ALBERTO RABAGLIATI: “La canzone ci racconta la società, i sentimenti e l’individuo, nella prospettiva in cui ci educhiamo e in cui possiamo trovare l’origine dei nostri malesseri”

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Quanto parliamo di canzone italiana in termini storici siamo più propensi a ricordare la fine degli anni ’50, senza mai o quasi considerare gli anni precedenti, probabilmente perché questi e i successivi (anni ’60, ’70, ’80 e ’90) rappresentano la stagione più bella del nostro Paese, dove veniva raffigurato nelle canzoni un contesto in cui esplode il “Bello” e il “Sublime” artistico della canzone italiana. Ma  non dobbiamo pensare che prima non esistevano delle belle canzoni o che esse fossero prive di estetica. Certo, gli anni precedenti alla fine degli anni ’50 rappresentano un periodo nero della canzone (come del Paese in generale), ma si assisteva comunque all presenza di un’estetica artistica e filosofica. La canzone, la musica, le tonalità, l’atmosfera musicale accompagnano la società e i sentimenti, gli stati d’animo delle persone, sopratutto degli artisti che scrivono o compongono canzoni. La canzone riporta frammenti della nostra vita personale e della società. La canzone – a mio avviso – in periodi precedenti agli anni ’50 era anche condizionata dalle concezioni etiche e morali. Prendiamo per esempio il brano “Tu Musica divina” (1940) portata al successo da Alberto Rabagliati (26 giugno 1906 – 7 marzo 1974).

Questa canzone, che nella sua tonalità musicale, a mio parere, è un po’ fredda nell’esprimere e manifestare il sentimento amoroso, ci dice “La carezza del vento/il profumo dei fior/un lontano lamento prende il mio cuor/è una musica il sole/è una musica il mare [….] tu musica divina, tu che mi hai preso il cuore/non sai che il canto di un violin/può far un sogno il mio destin…”. Essa ci parla insomma di amore, ma nel far questo c’è un certo freno nel manifestare il sentimento, probabilmente a causa di una questione etica morale del tempo; la morale che non prevedeva la libertà a un uomo di manifestare il suo amore per la sua amata. Nessun uomo o individuo nasce incatenato, casomai si costruisce delle catene da solo a causa della morale imposta. La canzone di Rabagliati ci parla proprio di questa tematica, che viene trattata in modo totalmente diverso in un’altra canzone: “Parlami d’amore Mariù” degli anni ’30. Notiamo che essa è più sciolta e si prende la libertà di urlare questo amore. Onora la bellezza della donna, non ha paura a dire liberamente che l’ama e non gli importa del mondo “se si burla di me”, dice il testo di Cesare Andrea Bixio.   Si abbandona quindi l’etica e la morale della società, del tempo e, chissà, magari anche della famiglia stessa. Ma torniamo a Rabagliati, che comunque ci fa anche notare i cambiamenti della morale sociale e individuale con altri successi, come in “C’è una casetta piccina”, che di un giorno meraviglioso, vale a dire quello del matrimonio, laddove l’artista manifesta la sua gioia e non si fa scrupoli nel pronunciare parole come “mio dolce amor…” e quindi ad esprimere il proprio sentimento. Anche qui l’atmosfera musicale inizia a essere più sciolta, anche se forse c’è sempre un freno nel manifestare l’amore alla propria amata. La scioltezza, che qui non è completa, giunge al suo apice in un altro suo successo: “Bambina innamorata”, dove la tonalità melodica è più dolce e romantica. In questo caso l’artista manifesta alla sua amata di averla sognata addormentata sul suo cuore, rappresentando così un uomo con il desiderio di avere la sua amata abbracciata a lui. La manifestazione dell’amore aumenta ancor più in una canzone più celebre dello stesso artista, “Mattina fiorentina”, conosciuta forse meglio come “E’ primavera…”, cantata anche dal grande Claudio Villa. Essa si presenta come un inno all’amore, inno alla libertà di amare, “che male c’è nel baciare le donne…”, cita il testo, una poesia allegorica di gioia e di pace, do si parla di un ritorno all’amore che trionfava nel ‘400. Un ultimo successo dello stesso artista è “Ba, ba, baciami piccina”, dove emerge la frase “baciami sulla bocca alla luce del giorno”, donandoci il messaggio che non ci dobbiamo preoccupare dei giudizi degli altri.

Le canzoni ci raccontano anni, epoche, generazioni, la nostra società e anche noi stessi e i nostri mutamenti, i mutamenti che provengono dall’amore, dal sentimento provato – anche se questo è molto complesso a volte. La canzone ci racconta anche di incontri fondamentali al nostro cambiamento, che ci aiutano a sensibilizzarci e a farci sognare, a creare nuove concezioni che ci educhino. In fondo anche i rapporti sono oggetto di educazione alla vita e al nostro benessere. Da qui dovremmo forse riuscire a trovare la via dei malesseri umani.

Giuseppe Sanfilippo

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