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Locuzioni d’uso quotidiano: molte sono state coniate da Dante

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Lo sapevate che il nostro linguaggio quotidiano è ricchissimo di espressioni idiomatiche, citazioni e versi contenuti nella Divina Commedia? Ebbene sì, molto spesso, senza neppure rendercene conto, utilizziamo modi di dire coniati e diffusi da Dante. Eccone alcuni:

Inurbarsi

Oggi è un termine usato quasi esclusivamente da urbanisti, architetti e storici, quindi ormai appartiene ad un cosiddetto linguaggio settoriale, non molti sanno però che questo è uno dei tanti neologismi danteschi composti dal prefisso in, come ad esempio, ingemmarsi che significa adornarsi luminosamente oppure imparadisare che invece vuol dire innalzare al Paradiso.

Il bel Paese

È l’Italia il “bel Paese là dove il sì suona”, cioè dove si dice “sì” (Inferno, XXXIII, 80). In questo importante verso della Divina Commedia Dante condanna Pisa, “Vituperio de le genti” per lo spregevole trattamento riservato al conte Ugolino.

Galeotto fu… [inserire elemento a piacere]

Un tempo non era altro che la trascrizione del nome francese Galehault (o Galehaut), ovvero Galeotto, il celebre personaggio che caldeggiò l’amore tra Lancillotto e Ginevra. “Galeotto fu il libro”, (Inferno, V 136), significa che il libro ebbe la stessa funzione di Galeotto: cioè quella di spingere i due amanti, Paolo e Francesca, ad innamorarsi.

Stai fresco

Neologismo che, al giorno d’oggi, viene usato per dire: “Finisce male”. Ẻ ripreso dal canto XXXIII della Divina Commedia, in cui si descrive il Cocito come la parte peggiore dell’inferno, ovvero, il lago nel quale i peccatori venivano immersi nel ghiaccio.

Cosa fatta capo ha

Dante scrive questa frase all’inverso: “Capo ha cosa fatta” (Inferno, XXVIII, 107). Una delle leggende dell’epoca dantesca dice che la frase sopraccitata venne pronunciata da Mosca dei Lamberti per indurre la famiglia degli Amidei a vendicarsi di Buondelmonte per un affronto di tipo matrimoniale. Lo scontro portò alla divisione tra Guelfi e Ghibellini, che venne causata proprio da Mosca.

Non mi tange

Non m’importa, non m’interessa. Quest’espressione idiomatica usata in frasi scherzose, è scritta nel II canto dell’inferno dantesco, più precisamente, viene pronunciata da Beatrice che, nel momento in cui risponde ad unadomanda postale da Virgilio dice: “Io son fatta da Dio, sua mercé, tale / che la vostra miseria non mi tange”.

Senza infamia e senza lode

L’originale è “senza infamia e senza lodo”, che rima con “odo” e  “modo” (Inferno, III, 36), questa espressione allora designava qualcosa di grave,  infatti, non a caso, Alighieri  la usava  per descrivere gli ignavi. Nell’epoca attuale, invece, essa ha un valore neutro: ad esempio, può voler dire bene, ma non benissimo, bello, ma non bellissimo, insomma, senza lode e senza infamia appunto.

Non ragioniam di loro, ma guarda e passa

Oggi modificata in non ti curàr di lór, ma guarda e passa. Ẻ un’altra delle espressioni idiomatiche ripresa dal poema dantesco, (Inf. III, 51), utilizzata per significare che non è necessario preoccuparsi né delle bassezze della vita, né delle malvagità altrui.

Fa tremar le vene e i polsi

Frase che oggigiorno viene utilizzata per indicare qualcosa di particolarmente difficile o gravoso, ma che fu coniata da Dante quando, dopo essere uscito dalla “selva oscura” incontrò altri ostacoli (Inferno, I, 90).

Martina Naccarato

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