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Dagomago, dal Piemonte alla conquista del mondo. Una talentuosa band sempre in cerca di contaminazioni

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Nel 2015 si sono aggiudicati il premio come Best Arezzo Wave Band in mezzo a circa duemila nomi. Sono i piemontesi Dagomago, un quartetto piemontese che due anni fa ha dato alle stampe il primo album Evviva la deriva (Vina Records) e da allora ha macinato date su date in giro per l’Italia, portando sul palco un mix irresistibile fatto di indie, punk, new wave, elettro-pop e tanto altro. I Dagomago guardano alle migliori lezioni del passato ma sono ben ancorati nel presente, con le loro storie ironiche che parlano di una generazione con tanti sogni ma anche tante disillusioni.

Nel mese di luglio la band ha suonato alla 30° edizione di Arezzo Wave Love Festival ed è lì che abbiamo incontrato Matteo (chitarra e voce), Luca (batteria e percussioni), Andrea (tastiere e percussioni) e Mattia (basso).

Da trent’anni suonare ad Arezzo Wave è uno dei sogni nel cassetto di ogni band emergente. È così anche per voi?

Matteo: “Nonostante i problemi che ha attraversato negli ultimi tempi – che poi sono comuni a tutto il panorama musicale italiano in generale – Arezzo Wave rimane un marchio di garanzia per la valorizzazione dei giovani gruppi. All’estero tutti lo conoscono.

Se il 2015 ci ha regalato grandi soddisfazioni dobbiamo dire grazie anche a questo festival, ancora oggi uno dei più importanti nel panorama italiano e non solo.

Vincere il premio come miglior band dell’edizione passata è stato il coronamento di questa prima parte di carriera, un riconoscimento che ci ha permesso di suonare in appuntamenti di livello mondiale come il Montreux Jazz Festival e il CMJ Music Marathon di New York”.

Il vostro marchio di fabbrica è un sound poliedrico che attinge da vari generi.

Luca: “Abbiamo tante influenze e la contaminazione è una caratteristica che emerge in maniera rilevante nella nostra musica, alimentata dalle esperienze di ognuno di noi e dalla frenetica attività live in giro per lo stivale.

Da un anno e mezzo siamo infatti costantemente on the road. Vediamo ormai il traguardo delle cento date e questo ci ha aiutato ad ampliare i nostri orizzonti. Allo stesso tempo stiamo lavorando al materiale che confluirà nel nuovo album, dove troverete tanti nuovi ingredienti. Non mancheranno le matrici indie e punk che ci hanno caratterizzato finora, ovviamente, ma scoprirete anche certe influenze che arrivano dalle isole, sia caraibiche, sia mediterranee”.

Quattro anime diverse ma con un obiettivo comune.

Andrea: “Quando entriamo in sala prove o saliamo sul palco viaggiamo sempre all’unisono, ormai abbiamo piena consapevolezza di quello che ognuno di noi può apportare al progetto ‘Dagomago’. Ecco perché nel nuovo disco troverete tanti strumenti, molteplici sonorità che si incontrano, ma soprattutto avvertirete quell’amalgama capace di generare tanta energia”.

Ultima domanda, ma la più curiosa. Che diavolo significa Dagomago?

Mattia: “È un termine che unisce ‘dago’ – uno degli insulti rivolti agli italiani che emigravano in America alla fine dell’Ottocento, che secondo gli statunitensi viaggiavano sempre con un pugnale in tasca (dagger) – e ‘mago’ – che invece rimanda alla nostra attitudine per le sorprese, i giochi di parole e le filastrocche”.

E le sorprese, quando questa talentuosa band piemontese sale sul palco, sono sempre all’ordine del giorno. Dagomago: segnatevi questo nome.

Marco Botti

 

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