Anna Elena Pepe. Da Londra a Roma, per “Una storia finita bene – La notte nella Shoà”

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Anna Elena Pepe è un’attrice teatrale cinematografica che anni fa ha preso una scelta, quella di stabilirsi a Londra. Nonostante questo, al contrario di altri suoi colleghi, non denigra il suo Paese, dicendo che anche l’Italia offre ancora molte possibilità lavorative, basta solo essere ottimisti ed essere capaci di coglierle. Anna ci racconta la sua storia e ci parla del suo ultimo spettacolo, “Una storia finita bene – La notte nella Shoà”, del quale la prima sarà proprio stasera al Teatro Sala Uno di Roma.

Ciao Anna, innanzitutto, per chi non ti conosce, potresti fare una breve presentazione di te?

Sono originaria di Ferrara. Da che ricordo ho sempre voluto fare l’attrice. C’era un bisogno espressivo che ho sempre avuto dentro. Forse molti colleghi mi capiranno, non è un qualcosa che scegli, è un qualcosa che sceglie te, nel bene e nel male. Da bambina ho cominciato a scuola raccontando le storie ai miei compagni inscenando una vera e propria performance. Alle elementari ho cominciato a studiare danza e canto. Il primo corso di teatro l’ho fatto al liceo, e anche il primo film l’ho girato proprio a Ferrara, nella mia città. Poi mi sono trasferita a Londra e ho continuato i miei studi di recitazione lì. Ho studiato prima a Mountview e a Guildhall e poi ho conseguito un master in recitazione e scrittura creativa organizzato dalla Royal Academy in collaborazione con l’International Institute di Performing Arts di Parigi.

In questi anni ho avuto diverse esperienze che mi hanno fatto crescere artisticamente e di cui sono contenta, sia in teatro che al cinema, lavorando sia in inglese che in Italiano. Ho fatto alcuni spettacoli nel West End (la Broadway londinese) e film con registi importanti (Pupi Avati, Richard Blanshard, Johan Nijenhuis). Come doppiatrice e speaker  ho  lavorato per molti brand di rilievo come Vodafone, Ryanair, Amazon e per produzioni di Warner Bros. Paramount e HBO.

Quando è maturata la scelta di andare all’estero? Perché proprio Londra?

Avevo fatto uno scambio culturale al liceo per cui avevo vissuto per qualche tempo in Inghilterra ed ero rimasta molto colpita dallo spazio che veniva dato al teatro e soprattutto ai testi contemporanei, al “new writing”. Mi piaceva tanto l’idea di usare il teatro per uno scopo sociale, per raccontare i problemi di oggi.  Io sono sempre stata anche “autrice”, mi è sempre piaciuto scrivere, sia per il teatro che per il cinema e lì ho trovato una cultura che apprezza molto il lavoro dello scrittore. In Italia veniamo più da una tradizione di Teatro di Regia.

In più amavo anche la tradizione teatrale inglese classica e il mio sogno era crescere artisticamente in  quell’atmosfera, in quel fermento. A parte questo adoravo Londra come città, mi dava senso di libertà e mi faceva sentire a casa.

Quindi sono partita con un obiettivo chiaro. Sapevo che volevo studiare recitazione in Inghilterra e lavorare lì. Non sapevo però esattamente come riuscirci e quanto tempo ci sarebbe voluto.

E lì sei riuscita a realizzare il tuo sogno, come è successo?

Sapevo anche che Londra era una citta’ difficile, competitiva, costosa. Quindi quando sono arrivata ero abbastanza preparata psicologicamente. Per quanto si sia motivati e preparati pero’ non è facile. C’è sempre la solitudine in agguato. All’inizio non conoscevo nessuno e 10 anni fa c’erano molti meno italiani. Non si usavano i Social Media, i voli Ryanair erano pochi… insomma l’Italia e gli affetti erano molto lontani. Io poi avevo lasciato una vita piena di amicizie e soddisfacente anche artisticamente, in Italia già lavoravo, mentre in Inghilterra ho dovuto ricominciare da capo. Per recitare in un’altra lingua dovevo arrivare al livello di pensare, sognare e improvvisare in Inglese e ho dovuto studiare anni per riuscirci. Non è stato facile neanche entrare in una scuola di recitazione, ci ho messo un po’ e ho dovuto superare parecchi provini. Agli inizi mi sono sempre mantenuta facendo diversi lavori tra cui l’insegnante privata, aiutavo i ragazzini a fare i compiti. Poi, una volta diplomata lì, le possibilità si sono aperte. Ho trovato un agente e ho comiciato a lavorare e ora posso dire di riuscire a mantenermi solo con il lavoro che volevo fare, quello di attrice. Questa direi è la mia più grande soddisfazione. Sono comunque cosciente che la carriera è lunga e difficile e che c’è ancora tanto da fare!

