Teatro Poliziano, Montepulciano. Domenica 17 aprile 2016
“NO GURU, NO METOD, NO TEACHER” (dalla canzone In the garden di Van Morrison)
“IL MONDO E’ COME LO FAI / DENTRO LA TESTA LO SAI” (dalla canzone Il mondo dei Reggae National Tickets)
La giovane e inquieta regina Dada (Valentina Cenni), stufa del ruolo che gli altri le hanno imposto fin dalla nascita, decide di abdicare per conquistare, finalmente, la libertà. Una libertà non solo materiale, ma anche spirituale: Dada vuole affrancarsi sia dai vincoli sociali, che -soprattutto- dalle rigide regole della razionalità, per riuscire a esprimere pienamente i propri sentimenti e lasciar così emergere la sua vera personalità. Per affrontare il lungo cammino dell’autodeterminazione, Dada si “appoggia” al suo insegnante di musica, il paziente e silenzioso Alain Cosmo’ (Bollani), presso il quale si rifugia trovando finalmente l’ambiente ideale dove coltivare le proprie idee. I due condividono la stessa visione della vita, oltre al sogno di un mondo migliore: più semplice, più “naturale” e privo di gabbie (non solo quelle “materiali” presenti in scena). Insieme al fidato maestro, che la ispira con le note del suo pianoforte, Dada stabilisce le quattro regole ideali del “MONARCA ABDICANTE”, basate principalmente sulla necessità di ridurre, se non eliminare, gli artifici del logos, cioè della ragione umana, e attuare così un vero cambiamento interiore. Innanzitutto, bisogna riscoprire il presente: il tempo e lo spazio sono convenzioni, quindi futuro e passato non esistono, se non nella nostra mente; quest’ultima, tramite i pensieri, è l’artefice della nostra percezione del mondo: cambiando i pensieri, si cambia il mondo. Occorre occuparsi anche delle parole: troppe, e troppo complicate, senza contare, poi, le definizioni. Altra cosa importante è quella di garantire al monarca una regolare dose di insulti, giusto per tenerlo con i piedi per terra. Infine, un pensiero per la morte: e se la eliminassimo? Mentre, da là fuori, la realtà bussa ripetutamente alla porta cercando di stanare i due sovversivi, la prorompente vitalità di Dada scioglie a poco a poco la timidezza del maestro, che a un certo punto decide di rompere gli indugi e…
Non mi stancherò mai di ripetere che Stefano Bollani è uno degli artisti più poliedrici ed eclettici in circolazione: il jazz, ovviamente, ma anche la classica, il pop e molto altro ancora (capirete facilmente cosa intendo partecipando a un suo concerto di piano solo…). La musica è, però, solo una parte della sua attività artistica: il Nostro, infatti, si è occupato anche di televisione, radio, letteratura e, come in questo caso, teatro. La regina Dada, scritto e interpretato insieme alla compagna Valentina Cenni, è l’ennesima sorpresa nel variegato e imprevedibile percorso del pianista (anche se è un po’ riduttivo definirlo così) milanese. Lo spettacolo è uno sperimentale, originale e riuscito mix di musica e pillole di filosofia esistenziale. La fonte d’ispirazione principale è, come rivela il nome scelto per la protagonista, quell’utopia, ormai quasi dimenticata, che risponde al nome di Dadaismo, ossia il movimento artistico e letterario nato nel 1916 con l’intento di creare un’arte (e, con essa, una società) spontanea, intuitiva, semplice, affidata al caso e all’irrazionale, libera da ogni mediazione della ragione e dalla retorica, oltre che indipendente rispetto alle regole e ai dogmi della tradizione. Il credo Dada permea le regole di vita stabilite dai due personaggi, servite con l’ironia e la leggerezza tipiche di Bollani il quale, pur cimentandosi con la recitazione (qualche breve battuta, in realtà), lascia saggiamente la parola all’attrice e ballerina Valentina Cenni, preferendo esprimersi quasi esclusivamente nel modo che gli è più congeniale: suonando. Così, ai frenetici monologhi/sfoghi della regina Dada, il timido professore replica nascondendosi dietro alle citazioni del suo alter ego Alain Cosmo’, autore d’immaginari libri sulle “verità della vita”, oppure, più spesso, affidando i suoi pensieri alle note del pianoforte. E qui, non c’è niente da fare: appena Bollani si siede e comincia ad accarezzare i tasti del suo strumento, la magia si diffonde puntualmente, sempre e ovunque. Come al solito, la scaletta dei brani attinge ai generi musicali più vari, spaziando dallo Schiaccianoci alla Danza ritual del fuego di Manuel de Falla (uno dei pezzi forti dei suoi concerti), fino all’omaggio finale a Keith Emerson con Honky tonk train blues, sulle cui note cala il sipario. In mezzo ai pianismi di Bollani, poi, ogni tanto fa capolino, come curioso Leimotiv, l’inizio di 24 mila baci.
Recitazione e musica, però, non sono gli unici ambiti artistici abbracciati dallo spettacolo: è ancora in pieno spirito Dada che la regina sembra reagire alla vellutata “voce” (il piano) del maestro, improvvisando estemporanee danze in armonia con gli stati d’animo che la musica suscita in lei; danze arricchite, in alcuni passaggi, da suggestive coreografie di luci e colori, ottenute maneggiando abilmente una sorta di braccialetti luminescenti e deformabili –un numero degno di una ginnasta ritmica!
In coda, Bollani “ritorna” concertista regalando al pubblico un inatteso bis, con l’esecuzione (piano e voce) della canzone Biancaluna del cantautore Gianmaria Testa: un modo originale per ricordare un altro musicista che “INSIEME A DAVID BOWIE E A KEITH EMERSON, SI E’ UNITO A QUELL’ORCHESTRA NUOVA CHE SI VA FORMANDO E CHE NON SI SA DOVE SUONI”.
Francesco Vignaroli