Razzullo e Sarchiapone, protagonisti de La cantata dei pastori di Barra al Massimo Bellini di Catania

Data:

Dal 15 al 22 dicembre 2016 il Teatro Massimo Bellini di Catania

Dal 15 al 22 dicembre 2016 il Teatro Massimo Bellini ospita sul proprio palcoscenico La cantata dei pastori firmata da Peppe Barra nel triplice ruolo di attore, autore e regista. Il testo originario a cui Barra si è ispirato nasce nel 1698, quando i Gesuiti commissionarono all’abate Andrea Perrucci una sacra rappresentazione che avesse lo scopo di allontanare il popolo napoletano dagli spettacoli blasfemi che si davano a quel tempo. Di fatto bastò poco prima che la gente se ne appropriasse del tutto, trasformando completamente il valore dell’opera, nella quale vennero inseriti gli irriverenti personaggi di Razzullo e Sarchiapone. La Cantata divenne nel tempo così indecente da costringere l’emanazione di un editto cardinalizio che ne sospendesse le rappresentazioni e da far dire, poi, a Benedetto Croce che l’opera «era finita e non sarebbe stata rappresentata mai più». Ma non fu così, di fatto, continuò a essere riproposta, prima clandestinamente, poi nei teatrini di quartiere e negli oratori parrocchiali fino al 1974 quando Roberto De Simone la fece riscoprire al grande pubblico. Il plot racconta delle traversie che Giuseppe (Andrea Carotenuto) e Maria sono costretti ad affrontare per arrivare a Betlemme, dove si terrà il censimento ordinato dall’imperatore. Ma il vero nucleo narrativo è collegato alla lotta tra il Bene e il Male, vissuta attraverso i ripetuti scontri fra il diavolo Belfagor e l’Arcangelo Gabriele. Loro malgrado anche lo scrivano napoletano Razzullo e il barbiere pazzo Sarchiapone si troveranno coinvolti nella vicenda e in qualità di improbabili pastori assisteranno alla nascita del Bambino Gesù.

