È uscito il volume Teatro, pubblicato dall’Editrice “Petite Plaisance” nel dicembre scorso, e che nelle sue 864 pagine contiene 23 opere teatrali della scrittrice toscana Maura Del Serra, composte nel periodo che va dal 1985 al 2015. Quello che subito colpisce il lettore è l’elegante eclettismo espressivo dell’autrice, i cui testi riguardano le problematiche di personaggi mitici o storici. Questi sono a volte ambientati nella Grecia classica – è il caso di Agnodice e Eraclito-, a volte nel Medio Evo, nell’Umanesimo, nell’epoca barocca (Scintilla d’Africa, Andrej Rubljov, La Fenice), nella contemporaneità e persino nel futuro (La fonte ardente, Il figlio, Guerra di sogni). “Per Maura Del Serra le parole sono elementi vivi, hanno linfa come le foglie di una pianta rigogliosa, e assumono significati autentici nelle radici dell’essere in relazione con gli altri esseri.” Antonio Calenda descrive così il linguaggio della Del Serra, sempre a suo agio sia nella scrittura in versi sia in quella in prosa, dove la saldezza lessicale si sposa con una mirabilie poeticità, con una scrittura che non rinuncia mai alla bellezza linguistica e sonora. L’intento poetico è assai evidente in certi testi dove la sostanza lirica supera talvolta quella drammaturgica, come accade per Stanze o per Trasparenze, entrambi sottotitolati Versi per la Danza; la linfa poetica può far apparire il teatro dell’autrice permeato da una certa letterarietà, estraneo ai rapidi dialoghi e all’asciuttezza di molto del nostro teatro contemporaneo, ma, nonostante la sua accennata valenza anche letteraria, il teatro dell’autrice non risulta statico, ma, anzi, si mostra scenicamente attraente, visto che la scrittrice, nonostante il suo stile aulico, non smarrisce mai gli elementi indispensabili al funzionamento drammaturgico. Vi sono testi dove emerge il forte interesse che l’autrice nutre verso i mondi della filosofia e dell’arte, ne sono esempi: La fonte ardente. Due atti per Simone Weil, Trasumanar. L’atto di Pasolini, Isadora (dedicato a Isadora Duncan), La Torre di Iperione. Hölderlin e gli altri, Lo Spettro della Rosa – il monologo (che riprende il titolo di una sua celebre coreografia) dedicato a un Nijinskij immerso nella solitudine, costretto ormai dialogare soltanto coi suoi fantasmi -, sono solo alcuni titoli che fanno comprendere gli universi cari alla Del Serra.
Il volume si presenta con una copertina rossa illustrata da una geometrica e fine miniatura. L’introduzione, attenta e profonda, è di Antonio Calenda. L’opera è inoltre arricchita da una precisa cronologia ragionata delle opere e da un’ Appendice con scritti di Luzi, Ronfani, Antonucci, Marcheschi, Van Hoecke, Pezzoli, Beck e altri autori.
Un libro da non perdere per gli amanti del teatro e della bella scrittura.
Stefano Duranti Poccetti