratie interne a seconda della necessità contingente, hanno l’opportunità di cogliere l’essenza della memoria, personale e collettiva, mattone imprescindibile di ogni nostra azione responsabile.
Paola Pini