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La cantata dei pastori è certamente uno spettacolo fuori da quel contesto operistico e musicale a cui siamo abituati, è un dramma musicale che si sarebbe meglio adattato alla rassegna collaterale Natale al Bellini 2016, un calendario ricco di spettacoli a tema, ma che spiazza come opera conclusiva della stagione 2016. Seppur sia innegabile il suo valore di tradizione legato a quel modo di fare teatro che prende spunto dai guitti e che strizza l’occhio, neanche poco, alla commedia dell’arte per la struttura narrativa basata su quadri e per la presenza delle maschere, non ne comprendiamo appieno la scelta.
Lo spettacolo, nonostante la premessa, è ben costruito. Ha alle spalle una chiave di lettura registica che è consapevole dell’intero processo a cui i personaggi sono chiamati e che si sviluppa su più codici. I singoli momenti appaiono curati sia dal punto di vista della recitazione, artificiosa ed affettata, dove ogni gesto viene sottolineato in maniera iperbolica ma soprattutto da quello canoro. Anche dal punto di vista linguistico c’è una grande operazione che tiene conto di due dimensioni, quella in dialetto napoletano affidato alle maschere di Razzullo e Sarchiapone e quella in italiano arcaico, in rima, a cui si rifanno tutti gli altri personaggi, compresi i pastori; frutto probabilmente anch’essa di una commistione di generi di cui il testo è ricco.
Le musiche di Carmelo Columbro, che dirige con piglio sicuro l’Orchestra del Massimo Bellini, e Lino Cannavacciuolo restituiscono quella dimensione popolare di cui il testo è pregno, palesando allo stesso tempo un’orchestrazione raffinata. Bravi tutti i cantanti, da Maria Letizia Gorga che con la sua vocalità bruna e densa è straordinaria nei panni della zingara prima e di Gabriello poi, passando per quella più leggiadra di Chiara Di Girolamo, che interpreta la Vergine Maria, in grado di far uso di un buon vibrato e raggiungendo con facilità gli acuti. Anche Patrizio Trampetti, nel duplice ruolo del cacciatore Cidonio e del Diavolo Oste, Fabio Fiorillo in quello del pescatore Ruscellio e Francesco Viglietti che interpreta il pastore Armenzio, tratteggiano con i canti e le parole quel clima a metà tra il bucolico e il popolare. Senza dimenticare il piccolo Benino, Giuseppe De Rosa, un giovane attore che nulla ha da invidiare ad artisti d’esperienza, il quale porta in scena un pastorello briccone che si burla delle due macchiette, come accade nella divertente scena dell’avvelenamento, ma che come tutti i bambini ha un cuore d’oro che mostra a conclusione dello spettacolo, quando esegue con straordinario talento e ottima capacità interpretativa il canto Quanno nascette Ninno, scritto da Alfonso Maria de’ Liguori in dialetto nel 1754 e su cui si svilupperà successivamente Tu scendi dalle stelle.
Si passa spesso da momenti solistici a quelli d’insieme (duetti, quartetti) armonizzati alla perfezione dal possente Coro del Massimo Bellini, diretto dal Maestro Ross Craigmile, che come sempre è sinonimo di qualità. Non sono mancati anche momenti di danza con le coreografie accattivanti di Erminia Sticchi, nei quali i demoni e i mostri che popolano gli inferi si contorcono in salti e acrobazie mentre il Demonio (Giacinto Palmarini) progetta come portare a termine il suo sordido piano contro la coppia di sposi.
Peppe Barra è il vero mattatore della compagnia, eccezionale nel saper sfruttare al meglio le sue capacità artistiche che ne fanno un bravo interprete e un esilarante comico, affiancato da una spalla di rispetto come Salvatore Misticone. La loro comicità costruita attorno a lazzi e sketch in napoletano stretto se a primo impatto risulta esilarante, per via anche del ritmo delle battute, col tempo, a causa del suo reiterarsi spasmodico, fa perdere brillantezza al testo. La loro innegabile maestria non spiega, per di più, la necessità di volersi ingraziarsi il pubblico catanese in maniera un po’ ruffiana con battute che lasceremmo volentieri a comici di piazza.
Anche le scene di Tonino Di Ronza meritano una menzione particolare per via di quel sipario sullo sfondo che ricorda l’opera dei pupi, o per i fondali dipinti che raffigurano il bosco, la caverna oppure gli inferi, arricchiti da elementi che rimandano ad un modo di fare il teatro d’antan ma che conserva un innegabile fascino. In linea con lo spettacolo i costumi di Annalisa Giacci, dalle tonalità intense e con una chiara valenza iconografica.

Laura Cavallaro

La Cantata dei Pastori
Opera in due atti
di Peppe Barra
Liberamente ispirata all’Opera Teatrale Sacra
di Andrea Perrucci
Regia di Peppe Barra
Musiche di Carmelo Columbro – Lino Cannavacciuolo
La Canzone di Razzullo è di Roberto de Simone
Direttore Carmelo Columbro
Scene di Tonino Di Ronza
Costumi di Annalisa Giacci
Coreografie di Erminia Sticchi
PERSONAGGI E INTERPRETI (in ordine di a.)
Zingara/Gabriello – Maria Letizia Gorga
Maria Vergine – Chiara Di Girolamo
Cidonio/Diavolo Oste – Patrizio Trampetti
Demonio – Giacinto Palmarini
Armenzio – Francesco Viglietti
Benino – il piccolo Giuseppe De Rosa
Razzullo – Peppe Barra
Sarchiapone – Salvatore Misticone
San Giuseppe – Andrea Carotenuto
Orchestra e Coro del Teatro Massimo Bellini
Danzatori
Amina Arena – Claudia Curti – Marica Cimmino – Chiara Celotto
Teresa De Rosa – Ilaria Punzo – Christian Pellino – Antonio Grasso
Giovedì 15 Dicembre 2016 – ore 20.30 (Turno A)
Venerdì 16 Dicembre 2016 – ore 17.30 (Turno S/1)
Sabato 17 Dicembre 2016 – ore 17.30 (Turno R)
Domenica 18 Dicembre 2016 – ore 17.30 (Turno D)
Martedì 20 Dicembre 2016 – ore 20.30 (Turno B)
Mercoledì 21 Dicembre 2016 – ore 17.30 (Turno S/2)
Giovedì 22 Dicembre 2016 – ore 17.30 (Turno C)
Foto Alessandro Vitiello

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