“Angelicamente anarchici”: Don Gallo e Fabrizio De André nell’omaggio di Michele Riondino

Data:

Teatro Morlacchi, Perugia. Giovedi 12 gennaio 2017

“………………….” (Citazione d’apertura volutamente lasciata in bianco: per riempire lo spazio utilizzate pure una frase qualsiasi da una qualunque canzone di De André…a voi la scelta)

Direttamente dall’aldilà, Don Andrea Gallo, accompagnato dalle canzoni di Fabrizio De André, si racconta lasciandosi guidare dai ricordi: la sua Genova, gli incontri, la vita a fianco degli emarginati, la lontananza dalla Chiesa “ufficiale”, le riflessioni sul significato di alcune parole-chiave della religione cristiana.

Quasi quattro anni senza Don Gallo (1928-2013) e, purtroppo, ben diciotto (!) senza Fabrizio De André (1940-1999): due vuoti incolmabili che il ricordo, però, può almeno mitigare. Pur nella diversità dei rispettivi percorsi di vita, Don Gallo e Fabrizio De André avevano tanto in comune, a partire dalla città d’origine, Genova, per non parlare, poi, delle forti affinità ideologiche ed esistenziali che li hanno portati a stringere un forte legame d’amicizia. Due spiriti liberi, “MA LIBERI VERAMENTE” -per citare Eugenio Finardi-, due uomini che hanno sempre saputo conservare la propria individualità e le proprie idee senza farsi travolgere dalla corrente della “MAGGIORANZA”, proiettandosi oltre il senso comune in direzione di un’utopia forse irraggiungibile, ma indispensabile per vivere un’esistenza degna d’essere vissuta. Due che, utilizzando un’espressione piuttosto abusata, sono sempre stati definiti “contro”: contro il Potere e le sue logiche, contro il pensiero dominante e acritico, contro le ingiustizie, contro l’ipocrisia, contro le convenzioni… Si dimentica spesso di aggiungere, però, che chi è “contro” sul serio (e non, quindi, “a prescindere”), accanto ad una fase critica e distruttiva, ne affianca una propositiva e costruttiva: essere contro qualcosa, per essere a favore di qualcos’altro che ancora non c’è e per cui ci si impegna, nel desiderio di un cambiamento. Nel caso di Don Gallo e De André, il loro spirito anarchico e libero criticava una società ingiusta e drammaticamente diseguale, colpevolmente indifferente nei confronti degli ultimi, intollerante verso la/le diversità. De André, gli ultimi li ha cantati nelle sue canzoni, restituendo loro quella dignità e quell’attenzione negategli dal mondo; Don Gallo, invece, con gli ultimi e per gli ultimi ha speso gran parte della propria vita, interpretando la missione religiosa in maniera autenticamente caritatevole e realizzando, col suo esempio, quella “Chiesa degli Ultimi” cara anche a Papa Francesco. La “controproposta” di Don Gallo e De André, cioè la loro “fase costruttiva”, consisteva quindi nell’idea di una società più giusta e umana, dove il rispetto e la piena accettazione dell’Altro, cioè della diversità intesa in qualunque forma, venisse ancor prima della tolleranza (termine che, di per sé, implica uno sforzo, e quindi una concessione, da parte del “tollerante” nei confronti del “tollerato”, cioè del “diverso”).

Corriere_dello_SpettacoloVeniamo ad Angelicamente anarchici. Nei panni del sacerdote ligure, Michele Riondino -che firma pure la regia- ne tratteggia la personalità e la visione della vita attraverso brevi ma incisivi monologhi, quasi delle pennellate, ispirati ad alcune tra le più celebri canzoni di De André dedicate ai ritratti di persone (La collina, Un giudice), alla descrizione di Genova e della sua gente (Crêuza de mä), alle riflessioni sull’animo umano (Ballata dell’amore cieco, Anime salve); il tutto, a comporre quel “quinto vangelo” laico, il “vangelo secondo Fabrizio”, che Don Gallo affiancava ai quattro vangeli canonici e nel quale aveva trovato, forse più che negli altri, l’espressione più intensa e autentica di quello spirito di comunione e comprensione (due termini su cui Don Gallo/Riondino si sofferma particolarmente) al centro del messaggio di Cristo. Le canzoni sono eseguite live da tre validi musicisti (Francesco Forni, Ilaria Graziano e Remigio Furlanut), che l’attore/regista sottrae “perfidamente” alla vista del pubblico, nascondendoli dietro al telo bianco alle sue spalle –l’unico elemento scenografico presente oltre alla sedia del protagonista- fin quasi alla fine dello spettacolo, svelandoli soltanto al momento dell’esecuzione dell’immortale Testamento di Tito (canzone seguita poi dall’ironica Don Raffaè), la quintessenza del pensiero laicamente umanitario di De André e uno dei punti più alti della sua poetica. Il telo di cui sopra, oltre a celare i musici, funge da supporto narrativo: su di esso vengono proiettate ombre (quella di Don Andrea e quella, inquietante e severa, del cardinale senza nome con cui il protagonista cerca invano un confronto aperto), immagini astratte e colori che sottolineano i contenuti dei vari monologhi; durante il segmento conclusivo, ombre e immagini cedono il posto a spezzoni di filmati di repertorio del vero Don Gallo, per dare ulteriore sostanza alla vita e alle opere di un uomo per cui, come ho già avuto modo di dire in un’altra occasione, non è esagerato citare la celebre frase pronunciata da Einstein a proposito di Gandhi: “LE GENERAZIONI FUTURE STENTERANNO A CREDERE CHE UN SIMILE UOMO IN CARNE E OSSA ABBIA CAMMINATO SU QUESTA TERRA”. Ottima prova per Michele Riondino, visibilmente coinvolto nel progetto e appassionato nella rievocazione della figura di un uomo speciale che è doveroso non dimenticare. A parziale risarcimento per averli tenuti “in castigo dietro la lavagna” per gran parte dello spettacolo, l’attore concede ai suoi musicisti una piacevole coda musicale, un ideale bis, che è anche un’occasione per completare degnamente l’omaggio al grande Faber: arrivano perciò Andrea, Fiume Sand Creek e Quello che non ho, quest’ultima cantata dallo stesso Riondino.

Alla figura di Don Andrea Gallo è dedicato anche lo spettacolo Don gallo papa…ritornerà presto!, firmato dal giornalista e conduttore televisivo Luca Telese, mentre è tuttora in giro per i teatri (a fine marzo farà tappa anche al Teatro Morlacchi) Neri Marcoré con Quello che non ho, progetto musical/teatrale nel segno di De André e Pier Paolo Pasolini. Ho avuto il piacere di recensire entrambi gli spettacoli, circa un anno fa, nel nostro caro, vecchio e ormai defunto “Corrieredellospettacolo.com” (per chi fosse interessato, i contenuti sono sempre disponibili all’indirizzo www.corrieredellospettacolo.com).

Francesco Vignaroli

Michele Riondino
ANGELICAMENTE ANARCHICI
Don Andrea Gallo e Fabrizio De André
Don Andrea Gallo e Fabrizio De André
Interpretato e diretto da Michele Riondino
Drammaturgia Marco Andreoli
Arrangiamenti Francesco Forni
Musiche eseguite dal vivo da Francesco Forni, Ilaria Graziano, Remigio Furlanut
Produzione Centro d’Arte Contemporanea Teatro Carcano e Promomusic

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