Corriere_dello_SpettacoloAttualmente stai lavorando a “Una storia finita bene – La notte nella Shoà”. Parlami dello spettacolo e del tuo ruolo…

Al momento sono in scena a Roma con lo spettacolo ” Una Storia Finita Bene – La notte nella Shoà”, che si terrà a  al Teatro Sala Uno il 16-17-18 Gennaio 2017.

Un “Musical Drama”, genere innovativo in Italia, con musiche e canzoni originali di Fabrizio Bondi e diretto da Marco Simeoli. Una maniera nuova  di raccontare una storia che ci riguarda tutti. Seguiamo una famiglia ebraica romana durante una cena di Pesach (la Pasqua ebraica) nel 1943. Il tema dell’Olocausto viene rappresentato attraverso gli occhi di un bambino e in questo modo non è né edulcorato né svuotato del suo senso più tragico. Al contrario, non viene mai meno il senso profondo del dolore e il rispetto per chi ha vissuto un’esperienza tanto assurda quanto agghiacciante. Questo spettacolo offre, inoltre, allo spettatore la possibilità di, letteralmente, entrare all’interno della tradizione ebraica e si propone, quindi, quale viatico reale per meglio comprendere le differenze e quindisuperarle.

Io interpreterò Rachele, una giovane ragazza ebrea in ribellione con la propria famiglia. Rachele, attraverso il conflitto con suo padre e le tradizioni che questo difende, porta in scena il confronto  tra  religione e generazioni, tra fede e razionalità.

In scena con me anche Simone Douani, Valeria Monetti, Daniele Derogatis, Fulvio Calderoni e Serena Allegrucci.

Il tuo futuro lo pensi in Italia o all’estero?

Ora lavoro sia in Italia che in Inghilterra, sono rappresentata da un’agenzia cinematografica in entrambi i Paesi. Oramai chi fa un lavoro artistico non è piu’ fisso in un posto, ma va dove è richiesto. Credo che in entrambi in Paesi ci siano possibilità lavorative, almeno è quello che riscontro io. Alla fine tutto dipende da noi e da come affrontiamo quello che ci sta attorno. Credo fortemente nel fatto che possiamo influenzare positivamente l’ambiente che ci circonda. Bisogna capire che questo è un lavoro molto ambito e competitivo, quindi le occasioni è difficile averle, ma se ci si concentra sulla preparazione e sull’onestà del lavoro i risultati arrivano.

Dall’Italia negli ultimi anni sono arrivati prodotti cinematografici molto significativi all’occhio estero, basti pensare al lavoro di Sorrentino, di Garrone e di Sollima, questi sono infatti tutti registi che fanno dei lavori eccezionali che ammiro molto e con cui spero un giorno di collaborare.  Nel panorama Uk poi sono stata sempre molto colpita dal lavoro di Ken Loach, ogni suo film mi colpisce in profondità e spero un giorno di lavorarci. A teatro poi  ho seguito con passione l’ultima stagione al Globe diretta da Emma Rice, è stata straordinaria. A questo proposito, ho un occhio di interesse particolare per le donne che dirigono e che scrivono, abbiamo bisogno di piu’ storie di donne dirette da donne. In Italia sono un’ammiratrice del lavoro di Valeria Golino e di Alice Rohrwacher e in Inghilterra di Andrea Arnold.

Progetti futuri?

Per il momento mi godo quest’avventura a teatro, non vedo l’ora!

Poi ho un film in uscita, “Il ballo delle Meduse” di Aurelio Laino, in cui interpreto il ruolo di una una ragazza madre che per poter dare da vivere a sua figlia si fa coinvolgere nel traffico degli immigrati al porto di Genova.

In piu’ sono Co-Fondatrice di N.I.A.L (Native Italian Actors in London), un un network collaborativo di attori italiani residenti a Londra e stiamo preparando la nostra prima produzione teatrale. Informazioni si possono trovare sul sito nial.org.uk

Ci sono degli altri progetti in cantiere sia al cinema che in TV, ma, come qualsiasi attore capirà, finché non li ho girati è meglio non parlarne… non si sa mai…

Stefano Duranti Poccetti

Per l’intervista si ringrazia il Press Office Katya Marletta

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